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LO SCONTRO SUL DECRETO MINNITI

Codice Ong Delrio guida la fronda

Delrio e il viceministro agli Esteri Giro (Sant'Egidio) sembrano voler sgambettare il governo impegnato a recuperare un minimo di credibilità sulla vicenda migranti gestita finora in modo imbarazzante. L’obiettivo della “fronda” cui fanno capo anche molte associazioni, cooperative, Ong ed Enti cattolici è scongiurare la fine dei flussi migratori illegali che solo quest’anno genera in Italia un business da 5 miliardi.

Editoriali 09_08_2017
Graziano Delrio

Come avevamo previsto la scorsa settimana sul codice di regole per le Ong e la missione navale in Libia tesa a fermare i flussi migratori il governo italiano ha più da temere dalle fronde interne che dalle minacce del generale Khalifa Haftar o dai trafficanti libici.

Le ventilate ma mai pronunciate dimissioni del ministro degli Interni, Marco Minniti, potrebbero tornare alla ribalta se non si ricomporrà la frattura con gli esponenti del governo che vorrebbero continuare ad accogliere migranti illegali in Italia.

Soprattutto il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, che pur negando attriti con Minniti ha dichiarato di voler continuare a inviare le navi della Guardia Costiera a imbarcare i clandestini raccolti in mare dalle navi delle Ong che non hanno firmato il decalogo messo a punto dal governo con l’Unione europea.

“Se c'è una nave di una Ong vicina a gente da soccorrere, non posso escluderla. E anche se non ha firmato il codice di autoregolamentazione, sono obbligato a usarla per salvare vite umane”. Se si parla di soccorsi in mare "la Guardia Costiera dipende dal ministero dei Trasporti e tocca a lei valutare se è necessario effettuare dei trasbordi".

Una valutazione che mira a sconfessare la linea dura di Minniti con le Ong “ribelli” e che peraltro sta dando i suoi frutti poiché altre due organizzazioni, Pro Activa e Sos Méditeranée, hanno accettato di firmare l’intesa che impone il rispetto di regole precise.

A prendere di mira invece la missione navale italiana che sta aiutando i libici a fermare e riportare indietro barconi e gommini (oltre 2mila i migranti illegali fermati negli ultimi giorni) ha provveduto il vice ministro degli Esteri Mario Giro, esponente di spicco della Comunità di Sant’Egidio.

“Le nostre navi continueranno a raccogliere i migranti. Sarebbe auspicabile, anche quelli ospitati da imbarcazioni bloccate dalla Guardia costiera libica, quando le nostre imbarcazioni siano in condizione di poterlo fare. Perché riportarli in Libia, in questo momento, vuol dire riportarli all'inferno”.

Ma allora a cosa servirebbe l’operazione navale se i migranti continuassimo a portarli in Italia?

Delrio e Giro sembrano voler sgambettare il governo impegnato a recuperare un minimo di credibilità sulla vicenda migranti gestita finora in modo imbarazzante. L’obiettivo della “fronda” cui fanno capo anche molte associazioni, cooperative, Ong ed Enti cattolici che in questi giorni hanno fatto sentire le loro voci contro i recenti provvedimenti di Roma, è scongiurare la fine dei flussi migratori illegali che solo quest’anno genera in Italia un business dell’accoglienza che richiederà quasi 5 miliardi di euro di stanziamenti.

Giro poi sembra dimenticare che dei 10 mila migranti illegali riportati in Libia dalla locale Guardia costiera negli ultime settimane oltre 5 mila sono stati rimpatriati nei paesi d’origine a cura dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) , la stessa che a fine giugno ha certificato la presenza in Libia di 390 mila immigrati africani dei quali però il 64% intendeva lavorare proprio in Libia, come facevano ai tempi del regime di Gheddafi e che quindi non considerano un inferno tenuto conto che raggiungono volontariamente e spendendo denaro la nostra ex colonia.

Circa le violenze nei centri di detenzione (in Libia l’immigrazione illegale è un reato) la gran parte delle informazioni giungono dagli immigrati illegali non certo disinteressati e pronti a tutto pur di evitare il respingimento ma soprattutto sarebbe il caso che gli esponenti del nostro governo spronassero le Nazioni Unite a intervenire con le sue agenzie umanitarie invece di condannare l’Italia ad accogliere chiunque paghi criminali.

Interessanti poi le valutazioni rilasciate alla stampa dall'ex imprenditore nautico italiano Giulio Lolli, latitante in Libia, che ha combattuto nelle milizie contro Gheddafi e ora è "uno dei capi delle Forze speciali di sicurezza marittima del porto di Tripoli guidate dal comandante Taha El Musrati, in sostanza la polizia marittima che è cosa diversa dalla Guardia costiera".

La polemica sulle Ong trova poco spazio qui in Libia, noi abbiamo il compito di fermare i trafficanti, e l'impiego di una missione militare italiana non crea nessun problema per la grande maggioranza di persone qui a Tripoli. Noi abbiamo l'incarico di fermare gommoni e barconi e riportarli indietro. Se qualcuno prova a impedircelo, usiamo metodi forti per portare a compimento il nostro lavoro", spiega Lolli.

"Li riportiamo in porto, gli diamo da mangiare e da bere, facciamo fronte alle loro necessità più immediate, assicuriamo all'adempimento di tutte le procedure sanitarie in coordinamento con la Mezza luna rossa con cui lavoriamo sempre assieme. Poi li consegniamo all'immigrazione, lì il nostro lavoro è finito.  Non è che le Ong ci diano fastidio, se arrivano prima loro, anche dentro le acque territoriali libiche, non possiamo fermarli, loro fanno il loro lavoro" rileva Lolli. Il sentore che ci sia collusione tra qualche operatore e i trafficanti "ce l'ho io personalmente, e non sono il solo, ma non dal punto di vista ufficiale. Anche perché se qualcuno chiedesse alle autorità libiche del fenomeno delle Ong, probabilmente non saprebbe neppure di cosa si stia parlando".

Ancora a proposito di Ong, ieri durante l'operazione di salvataggio di 155 migranti a bordo di un barca in avaria, la Marina libica "ha intercettato una nave appartenente a un'organizzazione non governativa internazionale di nazionalità spagnola, a 12 miglia dalle coste, che aspettava la barca dei migranti" come ha riferito il portavoce della Marina libica, generale Ayoub Qassem, in una nota all'Ansa.

La motovedetta libica "ha lanciato degli appelli alla nave per farla uscire dalle acque territoriali libiche, ma la nave non ha obbedito agli ordini, costringendo la Marina a sparare due colpi di avvertimento in aria. In seguito la nave è fuggita in direzione nord".