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Grillo, giuria popolare e giacobinismo 2.0

Difficile accettare a cuor leggero una proposta come quella di Beppe Grillo sull’informazione. Parrebbe solo una risposta provocatoria all’idea di istituire un’authority anti-bufale: invece dell’autorità politica, si faccia una giuria popolare per giudicare quel che viene pubblicato sui media “di regime”. Rileggendo i sogni e le utopie di Gianroberto Casaleggio, il defunto Guru del Movimento 5 Stelle, si trova già tutto. Ed è un progetto totalitario.

Politica 08_01_2017
Gaia

Difficile accettare a cuor leggero una proposta come quella di Beppe Grillo sull’informazione. Parrebbe solo una risposta provocatoria all’idea di istituire un’authority anti-bufale: invece dell’autorità politica, si faccia una giuria popolare per giudicare quel che viene pubblicato sui media “di regime”. Ma non è solo una provocazione. E’ l’ennesima riproposizione dell’ideologia che è alla base del Movimento 5 Stelle, che era stata illustrata già chiaramente nel breve video Gaia the future of politics della Casaleggio Associati, mandato online otto anni fa: democrazia diretta mondiale, ogni cittadino vale uno, distruzione dei “poteri forti”, fra cui le religioni organizzate (cristianesimo incluso).

Ufficialmente, Gaia è un mini-documentario sulla comunicazione politica e sul suo possibile sviluppo nell’era della rete. In pratica è sia una “profezia” che un manifesto politico. Il messaggio è: “Prima della rete, l’informazione, la conoscenza e l’organizzazione appartenevano al potere. Con la rete, appartengono al popolo”. Quali esempi di “potere”, Gianroberto Casaleggio, il defunto guru del Movimento 5 Stelle, cita tre categorie ben precise: finanza, religioni organizzate e massoneria. Dunque si dà per scontato che i grandi media, stampa, radio e televisioni, siano in un modo o nell’altro controllati da questi tre poteri che governano il mondo.  Su come la rete Internet sia al servizio del popolo, invece, vengono portati numerosi esempi: l’associazione Move On che promuove una raccolta di firme a sostegno di Bill Clinton nel 1998, la protesta No Global di Seattle contro il Wto nel 1999, la vittoria di Chavez contro i “golpisti” del 2002, la candidatura di Howard Dean, populista di sinistra, nelle elezioni statunitensi del 2004, il V-Day di Beppe Grillo del 2007, la vittoria di Barack Obama nel 2008, il summit di San Francisco sul global warming in cui l’ex vicepresidente americano Al Gore promuove la rete come veicolo delle idee per le soluzioni migliori. C’è qualcosa in comune fra tutti questi eventi? Sì: sono tutti successi della sinistra internazionale. Che poi Obama sia stato tutt’altro che estraneo ai “poteri forti” e Chavez non sia stato affatto un leader democratico, è uno spiacevole effetto collaterale che a Gianroberto Casaleggio importava meno, quando esprimeva questi concetti. Dal 1917 in poi, come si è visto tante volte nel corso del secolo appena passato, alla sinistra interessa la democrazia e l’autogoverno solo nella fase che precede la presa del potere.

La visione di Casaleggio è, comunque, soprattutto una “profezia”: prevede uno scontro ineluttabile fra il mondo che garantisce la libertà della rete e quello che la reprime, una guerra ventennale, la riduzione della popolazione mondiale ad appena un miliardo di uomini, infine l’affermazione del nuovo ordine: un unico Stato mondiale ("Gaia", nome pagano dato alla Terra) in cui "uno vale uno". Grazie a Internet. Che permette, non solo di comunicare, ma a questo punto anche di governare tramite democrazia diretta. Di qui la sua utopia, di cui abbiamo già avuto modo di parlare, che per la stragrande maggioranza della gente sarebbe un incubo: un mondo dove apparentemente tutti governano, ma in realtà tutti decidono sulla sorte degli altri, si spiano a vicenda e si trasformano in delatori. Inquadrata in questa profezia e, in generale, in questa visione del mondo, la proposta di Grillo sulla giuria popolare acquisisce un significato che va al di là della mera risposta provocatoria.

Ad essere in gioco, in questo caso, non è solo la libertà di espressione. Internet è, almeno finora, uno strumento che ha garantito accesso gratuito o a basso costo a tutti, libertà di parola a chiunque, anche a gruppi le cui idee erano poco o per nulla rappresentati dai media tradizionali. Questo stesso sito che state leggendo, esiste grazie a Internet. Da questo punto di vista, Internet ha garantito a tutti una maggiore libertà rispetto agli altri mezzi di comunicazione. Ma a Grillo e Casaleggio pare interessare più la democrazia che la libertà. I due concetti, spesso appaiati, non sono la stessa cosa. 

L’idea di giuria popolare è esattamente quella di un processo del popolo contro i tre "poteri forti": Finanza, Chiesa e Massoneria. Diciamo “Chiesa”, non semplicemente “religioni”, perché nello stesso documentario Gaia, il termine “religione” o “potere religioso” è sempre rappresentato con la croce. Se i media sono al servizio dei poteri forti e il Web è al servizio del popolo, in questo schema, basta dare tutto il potere al Web, per avere la volontà popolare. Ricorda qualcosa? Sì: la filosofia di Jean Jacques Rousseau, che non a caso, dà il nome alla piattaforma elettronica su cui votano i militanti del M5S. Rousseau predicava la democrazia pura, intesa come espressione della volontà del popolo. La sua filosofia, coerentemente applicata dai Giacobini, ha portato però al Grande Terrore e al genocidio in Vandea. Perché? Perché per avere una democrazia diretta in cui “uno vale uno”, si devono prima eliminare tutti i gruppi e i poteri organizzati: la Chiesa e i cattolici, gli ebrei e le loro comunità, i feudi e i proprietari terrieri, le autonomie locali tradizionali, gli ordini e le corporazioni volontarie, le consorterie e le associazioni. Queste sono tutte le categorie che vennero perseguitate durante il breve governo giacobino in Francia. La democrazia divorò la libertà. Poi la democrazia divorò se stessa: solo i democratici più “puri”, epurando tutti gli altri, erano ritenuti degni di governare.

Riportando in auge il giacobinismo nel XXI Secolo, Casaleggio e Grillo rischiano di farci subire lo stesso tipo di involuzione: prima si divora la libertà (dei media, in questo caso), poi la democrazia stessa. A giudicare dalle continue epurazioni, dai processi sul Web, dalle polemiche contro giornalisti che stanno facendo il loro mestiere di informatori, pare che questo processo involutivo sia già iniziato, da subito, senza nemmeno bisogno di arrivare al governo.