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SDOGANATA ANCHE LA FIVET

E venne il turno della provetta nelle svendite di Avvenire

Nella domenica della Giornata per la vita Avvenire scodella una pagina-reportage su una donna che si sottopone ad un prelievo di ovociti per la fecondazione extracorporea. Premesse da coda di paglia e tesi volte a iniziare un processo di legittimazione morale di una pratica che invece è stata dichiarata più volte dal Magistero come intrinsecamente malvagia.

Vita e bioetica 05_02_2018

Ieri si è celebrata la Giornata per la vita. E cosa fa Avvenire? Celebra la fecondazione artificiale. E’ come festeggiare la Giornata mondiale per l’ambiente e incensare le emissioni inquinanti. Il giornalista Luciano Moia confeziona un articolo che è la cronaca del prelievo di ovociti da una donna intenzionata ad avere un bambino tramite la tecnica della fecondazione extracorporea. Il racconto non ha toni censori verso la scelta della donna ed il giornalista pare quasi che tenga per mano la candidata alla maternità. “Sembra di assistere ad un parto”, scrive Moia equiparando quindi il parto alla fase iniziale di una tecnica di produzione dell’uomo che è tutto fuorchè naturale.

L’intento di Avvenire, descrivendo simile procedura di prelievo di ovociti, non è quello di chiamare alla sbarra la fecondazione artificiale bensì di iniziare un processo di legittimazione morale di una pratica che invece è stata dichiarata più volte dal Magistero come intrinsecamente malvagia (cfr. Donum vitae, n. 5; Dignitas personae, nn. 16-17; Evangelium vitae, n. 14) e che trova in un discorso di Pio XII del 1956 sulla fecondità e sterilità il suo principio ispiratore (cfr. Pio XII, Discorso ai partecipanti al II Congresso Mondiale di Napoli sulla fecondità e sterilità umana, 19 maggio 1956). Ovviamente Avvenire non potrebbe dichiarare esplicitamente, almeno per ora, che la fecondazione extracorporea è una pratica lecita. I tempi non sono ancora maturi. Però implicitamente lo afferma usando alcuni soliti grimaldelli utili scardinare la dottrina del Magistero: accoglienza e discernimento dei casi particolari. A cui si aggiunge il dovere di cronaca e uno stratagemma retorico che si chiama antifrasi.

Partiamo proprio dal dovere di cronaca. Moia premette al racconto del prelievo di ovociti un lungo sommario che è quasi un articolo a se stante. Esso rappresenta le istruzioni per l’uso che il lettore deve seguire affinchè Avvenire non venga tacciata di eresia. Già questa accortezza potrebbe essere un buon indizio sul fatto cheil quotidiano del vescovi abbia la coda di paglia, ossia che era ben consapevole che la paginata dedicata alla fecondazione artificiale è dottrinalmente eterodossa e quindi si deve parare in anticipo le spalle.

Ma proseguiamo. Moia dunque nelle avvertenze premesse all’articolo così scrive: “Un reportage da una sala operatoria per raccontare un prelievo di ovociti. Potrebbe sembrare una scelta provocatoria e inopportuna nella Giornata dedicata alla vita. Ma ‘provocare’ riflessioni non scontate e sollevare casi ‘inopportuni’ che contribuiscano però ad alzare il velo su situazioni largamente conosciute e discusse come ‘casi’ e quasi mai guardate come realtà concreta di persone in carne e ossa, fa parte dei nostri compiti di testimoni critici della realtà”. Nostro commento: lodevole fare la cronaca del prelievo di ovociti, ma affinchè la cronaca aiuti a formarsi un giudizio corretto su tali tecniche, ossia rispondente a verità. In breve: raccontiamo pure cosa capita ad una donna a cui vengono prelevati gli ovociti però al fine di far comprendere che simili interventi non sono eticamente accettabili. Cosa che Avvenire non ha fatto.

Passiamo ora al grimaldello dell’accoglienza. Moia invita “all’accoglienza e all’accompagnamento di ogni situazione di fragilità. […] E una vita nascente che, proprio per le condizioni in cui sboccia, è tanto più fragile di altre”. E’ forse l’artifizio fondamentale dei prestigiatori: attirare l’attenzione degli spettatori su una mano, mentre l’altra compie il trucco. Tradotto: facciamo convergere l’attenzione sul bambino che nasce e intanto di nascosto sdoganiamo la provetta. L’errore sta in questo: accogliere l’errante insieme all’errore. Bene invece essere accoglienti verso il bambino che nasce in provetta ed anche verso la madre, male essere accoglienti verso le tecniche di fecondazione artificiale. E’ il solito discorso ripetuto mille volte soprattutto in tema di omosessualità: misericordiosi verso l’errante, duri verso l’errore. 

