Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giuseppe Lavoratore a cura di Ermes Dovico

IL CASO

Francia, pedofilia un pretesto per colpire un cardinale

L'arcivescovo di Lione Philippe Barbarin è nel mirino dei media per una storia del 1991 di cui non ha alcuna responsabilità. Sconcertante attacco del premier Valls: guarda caso era ministro degli Interni ai tempi della legge sui matrimoni gay e delle manifestazioni di piazza contrarie cui Barbarin ha dato grande sostegno.

Libertà religiosa 17_03_2016
Il cardinale Barbarin

È arrivato nelle sale Spotlight e in Francia puntuale è riesplosa la questione dei preti pedofili. Con nel mirino uno degli uomini più in vista della Chiesa d'Oltralpe, l'arcivescovo di Lione Philippe Barbarin. Peccato però che la vicenda in questione sia emblematica delle procedure da gogna mediatica più che di rigorose inchieste giornalistiche. E nelle ultime ore abbia avuto un corollario quanto meno discutibile, con il premier francese Manuel Valls sceso in campo con un'intervista all'emittente radiofonica Rmc nella quale ha chiesto al porporato di «assumersi le sue responsabilità» (frase elegante che chiunque interpreta come una richiesta di dimissioni).

Ma quali sono le responsabilità di Barbarin? Tutto è partito dalle denunce di un gruppo di ex scout nei confronti di un sacerdote, padre Bernard Preynat, che ha ammesso di essersi reso responsabile di abusi contro alcuni minori tra gli anni Settanta e il 1991. A quel tempo l'allora arcivescovo di Lione Albert Decourtray - chiamato in causa già allora da una delle famiglie delle vittime - l'aveva inviato in un convento per un periodo di ritiro e poi riammesso al ministero in un'altra parrocchia. Va detto che allora le accuse erano più circoscritte rispetto al quadro emerso oggi dopo una denuncia presentata all'autorità giudiziaria; e che quella era la prassi seguita all'epoca in molte diocesi.

Sta di fatto che dopo Decourtray a Lione sono passati altri tre arcivescovi e nel mirino ora è finito Barbarin, in carica solo dal 2002. L'attuale arcivescovo - non essendo tuttora noto alcun fatto attributo a padre Preynat successivo al 1991 - ha confermato la decisione dei suoi predecessori, ritenendo che il sacerdote avesse chiuso con quel passato scabroso.

Nei giorni scorsi, poi, è spuntata fuori una seconda denuncia; ne ha parlato Le Figaro attribuendola a un funzionario quarantenne del ministero degli Interni che sostiene di essere stato molestato da un altro sacerdote lionese, padre Jérôme Billioud, sempre all'inizio degli anni Novanta. Nel 2009 questa seconda vittima aveva già presentato denuncia all'autorità giudiziaria che aveva però ritenuto di archiviare il caso per prescrizione. Ora però il funzionario ha comunque depositato un esposto contro Barbarin per non avere sospeso dal ministero il prete in questione. E lo accusa addirittura di «istigazione al suicidio».

Da Lourdes - dove è in corso l'Assemblea della Conferenza episcopale francese - l'arcivescovo di Lione si è difeso: «Mai, mai e poi mai ho coperto un qualsiasi atto di pedofilia», ha detto. E a suo sostegno sono intervenuti sia il presidente dei vescovi francesi Georges Pontier sia il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Solo che Barbarin continua a ripetere anche un'altra cosa che, quanti stanno raccontando la vicenda, si dimenticano spesso di riferire: «Sono venuto due volte a conoscenza di fatti di questo tipo da persone che sono venute da me a denunciarli - ha detto Barbarin -. È successo nel 2006 e nel 2014. La polizia stessa in quelle occasioni mi ha detto: “Non si può dire che non abbia agito immediatamente”. La domenica successiva non celebravano Messa in parrocchia e sono tuttora sospesi dal ministero». Dunque: nella furia giustizialista di oggi se anche un vescovo denuncia all'autorità giudiziaria i suoi preti accusati di pedofilia e li sospende dal ministero sacerdotale non basta più; deve assumersi la responsabilità anche per le scelte dei suoi predecessori e prendere provvedimenti per preti oggi ultrasettantenni. 

Sulla vicenda ieri c'è stata la presa di posizione emblematica di Jean-Pierre Denis, direttore del settimanale cattolico francese La Vie, foglio non certo reazionario e per nulla timido su questi temi: già nel 2001 realizzò un'inchiesta sulla pedofilia nei conventi che suscitò parecchio scandalo in Francia. Pur sostenendo che nella lotta agli abusi la Chiesa avrebbe potuto fare di più, Denis stesso parla di «una caccia violenta nei confronti di Barbarin», con i media pronti «a nutrirsi di esagerazioni e approssimazioni».

Ma c'è soprattutto un punto che La Vie ricorda: «Manuel Valls era ministro degli interni all'epoca del Marriage por tout. Oggi chiede le sue dimissioni. Sembra un atteggiamento più gallicano che laico. Il fatto poi che un alto funzionario dello stesso ministero sia coinvolto in questa battaglia aggiunge ulteriori domande».

Il riferimento alla Manif por tous non è casuale: il cardinale Barbarin è stato il presule francese che più si esposto nelle manifestazioni di piazza contro la legge Taubira, sui matrimoni e le adozioni gay. Ai cortei partecipava insieme all'imam della regione di Rhone Alpes. Lo stesso movimento che si scontrò duramente con l'allora ministro degli Interni Manuel Valls quando nella primavera del 2013 i cortei vennero caricati coi lacrimogeni sui Campi Elisi. Ma Barbarin è un personaggio difficilmente catalogabile: è lo stesso cardinale che più volte si è schierato in favore dei rom a Lione. Altra questione non proprio facilmente digeribile per un ex ministro degli Interni. «Non vogliamo certo parlare di resa dei conti con il cristianesimo...», scrive Jean-Pierre Denis. Che assomiglia molto all'andreottiamo: «A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca».