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IL LIBRO

Gli eroi della resistenza antisovietica nei Paesi dell'Est

Un libro delle edizioni Settimo Sigillo racconta la resistenza antisovietica nei Paesi dell'Est. 

Cultura 28_05_2019

Il 22 maggio 1945 il generale tedesco Reinhard Gehlen (1926-1979) si consegnò ai vincitori americani. Era stato responsabile delle Armate Straniere Est, cioè di quei volontari baltici, ucraini e russi che avevano collaborato con i tedeschi in funzione antisovietica sia in gruppi autonomi, sia entrando a far parte della Wehrmacht o addirittura delle SS combattenti. Gehlen portava in dote ben 52 casse di documenti riguardanti le formazioni ucraine, lituane, lettoni ed estoni che ancora resistevano al regime sovietico (e che in alcune zone avrebbero continuato a farlo fino al 1956).

Il 6 marzo 1946 Winston Churchill pronunciò il famoso discorso sulla «cortina di ferro» e da allora sia Londra che gli Usa (ma gli americani ci misero un po’ per capire che avevano un nuovo nemico, dal momento che la loro opinione pubblica era piuttosto indifferente a quel che succedeva dall’altra parte dell’oceano) si attivarono. Il generale Gehlen, portato subito a Washington, fu creato responsabile della sezione affari sovietici dell’Oss, il servizio segreto americano poi diventato Cia. Il 12 luglio 1946 fu rimandato in Europa, a creare una struttura di intelligence alle dirette dipendenze degli Usa, l’«Organizzazione Gehlen». Questa struttura nel 1956 passò sotto il governo della Germania Ovest, contribuendo poi alla nascita dei servizi d’informazione federali (Bnd).

Gehlen, ri-promosso generale, ne fu al comando. Americani e inglesi paracadutarono nelle zone di influenza sovietica, a favore dei partigiani, armi e rifornimenti, anche uomini talvolta. Ma sempre servendosi di personale polacco o cecoslovacco, piloti che avevano affiancato la Raf durante la guerra contro la Germania. Oggettivamente, non si poteva fare di più per non causare una grave crisi diplomatica. Era la «guerra fredda», mai dichiarata e combattuta per interposta persona con mezzi non convenzionali. Per esempio, l’abbattimento di un aereo C47 sorvolante l’Ucraina nel 1952 provocò una furiosa protesta all’Onu da parte di Andreij Vysinskij, succeduto come ministro degli esteri al silurato Molotov, e il conseguente imbarazzo occidentale.

Purtroppo i sovietici sapevano già tutto grazie a spie infiltrate nei servizi inglesi e americani. Un nome per tutti: Kim Philby. Ma è tutta questa storia ad essere poco conosciuta, quella della resistenza armata contro l’occupante sovietico o i regimi comunisti nei Paesi satelliti. In certe zone operavano addirittura interi reparti con tanto di uniformi e gerarchia militare. Nei Paesi baltici è nota come «guerra nei boschi», perché fu proprio tra gli alberi che si combatté in gran parte. La popolazione era con i partigiani, e subiva perciò terribili rappresaglie (con interi villaggi rasi al suolo o deportati in Siberia). Per risparmiarle alle popolazioni, nei Paesi baltici i partigiani ricorsero al trucco di scambiarsi gli obiettivi. Cioè, partigiani lettoni, per esempio, conducevano azioni in territorio lituano.

E viceversa. Così, se presi, non avevano apparentemente nulla a che fare con i civili locali. E’ un editore minore, Edizioni Settimo Sigillo, e uno storico non accademico, Alberto Rosselli, a raccontare questa straordinaria epopea ne La resistenza antisovietica e anticomunista in Europa orientale. 1944-1956  (pp. 160, €. 16). Il libro è corredato da foto d’epoca, alcune curiose (le lunghe chiome dei partigiani lituani), alcune agghiaccianti. E’ uscito qualche anno fa e ne ho saputo da poco, ma vale la pena leggerlo. Solo dopo l’implosione dell’impero sovietico questo pezzo di storia è venuto alla luce. E c’è ancora tanto da scavare.