Terzo trucchetto per farci digerire la provetta: Moia ci interroga in merito all’ “opportunità di esprimere a questo riguardo sentenze preconfezionate, schiacciando semplicemente il tasto di questo o di quel documento, di questo o di quell’altro codice. Una modalità, di cui tanto spesso si abusa, che cancella il principio inviolabile del discernimento personale. Prima di parlare occorre vedere, condividere, ascoltare. E allora, alla luce del comando evangelico, del ‘non giudicate’, ci chiediamo: che diritto abbiamo di alzare uno sguardo giudicante sulla scelta di una donna – e del suo partner – che accetta, oltre a tutto il lungo e complesso percorso terapeutico, di sottoporsi a una sofferenza così viva e così palpabile pur di non rinunciare all’abbraccio di un figlio?”. Alcuni brevi punti fermi. Il monito di Gesù di non giudicare riguarda le responsabilità delle persone nel compiere il male, il cui giudizio ultimo spetta a Dio, non riguarda invece il giudizio sulla bontà o malvagità delle azioni sia nostre che altrui. Altrimenti perché Dio ci avrebbe dato i Dieci comandamenti? A seguire la logica di Moia non dovremmo giudicare omicidi, ladri e truffatori.

Il diritto di giudicare gli atti di questa coppia che si è sottoposta alla Fivet deriva dal dovere di voler bene a questa coppia e quindi di dire a loro che quella scelta non è consona alla loro dignità, a quella del figlio che eventualmente verrà alla luce ed espone moltissimi loro figli, così concepiti, ad un elevato rischio di morte. E’ per il loro bene e dei loro figli che dobbiamo dire loro: non fatelo! E poi a margine: è impossibile non giudicare. Anche l’affermazione di Moia di non giudicare è un giudizio. Anche l’invito a non emettere “sentenze preconfezionate” prevede implicitamente un giudizio (autoconfutatorio): che non è bene giudicare. 

Altro punto: meritorio ed indispensabile “vedere, condividere, ascoltare”, discernere, interrogarsi, valutare i fatti concreti e specifici, ma una volta che io ho capito quel fatto specifico si chiama “fecondazione artificiale” devo poi giudicarlo secondo i principi della legge morale naturale richiamati dai documenti dottrinali della Chiesa. E la valutazione non può che essere negativa. Questo processo che parte dal fatto ed arriva al giudizio non cancella il “discernimento personale”, bensì è proprio quello che si chiama discernimento personale della coscienza. Ma l’importante che la coscienza personale sia retta, ossia giudichi secondo verità.  

In terzo luogo se la donna si assume rischi, fatiche, dolori nel compiere il male non può chiedere ad altri di esserle vicino o di sostenerla in questa sua scelta iniqua. Chi compie il male non può chiedere di essere immune dai rischi e disagi che esso comporta. Comunque al di là di tutte queste argomentazioni la posizione di Moia pare essere quella ormai consolidata in certi ambienti cattolici: gli assoluti morali devono far posto al situazionismo soggettivista. Questo sì che è l’unico “principio inviolabile”, come scrive il giornalista del quotidiano dei vescovi.

Ultimo stratagemma per far ingoiare il rospo della Fivet ai cattolici: equilibriamo il piatto della bilancia. Il taglio basso della pagina di Avvenire che ospita la cronaca del prelievo è dedicata a ricordare che comunque la Chiesa considera “problematica” la  fecondazione artificiale, per usare un aggettivo scelto da Moia. Come a dire: sì alla fecondazione artificiale, ma anche no. E’ una figura retorica che si chiama “antifrasi”. Nel Giulio Cesare di Shakespeare Marco Antonio intesse una serie di indizi contro la figura di Bruto, sospettato dell’omicidio di Cesare, ma lo fa gradualmente ed ogni volta che getta un’ombra di sospetto su Bruto si premura di aggiungere subito “ma Bruto è un uomo d’onore”. Avvenire ha compiuto la medesima operazione (seppur rovesciata): vi sono alcuni indizi che ci potrebbero far dire che in alcuni casi, secondo la coscienza personale, per alcuni fini particolari e in certe contingenze e necessità non contemplate dalle rigide e fredde regole dottrinali, la fecondazione artificiale è consentita, ma sempre nel rispetto del Magistero che vieta qualsiasi tecnica di fecondazione extracorporea. Questa dottrina ossimorica concepita da Avvenire richiama alla mente l’annuncio tranquillizzante del capitano a tutti i passeggeri di un aereo che sta precipitando: “State tranquilli, va tutto bene”. Ma tu, seduto al tuo posto, guardi dal finestrino e vedi il suolo avvicinarsi sempre più velocemente.