Eutanasia d'obbligo, ecco il futuro che ci preparano
«Ciò che ci differenzia dalla Francia è che oltralpe si muore per decisione diretta dei medici. E' quello che ci attende con l'intimazione della Corte Costituzionale per una norma che stabilisca che il medico possa uccidere direttamente». La Nuova BQ intervista il giudice Rocchi, autore di Licenza di uccidere. La legalizzazione dell'eutanasia in Italia (ESD). Che fare? «L'unica strada è modificare la Costituzione e spazzare via le cattive sentenze».
C’è una tematica in bioetica che probabilmente in futuro non troppo remoto ci riguarderà tutti da vicino, volenti o nolenti. Si tratta dell’eutanasia. Se aborto, fecondazione artificiale e contraccezione potrebbero anche non interessarci direttamente perché le rifiutiamo in radice, ecco che per l’eutanasia le cose potrebbero andare diversamente e un domani molti di noi, anche obtorto collo, potrebbero finire anzitempo sottoterra con il beneplacito della legge.
Questo scenario appare plausibile se poniamo mente ad alcuni casi di cronaca, quali quelli che hanno interessato Eluana Englaro e i piccoli Charlie Gard ed Alfie Evans, e se andiamo ad analizzare il contenuto della legge sulle Dat n. 219 del 2017 e dei differenti disegni di legge, attualmente al vaglio del Parlamento, che vogliono rendere ancor più facile la diffusione delle pratiche eutanasiche nel nostro Paese. E cronaca e diritto sono i due ambiti indagati dal magistrato della Corte di Cassazione Giacomo Rocchi nel suo ultimo libro Licenza di uccidere. La legalizzazione dell’eutanasia in Italia. Un agile libretto, perfetto per comprendere cosa sia successo in Italia in merito alle tematiche di fine vita e soprattutto per capire dove stiamo andando: un validissimo sussidio per formarsi e per essere in grado di argomentare con amici, parenti e colleghi su tematiche complesse. Rocchi, come al suo solito, con competenza e profondità, unite a grandi capacità divulgative, disegna con chiarezza uno scenario inquietante che chiama ciascuno di noi a scendere in campo e non a rimanere passivi. La Nuova BQ l'ha intervistato.
Dottor Rocchi partiamo dall'attualità. Che cosa ne pensa della vicenda Lambert?
Una prima riflessione: non parlateci più di autodeterminazione del paziente! Ricordate la motivazione della sentenza della Cassazione che dette il via libera all'uccisione di Eluana Englaro? Affermava che il padre-tutore avrebbe dovuto "essere la voce dell'interdetta", decidere con lei, cosicché quella morte è stata presentata come attuazione della volontà di morire della disabile. I giudici si nascosero dietro una costruzione artificiosa per non vedere (e non far vedere) la sostanza della decisione: la morte di Eluana Englaro venne decisa dal padre che riteneva la figlia "morta fin dal giorno dell'incidente". Ecco, nel caso di Vincent Lambert ogni paravento è caduto: la sua condizione di disabile psichico con scarse (o nulle) possibilità di miglioramento hanno portato direttamente a giudicarlo indegno di continuare a vivere e a valutare come un'ostinazione irragionevole perfino continuare a nutrirlo e idratarlo.
Seconda riflessione, collegata alla prima: la truffa delle Disposizioni anticipate di trattamento. Qualcuno, in Francia, ha la sfrontatezza di dire che, se Vincent Lambert avesse redatto una DAT, il problema sarebbe stato risolto. In realtà, è chiaro che le DAT permettono, al momento giusto, di uccidere il paziente o il disabile senza problemi, ma se non ci sono, essi vengono uccisi ugualmente…
Ancora: dal trionfo dell'autodeterminazione alla morte di Stato. Si parte dal diritto dell'interessato a rifiutare le terapie salvavita, si passa per quello dei suoi rappresentanti legali (tutore, genitore di minori) a rifiutarle per suo conto, fino a giungere molto rapidamente alla decisione dei rappresentanti dello Stato – ovviamente un Collegio che attua una precisa procedura – insindacabile, autorevole, obbligatoria. Lo abbiamo già visto, del resto, per Alfie Evans: l'opposizione dei genitori non è servita a nulla, perché lo Stato aveva deciso che quel bambino doveva morire.
Infine (ma ci sarebbero tante altre cose da dire): i medici e i giudici, chi sono ormai? Davvero un medico, rispetto ad una persona nella condizione di Lambert, è in grado soltanto di "alzare le mani" e dire: "non c'è più niente da fare, uccidiamolo!"? e davvero dei Giudici si accontentano di verificare che la procedura è stata seguita e che tutto è a posto, rifiutandosi di vedere la sorte cui stanno condannando quel disabile?
Mi sbaglierò, ma temo che – così come è avvenuto per Eluana Englaro, Charlie Gard e Alfie Evans (e in passato per Terri Schiavo) – Vincent Lambert debba morire nel modo che è stato ordinato: i fautori dell'eutanasia vogliono mostrare ai cittadini di tutti i Paesi cosa si deve fare e cosa si deve pensare.
In Italia siamo messi meglio o peggio?
