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UNIONI CIVILI

Così la Cirinnà causerà nuove discriminazioni

Il ddl Cirinnà dichiara a parole di tutelare nuove formazioni sociali in ragione della solidarietà e dell’amore che si vive in esse. Ma ne esclude esplicitamente alcune. Si producono così nuove forme di discriminazione, che penalizzano sempre i legami fondati sulla famiglia. Nuove discriminazioni che invece sembrano invitare alla autodichiarazione di condotta omosessuale davanti all’ufficiale di stato civile.
- Per san Tommaso è sodomia, di T. Scandroglio

Famiglia 28_01_2016
Il ddl Cirinnà produce nuove discriminazioni

Fatta l’abituale avvertenza – e cioè che tu sappia che già oggi in Italia le persone conviventi dello stesso sesso hanno i diritti che invocano – tenterò di illustrare un altro effetto del ddl Cirinnà. Giudicherai tu se è un effetto equo o iniquo. Il disegno di legge della senatrice Cirinnà – così come è stato ripetutamente detto dalla stessa senatrice e da altri parlamentari – si propone di dare tutela a delle nuove «specifiche formazioni sociali» (come recita l’art. 1), così sono chiamate le unioni civili, cioè le unioni tra persone dello stesso sesso che si autodichiarano davanti all’ufficiale di stato civile (cf. art. 2). L’intenzione dichiarata dai promotori del disegno di legge è riconoscere l’amore, l’affetto e la solidarietà presenti in queste formazioni sociali.

Ma ci sono degli esclusi. All’art. 2, comma 3 si dice che: «Sono cause impeditive per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso: [...] c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87, primo comma, del codice civile; non possono altresì contrarre unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e la nipote». L’art. 87 del codice civile, comma 1 dice: «Non possono contrarre matrimonio: 1) gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali; 2) i fratelli e le sorelle germani consangunei o uterini; 3) lo zio e la nipote, la zia e il nipote; 4) gli affini in linea retta...; 5) gli affini in linea collaterale fino al secondo grado». I legami di consanguineità e di parentela che impediscono il matrimonio impediscono anche la costituzione dell’unione civile.

Faccio degli esempi: Giuseppe e Carlo sono rispettivamente nonno e nipote, vivono insieme da anni, Giuseppe oramai è molto debilitato e non sempre è autosufficiente, Carlo con grande dedizione si prende cura del nonno. Giuseppe è ascendente in linea retta di Carlo, e Carlo è discendente in linea retta di Giuseppe, perciò sono esclusi dal poter costituire l’unione civile. Marina e Monica sono due sorelle, da sempre vivono insieme, non hanno mai lasciato la casa dei loro genitori. Anche loro si aiutano vicendevolmente e si vogliono bene. Ma anche la loro “formazione sociale” è esclusa dal disegno di legge Cirinnà. Mentre Sergio e Andrea non hanno alcun legame di parentela, ma hanno attrazione l’uno per l’altro. Essendo maggiorenni e dello stesso sesso, possono costituire l’unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni, così come prevede l’art. 2.

Viene naturale la domanda: quali sono i presupposti dell’unione civile? E perché le prime due coppie sono escluse, mentre la seconda può accedere all’istituto dell’unione civile? Abbiamo visto che quando la Costituzione dice: «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29) riconosce il matrimonio e la famiglia come realtà che precedono lo Stato e l’ordinamento giuridico e riconosce anche che matrimonio e famiglia comportano dei presupposti pre-giuridici, cioè antropologici e sociali, tra cui la volontà libera di amarsi, la dualità complementare fondata sull’identità sessuale. Ora, dal fatto che le prime due coppie sono escluse, mentre la terza è ammessa all’unione civile, sembra che presupposto dell’unione civile sia non tanto il fatto che le due parti siano dello stesso sesso, ma che tra le due parti ci sia attrazione e condotta sessuale. Il che sembra confermato dall’art. 3, comma 1 del ddl Cirinnà quando dice: «Dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione».

Gli esempi adotti mostrano che il ddl Cirinnà dichiara a parole di tutelare nuove formazioni sociali in ragione della solidarietà e dell’amore che si vive in esse. Ma ne esclude esplicitamente alcune: nelle prime due coppie c’è l’amore e la solidarietà, sono tra l’altro molto più diffuse di quelle tra persone omosessuali, se stiamo ai dati del censimento del 2011, pubblicati dall’Istat nel 2012, ma non c’è alcuna attrazione e condotta sessuale. Si producono così nuove forme di discriminazione, che penalizzano sempre i legami fondati sulla famiglia. Nuove discriminazioni che invece sembrano invitare all’autodichiarazione di condotta omosessuale davanti all’ufficiale di stato civile. O sembrano costruire una nuova presunzione giuridica, quella di attrazione o condotta omosessuale, che consentirebbe accesso all’unione civile.
Il risultato di fatto raggiunto dal ddl Cirinnà non è riconoscere i rapporti solidaristici tra le persone né la persona umana in quanto tale – perché altrimenti dovrebbe prendere in considerazione anche le prime due coppie del nostro esempio. Il risultato è dare una patente giuridica a un modello di attrazione e di condotta, e omologarlo alla famiglia. 
È arrivata una nuova forma di Stato etico, ma completamente alla rovescia.