Credo e omelia anti Salvini, don Fredo ci ricasca
Un'omelia che rilegge il Vangelo contro il decreto Salvini per accusare il Governo di essere disumano e un Credo inventato ed eretico. Nonostante i richiami del suo vescovo, don Fredo Olivero ci ricasca. Forte dell'appoggio di Repubblica e - purtroppo - di una gerarchia ecclesiale che ha eretto Salvini a nemico pubblico numero uno. Il dovere di ribadire: no, non le è consentito usare la messa come arma politica.
Don Fredo ci è ricascato e stavolta l’impressione è che ci prenda gusto a far parlare di sè. Ricordate il sacerdote torinese che durante la messa di Natale dello scorso anno annunciò di non dire il Credo perché “non ci credo”? Ebbene, don Fredo Olivero l’ha rifatto, ma stavolta con molte aggravanti. Il Credo proclamato durante la funzione della Mezzanotte (GUARDA IL VIDEO INTEGRALE) non solo è una pura invenzione della sua fantasia, cosa già proibita dalla legge della Chiesa, ma è un distillato di ideologia irenista con un vago sentore anti salviniano.
Che il ministro degli Interni sia il suo bersaglio del resto, il rettore dell’Oratorio di San Rocco non lo nasconde. E non basta la notorietà che gli ha regalato Repubblica il giorno dell’Epifania facendolo diventare un personaggio quando lo ha messo alla testa di un drappello di cittadini che ha manifestato in Piazza Castello per “i porti aperti”. No, come d’altra parte aveva annunciato in quell’occasione da un po’ di tempo a questa parte le sue omelie sono tutte incentrate a demolire la figura del cattivo Salvini, appena un livello sotto il perfido Erode e molto più del “poveretto” Barabba.
Infatti, anche l’omelia della Notte santa è tutto un concentrato di strali contro la cattiveria di questi tempi che non ci fa essere umani. Del resto, le sue messe sono liturgie decisamente affidate al suo personalissimo gusto, altro grave delitto canonico, infatti don Fredo ha rinunciato persino a proclamare il Vangelo, compito che spetta esclusivamente al sacerdote o a un diacono su apposito mandato e benedizione. Ma don Fredo è uno di quei preti che alla Parola di Dio sembra preferire la sua, di parola. Così, tralasciate le incombenze liturgiche, può dare sfogo alla sua fantasiosa teologia durante la predica e le parti fisse della Messa che vengono così acconciate alla bisogna dei suoi desiderata.
“Qual è il messaggio del Natale?”, tuona dall’ambone. “Gli uomini di potere stavano facendo un censimento, hanno fatto un decreto e a me è venuto in mente il decreto Salvini che sta facendo caos. E’ sempre così: gli uomini di potere decidono e impongono regole a tutti e tutti si adeguano. Arriva Gesù e dice: quel tempo è finito, non c’è più, sono regole che rovinano l’umanità, la fanno diventare una umanità fatta di schiavi”.
Ora, che il censimento sotto Cesare Augusto fosse uno strumento di tortura non ci era arrivata neppure la scuola biblica più scettica. Non risulta che San Giuseppe castissimo sposo abbia protestato per quella che era una disposizione di legge. Infatti è evidente il tentativo di accostare Salvini alla figura dei carnefici romani. Così, poco dopo dice: “Noi in questa situazione non ci eravamo mai trovati. Metto in evidenza un fatto che commenta bene quello che dice il Vangelo: venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto”. A quel punto don Fredo legge una lettera alla comunità che parla di una donna eritrea sbarcata a Pozzallo con il figlio appena nato e che sarebbe stata rifiutata da un ospedale. La morale è presto detta: così come non accogliamo Gesù, anche questa donna per colpa di Salvini non viene accolta. Il cliché è di quelli semplici semplici. Utile forse per una Notte di Natale dai buoni sentimenti, ma che fa a pugni con la ragione.
Al termine dell’omelia nell’introdurre il Credo ecco il suo “capolavoro” che sa di sberleffo non solo ai fedeli, ma allo stesso vescovo Cesare Nosiglia che dopo l’articolo di denuncia della Nuova BQ dell’anno scorso era stato costretto a richiamarlo ai suoi doveri. Ebbene. Ecco cosa ha detto: “Voi sapete che l’anno scorso mi hanno “tirato” al Santo Uffizio perché non ho detto il Credo. Quest’anno lo dico ma è un Credo a strofe, come quello dei battesimi.
E fin qui, uno potrebbe pensare al Simbolo degli apostoli in forma dialogica. No. Ecco la tiritera partorita dal sacerdote che i fedeli sono stati costretti a sorbirsi:
Credo e mi impegno, Signore
Crediamo in Dio padre, nel creatore che ha bisogno della nostra attiva collaborazione perché la sua compassione e tenerezza giunga a ogni creatura?
Credo e mi impegno, Signore
Crediamo nel Figlio Gesù Cristo e ci impegniamo con lui nella costruzione del regno, la società alternativa dove anziché l’ansia di accumulare ci sia la gioia di condividere, dove al posto della brama di comando ci sia la libertà di servire?
Credo e mi impegno, Signore
Crediamo nello Spirito, forza d’amore di Dio che se accolta fa fiorire in noi nuove possibilità di perdono, nuove capacità di generosa condivisione?
Credo e mi impegno, Signore
Infine crediamo nella Chiesa cattolica universale, spazio d’amore e di libertà dove ogni persona possa sentirsi accolta, amata e rispettata nella diversità?
Credo e mi impegno, Signore
Insomma, come abbiamo scritto non più tardi di un mesetto fa per un episodio simile accaduto in San Carlo a Milano, si tratta di un Credo eretico. Di fronte al quale immaginiamo il vescovo non interverrà. Incarnazione, Morte, Resurrezione, Vita eterna, remissione dei peccati? Cestinate. In fondo a che servono per questa neo Chiesa?
Messaggi politici dal pulpito, liturgie creative, Credo politicizzato. Ce ne sarebbe abbastanza per alzarsi in piedi e urlare a quel sacerdote: “Non le è consentito”, come suggerì in una celebre omelia diventata virale su Youtube, proprio a proposito del caso del Credo omesso, il sacerdote palermitano don Salvo Priola. “Non le è consentito”, perché in questo modo non solo non sta facendo il suo dovere di parroco, ma sta confondendo le sue discutibilissime opinioni con il suo ufficio, privando i fedeli di una vita spirituale feconda. Alzarsi in piedi e testimoniare così: "Non le è consentito". Una pia illusione.
Don Fredo infatti, oggi è in buona compagnia: il placet implicito alle sue scorribande dottrinali gli arriva direttamente da buona parte della classe episcopale italiana che da qualche tempo a questa parte ha deciso di mettere Salvini come il male assoluto da combattere e stigmatizzare. Servendosi, se è il caso, anche della Messa come arma politica. In questo senso don Fredo è coperto da un’autorità che di sicuro non gli creerà noie “da sant’Uffizio” perché a dirla tutta il suo Credo eretico anti leghista non è altro che la naturale conseguenza dell’incessante attività di quei vertici ecclesiastici, che hanno dedicato mesi e mesi a demonizzare un avversario politico. Il braccio segue la testa e questo è il risultato.