Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
HUMANAE VITAE

«Contraccezione un dovere? Intervenga il Papa»

Dopo la pubblicazione dell'intervento del teologo don Chiodi, membro della Pontificia Accademia per la Vita, che teorizza un "dovere" di contraccezione in alcune circostanze, fioccano le reazioni. «Sono tesi immorali, già condannate senza ambiguità da Giovanni Paolo II», dice il professor Seifert: «Don Chiodi deve ritrattare il suo errore o essere allontanato dall'Accademia per la Vita».

Ecclesia 11_01_2018
Don Maurizio Chiodi

La relazione che don Maurizio Chiodi ha svolto il 14 dicembre scorso all’Università Gregoriana, e in cui affermava il “dovere” responsabile dei coniugi di usare sistemi contraccettivi, ha fatto scalpore e ha provocato risposte puntuali da parte di specialisti della materia. Ne citiamo due, quella del prof. Josef Seifert, presidente dell’Accademia Giovanni Paolo II per la Vita umana e la Famiglia, e quella del prof. Michael Pakaluk, ordinario all’Accademia Pontificia San Tommaso d’Aquino, oltre che docente alla Catholic University of America.

Seifert come vedremo illustra perché e come le tesi di don Chiodi siano profondamente contrarie agli insegnamenti della Chiesa e di Giovanni Paolo II in particolare, e conclude: «Possiamo solo sperare che papa Francesco, l’arcivescovo Paglia e la larga maggioranza dei membri della Pontiificia Accademia per la Vita chiedano a don Chiodi di correggere questi gravi errori, o di dimettersi immediatamente dall’illustre Accademia, il cui fondatore e padre spirituale Giovanni Paolo II combatté senza ambiguità e continuamente proprio contro quegli errori che don Chiodi ora propone, e li condannò in via definitiva».

Seifert, che è co-fondatore dell’Accademia Internazionale di Filosofia afferma che Chiodi nella sua relazione «propone posizioni etiche e filosofiche che sono profondamente erronee e totalmente distruttive non solo dell’insegnamento morale della Chiesa cattolica, ma anche dell’essenza della moralità, e in realtà di ogni verità e di ogni insegnamento della Chiesa». Queste sono il relativismo storico, la teoria del consenso e l’etica della situazione.

Secondo Seifert, quando don Chiodi afferma che le norme della legge naturale sono buone, ma sono storiche, «nega la perenne verità e validtà delle norme che ci dicono che la contraccezione e molti altri atti sono intrinsecamente sbagliati», per cui quello che poteva essere giusto nel 1968 non lo è più nel 2018. Inoltre Chiodi suggerisce, secondo il professore austriaco, che il fatto che un’ampia percentuale di coniugi cattolici pratichino la contraccezione prova che queste norme non sono più valide. «Con lo stesso diritto potrebbe sostenere che siamo giustificati a non parlare più del primo comandamento, di amare Dio sopra ogni cosa, o che quella norma non è più valida perché una maggioranza di cattolici non la adempie, o che non è più valido il comandamento di non dare falsa testimonianza perché la maggior parte della gente mente e calunnia».

E infine, conclude Seifert, quando don Chiodi facendo riferimento ad “Amoris Laetitia” afferma che alcune «circostanze proprio per amore di responsabilità, richiedono la contraccezione», «nega in realtà direttamente l’intrinseca erroneità della contraccezione insegnata magisterialmente da Paolo VI e dai suoi predecessori e successori e rende ciò che è buono o cattivo moralmente nella trasmissione della vita umana interamente dipendente dalle situazioni concrete». È l'etica delle situazioni, e tirando le conseguenze da queste affermazioni don Chiodi «suggerisce che in generale non esiste nessun atto intrinsecamente sbagliato…ma dipende dalla proporzione fra conseguenze buone e cattive». Quindi si verrebbe a negare anche l’intrinseca erroneità dell’aborto e dell’eutanasia e di molti altri atti. La teoria secondo cui c’è «un dovere alla contraccezione» è tale da contenere, secondo Seifert, «oltre all’aperto rigetto dell’insegnamento della Chiesa in Humanae Vitae, errori filosofici generali disastrosi», già respinti con forza da Giovanni Paolo II in Veritatis Splendor.

Michael Pakaluk non entra direttamente nella questione della relazione di don Chiodi, ma su The Catholic Thing lancia un allarme. Nel 2018, anno in cui si celebra il mezzo secolo di vita dell’enciclica di Paolo VI, «è probabile che assistiamo ad attacchi concertati sul suo insegnamento, che non saranno scoraggiati da varie azioni del Vaticano». E continua Pakaluk: «Il tipo di attacchi non è difficile da indovinare. Non prenderà la forma di una contraddizione diretta, ma piuttosto di un aggiramento – cambiamenti che svuoteranno Humanae Vitae del suo contenuto grazie a un supposto ‘approfondimento’ del suo significato».

Pakaluk identifica anche i protagonisti: saranno alcuni vescovi, principalmente da Paesi ricchi, e teologi da istituzioni accademiche. Si dirà che dal momento che l’80 per cento dei cattolici in alcune nazioni (non importa quanto bene pratichino la fede) rigettano Humanae Vitae, l’insegnamento non è stato “recepito”, e di conseguenza non è mai stato valido, almeno in quei Paesi, e quindi si chiederà un maggiore pluralismo. «Il consenso fra le persone illuminate a favore della contraccezione sarà citato come ‘un segno dei tempi’ e l’evidenza del lavoro dello Spirito Santo. Ci si dirà che la Chiesa deve ‘ascoltare’ queste persone in dialogo: infatti i Paul Erhlichs del mondo hanno già detto al Vaticano che alla luce della Laudato sì le coppie non dovrebbero aver più di due bambini». Ma si chiede Pakaluk, come è è praticabile quella politica «senza contraccezione artificiale?».