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LEGA NIGERIA

El senatùr Iwobi e il razzismo immaginario

Per la prima volta nella storia d’Italia una persona di colore viene eletta in Parlamento, ed è leghista. Smacco per tutti coloro che, a sinistra, hanno impostato la campagna elettorale sul presunto "razzismo" della Lega. Toni Iwobi, nigeriano, in Italia dal 1977, è un esempio di sogno americano. Anzi, meglio: padano.

Politica 08_03_2018
Iwobi

Certo che c’è da scompisciarsi. Per la prima volta nella storia d’Italia una persona di colore viene eletta in Parlamento, ed è leghista. E’ vero, c’è stata la congolese Cécile Kyenge, ma nessuno l’aveva votata, era ministro di un governo tecnico, il governo Letta che, pur’esso, nessuno aveva votato.

L’avvento del senatore nigeriano Toni Iwobi è la ciliegina sulla torta –meglio, lo sberleffo - dopo una campagna elettorale punteggiata di scontri tra la polizia e gli «antirazzisti» dei cosiddetti centri sociali, i quali, all’ombra delle bandiere rosse, cercavano di impedire i comizi della Lega e di Fratelli d’Italia. Ma era, è, la Lega, soprattutto, quella talmente accusata di razzismo da finire identificata nell’immaginario col Ku Klux Klan. Esageriamo? Allora sentite qua: Stefano Zurlo del Giornale ha intervistato il neo-senatore al telefono e gli è stato risposto di attendere un attimo. L’eletto, infatti, era impegnato in altre conversazioni telefoniche, nientemeno che col Daily Telegraph e il Washington Post (il mitico The Post del superlodato film di Steven Spielberg) e altre testate più o meno prestigiose. «Mi hanno chiesto se sono razzista. Razzista io… Capisce?». Sì, capiamo, capiamo bene. L’equazione Lega = razzismo è arrivata perfino in America. Intanto, il senatùr nègher (dialetto lombardo) si fa fotografare con una maglietta con su scritto # no jus soli. Mentre quelli che facevano lo sciopero della fame perché i migrati ottenessero tale «diritto» hanno pensato bene di rimettersi a mangiare sotto elezioni. Il che dimostra la loro malafede. Sapevano, infatti, che lo jus soli era indigesto alla maggior parte degli italiani, perciò hanno rimesso le mani in tasca fischiettando come se niente fosse. Eh, la politica è una cosa sporca, si dice. La verità è peggio: è una cosa triste.

Torniamo a Toni Iwobi. Quelli del Daily Telegraph e del Washington Post, se non avessero avuto le fette di salame sugli occhi (ma non ce li hanno i corrispondenti? non hanno, in Italia, qualcuno che non legge solo Repubblica?), avrebbero dovuto giubilare, altro che chiedere a un africano se è razzista. Sì, perché Iwobi incarna perfettamente il «sogno americano». Arrivato da noi nel 1977, ha fatto i mestieri più umili, perfino lo spazzino (pardon, operatore ecologico) a Milano, prima di arrivare ad essere un imprenditore informatico con dodici dipendenti. Ecco un immigrato serio, apprezzato fin da subito dai lumbard per la sua voglia di sgobbare. E’ nègher? Sì, ma el laùra! Il giro mentale dei milanesi è tutto in questa frase: sì, ma lavora! Il che sana tutto e abbatte ogni, eventuale, pregiudizio. Iwobi non ha reclamato nessuna corsia preferenziale, nessuna «quota nera», si è solo rimboccato le maniche senza invocare piagnucolose «accoglienze» con tanto di wi-fi e parabole per guardare le partite. Si è integrato subito. Si è integrato talmente, in Lombardia, da essere un leghista della prima ora, di quelli convertiti dal verbo di Bossi. A Spirano, nella Bassa bergamasca, culla del Carroccio duro & puro. Ed è stato pure consigliere comunale (per vent’anni!) e assessore. Quando si dice il razzismo dei leghisti…

Ed eccolo, il sogno americano, anzi padano, un sogno che dà lezione agli  americani. I quali sono così ossessionati dalle quote etniche da mettere un nero perfino a fare la divinità vikinga nei film di Thor. Invece, ecco l’integrazione alla leghista: sei bravo? accòmodati. Ma sono africano! Ecchissenefrega! Ecco un bell’esempio da portare ad esempio. Toni Iwobi, che da spazzino è arrivato a senatore. Se tutti gli immigrati lo imitassero, questo sarebbe un Paese migliore.