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RIVOLI (TO)

Film omo al cinema salesiano Ma se critichi, dividi la Chiesa

A Rivoli il cinema dei Salesiani proietta il film di Guadagnino Chiamami col tuo nome. Pellicola moralemente inaccettabile per ogni cattolico perché racconta in maniera anche sconcia di rapporti pederasti, ma che i gestori invece giustificano senza però motivare alcunché. E se si prova a criticare la decisione, ecco che si viene accusati di "dividere" e "di voler giudicare". Un'arroganza che farebbe impallidire don Bosco e mostra a che punto si sta riuscendo a normalizzare l'omoeresia. 

Famiglia 24_09_2018

La Chiesa che dialoga con il mondo rimane impigliata nelle maglie del conformismo fino a venire stritolata dalle immoralità. A Rivoli (TO), dove sorge un Cinema Teatro don Bosco ad esempio, il prossimo 13 novembre verrà proiettato il film di Luca Guadagnino Chiamami col tuo nome. Si tratta della pellicola che narra la storia di sesso tra un adolescente di 15 anni e un adulto. I lettori possono farsi un’idea sulla moralità del prodotto guardando la scheda che il news catholic service ha prodotto per orientare il giudizio dei cattolici che intendono informarsi sui film in sala. E il giudizio del sito specializzato è inappellabile: moralmente offensivo e vietato ai minori di 17 anni, al limite della maggiore età.

Il film parla di pederastia, ma per molti cattolici questa parola è ormai sdoganata. Così come è sdoganato il fatto che se qualcosa è moralmente offensivo, il limitarsi a guardarlo basti a esorcizzarne la tesi. Però fa specie che un cinema cattolico dedicato a don Bosco lo proietti. Soprattutto se si pensa che i cinema cattolici non nascono per fare concorrenza ai grandi multisala, ma per offrire una programmazione edificante per le anime e per i giovani. E questo vale ancora di più se di mezzo c’è un santo come don Bosco.

Ma a Rivoli invece è tutto assolutamente normale. A cominciare dal fatto che il film viene annunciato in programmazione senza mettere alcuna nota che metta in guardia. Anzi. L’unica recensione offerta è assolutamente positiva. Col proseguire col fatto che non si capisce bene quale sia la motivazione per la quale i salesiani di Rivoli hanno deciso di consigliarlo al loro pubblico che immaginiamo per la gran parte composto da cattolici.

E’ quello che la Nuova BQ ha cercato di scoprire telefonando ai responsabili della sala, che però hanno immediatamente messo le mani avanti. La decisione di proiettare il film? “Non ve lo diciamo, perché così ci state infangando”; La pederastia è un peccato? “Non si può decidere a priori che cosa è peccato”; Don Bosco sarebbe contento? “Chiedetelo a lui”… fino a concludere, quando le ragioni per giustificare una scelta non si trovano, col buttarla con la frase passepartout: “Il Papa ha detto chi sono io per giudicare?”. E con questo lasciapassare che si vorrebbe apodittico, giustificare anche le scelte più discutibili moralmente, oltre che cinematograficamente.

Invece la Chiesa giudica, eccome. Anche le scelte che si pongono come educative, e non si riferisce solo ai giovani, perché l’educazione è una componente necessaria all’uomo. Per questo è sconfortante il colloquio che abbiamo avuto con il responsabile della sala, omettiamo il nome perché non è nostra intenzione fare una battaglia personale, ci interessa di più mostrare a che punto di confusione si arriva quando si cerca di nascondere il peccato secondo criteri che sono falsamente cattolici arrivando, spesso senza volerlo, a giustificarlo.

Non ce ne vogliano i figli di don Bosco, ma noi di cattolico nella decisione di proiettare quel film non ce ne vediamo molto. Così come non capiamo quali siano i nobili intenti che hanno motivato la decisione. “Ce ne sono diversi – ci ha spiegato – ma non intendiamo dirveli perché la vostra posizione è comunque di attacco”. Stupisce poi un metodo di approccio che si spaccia come cattolico, ma che è invece decisamente arrogante.

Alle nostre critiche circa la decisione (sì critiche, perché a volte le critiche non sono attentati di lesa maestà, ma necessari momenti di scontro alla ricerca della Verità) del cinema, il giudizio è stato lapidario: “Invece di dividere la Chiesa dovreste aiutarci a veicolare il messaggio cristiano”. Che, in soldoni significa: dato che noi riteniamo la vostra scelta sbagliata, ricordiamo che stiamo contestando la decisione di proiettare un film che promuove la pederastia e di questi tempi, anche nella Chiesa non c’è molto da scherzare, allora siamo noi che provochiamo divisione.

Come se la divisione sia generata dalla critica e non dall’adozione di un messaggio, quello di un film assolutamente immorale, che si pretende venga accettato senza discutere. No, cari amici salesiani del cinema di Rivoli: la divisione non la crea chi ricorda che per un cattolico ci devono essere paletti e criteri, ma la favorisce proprio chi pretende di normalizzare un messaggio, quello della storia di sesso tra un 24enne aitante e un 15enne, con tanto di masturbazioni e altre oscenità, facendola passare per un qualche cosa di cui un cattolico deve essere edotto.

Normalizzando di questo passo, e molti salesiani sembrano abituati, si finirà per definire “amore” anche l’atto sessuale più immondo. L’importante è però essere in regola con le carte: “La Commissione Nazionale Valutazione Film (organismo della Cei ndr) ha detto che il film si può vedere”. Appunto. Invece di mettere in discussione le finalità e gli approdi di un ente sul quale già in passato sono emerse problematiche di valutazione su diverse pellicole, ci si fa scudo come se si trattasse di un dispaccio ministeriale. Chissà che cosa direbbe don Bosco. Peccato che nessuno glielo abbia voluto chiedere.