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IL ROSSO E IL VERDE

Erdogan in Venezuela: islam in cambio di aiuti economici

Il presidente turco Erdoğan, dopo l'Argentina in cui era andato per il G20, fa tappa anche in Venezuela. Il governo Maduro, messo alle strette da forte emigrazione, rivolte interne e collasso economico, cercava ossigeno. La Turchia glielo dà, in cambio di condizioni esclusive per le sue imprese e un centro islamico a Caracas. 

Esteri 07_12_2018
Erdogan e Maduro

Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan, ha approfittato del viaggio in Argentina per il G20 e ha aggiunto all’agenda due viaggi strategici prima del rientro. Il più rilevante è sicuramente stato quello appena concluso in Venezuela. 

Maduro, il sempre più imprevedibile presidente venezuelano che ha scatenato un esodo dal suo Paese con le catastrofiche politiche economiche, ha salutato l’arrivo di Erdoğan a Caracas gonfio d’orgoglio e pieno di speranze. Quella del presidente turco è sicuramente una visita storica, in quanto ha rappresentato una prima volta, ma si è trasformata presto in un trionfo, a cominciare dagli onori con cui è stato accolto dal governo chavista in disperato bisogno di un sostegno politico internazionale, e soprattutto di aiuti economici.

È così che la Turchia ha fatto presto a diventare l’asso nella manica per il governo venezuelano. Sebbene, infatti, Maduro si sia messo alle spalle gli scontri che hanno segnato tutta la prima metà del 2017, s’è trovato anche a governare un paese non solo economicamente in rovina - il Venezuela ha un’inflazione che, è previsto per la fine del 2018, supererà il 1.000.000% -, ma anche politicamente isolato. E allora ben vengano nuovi alleati, come Erdoğan per esempio. All’inizio degli anni 2000 Hugo Chávez scambiava barili di petrolio con Fidel Castro per lo zucchero, oggi il suo successore baratta giacimenti di oro venezuelano per medicine e beni di prima necessità con l’omologo turco.

“Decidiamo di preservare lo slancio che abbiamo raggiunto negli ultimi due anni e di migliorare ulteriormente le nostre relazioni”, ha detto Erdoğan nel corso della conferenza stampa. “A volte mi chiamano il sultano. Condividiamo un terreno comune”, ha replicato un Maduro ammiccante. I due leader condividono un legame speciale perché si sentono entrambi dei sopravvissuti a complotti e piani di assassinio, ed entrambi sono alla ricerca di nuovi alleati mentre altre collaborazioni di lunga data avvizziscono.

Quando il leader turco è sceso dall’aereo è stato accolto da soldati che intonavano l’inno nazionale turco, bambini intenti a sventolare bandiere rosse e bianche, mentre Maduro gli consegnava una replica della spada usata dall'eroe venezuelano per l'indipendenza, Simon Bolivar, e lo anche insigniva anche della medaglia chiamata "El Libertador", la più alta decorazione venezuelana. “Copriremo la maggior parte delle necessità immediate del Venezuela, ne abbiamo la forza, ne abbiamo l’opportunità”, lo ha ringraziato il sultano turco in visita a Caracas solo due mesi dopo il viaggio di Maduro a Istanbul, che ci ha tenuto a difendere l'alleanza emergente con un Paese che è stato evitato dagli Stati Uniti per abuso e corruzione.

La Turchia, le cui relazioni con gli Stati Uniti e l'Unione europea si sono logorate, è diventata uno dei più importanti sostenitori del Venezuela. È così che tonnellate di oro venezuelano saranno spedite in Turchia per raffinazione e lavorazione, ma i funzionari statunitensi temono che parte dell'oro potrebbe essere destinato all'Iran in violazione delle sanzioni alla Repubblica Islamica. E Maduro ha fatto presto a replicare piccato agli Stati Uniti che “non dovrebbero intromettersi negli scambi del suo Paese con la Turchia”.

A Caracas, Erdoğan e Maduro hanno supervisionato anche le firme di una serie di accordi di cooperazione nel settore minerario, per l'esplorazione petrolifera, in materia di difesa e trasporto marittimo. Già lo scorso luglio, in occasione della visita di Maduro in Turchia, Erdoğan aveva sottoscritto l’invio di 300 container di cibo e medicine per “aiutare il popolo venezuelano”, aggiungendo che avrebbe anche aiutato Maduro ad evadere le sanzioni imposte dagli Stati Uniti. La visita delle scorse ore ha in qualche modo irrobustisto i rapporti e prodotto investimenti turchi per circa 5,1 milioni di dollari, secondo quanto dichiarato direttamente dal presidente venezuelano. Lo scambio commerciale tra Turchia e Venezuela nel 2017 è stato di circa 800 milioni di dollari, secondo il sultano, però, gli scambi bilaterali tra i due paesi sono aumentati di oltre sei volte rispetto all'anno precedente, superando il miliardo di dollari nei tre trimestri del 2018.

Se Erdoğan sta ridando fiato al regime venezuelano, in una certa misura  Maduro ha ricambiato lo sforzo decidento di aprire alle imprese turche, in esclusiva. L’accordo prevede che al Venezuela vada il 55% dei profitti, il resto è per le imprese sotto la mezzaluna coinvolte. Sul petrolio, invece, lo scorso ottobre i due Paesi hanno siglato un accordo nel quale il Venezuela s’impegna ad inviare greggio in Turchia per soddisfare la domanda interna turca e fornire combustibile alla Turkish Airlines e un accordo fiscale per evitare la doppia tassazione.

La prima fase di innamoramento tra i due leader è iniziata circa un anno fa quando Erdoğan invitò Maduro a un incontro anti-israeliano in Turchia, tenuto dall'Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC) in risposta alla decisione del presidente Donald Trump di trasferire l'ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Durante quell'incontro, Maduro descrisse la decisione di Trump come una “dichiarazione di guerra contro il popolo arabo, il popolo musulmano e la brava gente del mondo”. Ma non è tutto. Quando lo scorso ottobre Maduro ha visitato la Turchia come tappa del ‘Bolivarian Peace Tour’ – durante il quale ha cercato contatti finanziari per alleggerire l’enorme debito del Venezuela  – promise al sultano turco la costruzione del “Centro culturale turco di Yunus Emre di Caracas”, utile a diffondere l'islam nel paese. Si tratterà del primo centro culturale turco in America Latina, e due giorni fa Erdoğan ha annunciato, proprio nella capitale venezuelana, “su richiesta delle autorità venezuelane, abbiamo iniziato il nostro lavoro per costruire il centro a Caracas. Stiamo cercando un'area adatta”.

Il debutto del Centro culturale turco di Yunus Emre di Caracas sarà il primo progetto del governo islamista del presidente Recep Tayyip Erdoğan nella regione, dopo che il governo comunista di Cuba ha respinto la sua proposta per la costruzione di una moschea sull'isola. Un progetto che, peraltro, nasce anche sulla scia di una vecchia convinzione del sultano, secondo cui gli esploratori musulmani abbiano raggiunto l'America ben prima di Cristoforo Colombo e quindi sarebbe cosa buona e giusta diffondere un po’ del mondo islamico in un'America Latina fortemente cristiana. E Maduro sta anche cercando di istituire cattedre sulla Turchia nelle università pubbliche venezuelane, attraverso un programma guidato da Adán Chávez, fratello del defunto dittatore Hugo Chávez. Il quale ben prima di morire aveva già iniziato a tessere una buona rete di legami con il radicalismo islamico iraniano. La mezzaluna non più fertile continua a stendere la sua ala a Occidente, steso alla sua ombra.