Se parliamo della legge e della giurisprudenza, secondo me siamo un passo indietro rispetto alla Francia e alla Gran Bretagna, ma medici, giudici e politici sono pronti a fare questo passo e superare di slancio tutti gli altri Paesi. Mi spiego: la legge 219 del 2017, quella sul "consenso informato e le Disposizioni anticipate di trattamento", è per buona parte coincidente con la legge francese: prevede la possibilità di rifiutare ogni trattamento anche salvavita, equipara le forme di sostegno vitale a tali trattamenti, vieta l'ostinazione "irragionevole" delle cure, legittima la "sedazione palliativa profonda" del paziente, attribuisce direttamente a tutori e genitori di minori il potere di esprimere il rifiuto per conto degli incapaci e disegna le DAT come assolutamente vincolanti per i medici, disinteressandosi del tutto della effettiva informazione di chi le redige.
In cosa siamo "indietro" nella corsa per la legalizzazione piena dell'eutanasia? Nella pretesa che, alla base dell'uccisione del paziente, ci sia sempre una decisione personale: del paziente stesso (nell'attualità o con le DAT) o dei legali rappresentanti degli incapaci; quindi non è prevista una decisione diretta dei medici sulla natura di "ostinazione irragionevole" delle terapie e dei sostegni vitali e, di conseguenza, sulla necessità di far morire il paziente (come sta avvenendo per Lambert in Francia). Il rischio, ovviamente, è che queste decisioni vengano ugualmente prese, anche influenzando coloro che devono esprimere il rifiuto; ma, soprattutto, è molto pericolosa la norma della legge 219 secondo cui "il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali; a fronte di tali richieste il medico non ha obblighi professionali": sarà utilizzata per impedire coattivamente la prosecuzione delle terapie e dei sostegni vitali?
In cosa siamo "avanti"? Beh, basta dire che la Corte Costituzionale ha intimato al Parlamento di redigere, entro il mese di settembre, una norma che stabilisca, per certi casi, che il medico uccida direttamente il paziente con un farmaco letale … Tutto più rapido e pulito, si potrebbe osservare.
Nella recente legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento non è prevista l'obiezione di coscienza per i medici. Giuridicamente come potranno difendersi?
In realtà non è prevista neppure per gli infermieri che, spesso, sono coinvolti in pratiche eutanasiche. La scelta di non riconoscere l'obiezione di coscienza ai sanitari nega un diritto fondamentale dell'uomo; non a caso, la Corte Costituzionale, nell'ordinanza a cui ho accennato, in un passaggio indica al legislatore l'opportunità di regolamentarla, per non far sì che il medico sia obbligato ad iniettare una sostanza letale al paziente.
In generale, occorre distinguere tra le condotte attive e quelle omissive: non vi è obiezione di coscienza rispetto ad un obbligo di non fare (ad esempio: non erogare terapie salvavita, non procedere a trasfusioni di sangue necessarie), ma il medico dovrebbe poter chiedere di essere esonerato dalla cura di quel paziente, se ritiene che il rifiuto gli impedisca di operare in scienza e coscienza; la legge 219, però, prevede chiaramente anche degli obblighi di fare, soprattutto nel caso di revoca del consenso al trattamento salvavita o al sostegno vitale: il medico (o l'infermiere) dovrebbe spegnere macchinari, staccare apparecchi ecc.; ancora: in caso di rifiuto di terapie salvavita è prevista la sedazione palliativa profonda (cioè: eutanasica).
Ecco: in questi casi (e in quello ipotizzato dalla Corte Costituzionale dell'uccisione diretta del paziente) temo che i medici siano chiamati ad una obiezione di coscienza "eroica", se, nel caso concreto, non troveranno un accordo con i dirigenti al fine di non essere costretti ad occuparsi di quel paziente che viene ucciso.
Come arrestare questa deriva giuridica che ci ha portato a legittimare l'eutanasia?
Mario Palmaro scriveva: "Il Diritto è «giusto» quando si smarca da qualunque tentazione ideologica e prende in considerazione la realtà come veramente è", ma, "ovviamente, il Diritto può scegliere di rifiutare la realtà e di truccare le carte, usando la norma come paravento dietro al quale nascondere la verità".
Ecco, in questi decenni leggi e giudici continuano a "truccare le carte": fingendo che un disabile sia "malato", che la decisione di una terza persona sia presa insieme a colui che, invece, non è in grado di adottarla, che aiutare a respirare o dare da mangiare e bere costituiscano terapie, che far morire di fame o di sete o per mancanza d'aria una persona sia permettere alla malattia di fare il suo corso; e, ancora, che colui che redige una DAT in piena salute e ignorando ciò che accadrà nei decenni a venire sia pienamente "informato" e, quindi, possa vincolare i medici; oppure, che l'anziano lasciato solo nella casa di riposo e ignorato dai parenti sia veramente "libero" di rifiutare le terapie o di sottoscrivere un testamento biologico.
Tutti artifici che nascondono la dura realtà: l'eutanasia obbligatoria e implacabile di alcune "categorie" di persone che la cultura dello scarto ritiene inutili e costose. Ci vogliono politici consapevoli e coraggiosi e giudici che guardino onestamente la realtà; per questo, secondo me, ha un grande valore la condotta dei genitori di Alfie e di Vincent di far vedere i condannati a morire: la realtà è questa, guardatela!
Naturalmente, i politici e i giudici cambieranno modo di agire se il popolo e la cultura sapranno far sentire l'importanza della difesa della vita di ogni uomo, dal concepimento alla sua fine naturale. Sotto il profilo strettamente tecnico – giuridico, credo che occorra puntare in alto: modificare le Costituzioni, le leggi fondamentali dei vari Paesi, per spazzare via quanto di cattivo è stato fatto in questi decenni, ma anche per contrapporsi con forza su questi temi agli organismi sovranazionali che, di fatto, molto spesso sollecitano o facilitano decisioni favorevoli all'eutanasia.