Chiesa e mondo, rapporto necessario e di Grazia
«Dal concetto che noi avremo della creazione e della grazia, nonché del rapporto tra le due, scaturirà anche la nostra teologia del rapporto Chiesa-mondo. Alla domanda: "Il mondo ha bisogno di Cristo?", si risponderà diversamente secondo il punto di vista teologico di partenza». Ecco la prima parte della relazione di don Mauro Gagliardi svolta al convegno della Nuova BQ sulla Dottrina sociale. Per iniziare dal principio a formarsi i criteri con cui scegliere e decidere in vista del voto del 4 marzo.
In vista delle elezioni politiche del 4 marzo, la Nuova BQ sta seguendo la campagna elettorale concentrandosi non sulle dichiarazioni e sugli spot elettorali di questo o quel candidato, ma sulle ragioni che permettano ad ogni elettore, soprattutto cattolico, di formarsi un giudizio chiaro sui criteri con i quali effettuare secondo la Dottrina sociale della Chiesa la propria scelta.
E’ un’attività pre-politica, ma che non vuole tirare la volata a nessun partito perché quello che ci interessa è offrire ai lettori le ragioni dell’essere più che quelle del fare, che viene di conseguenza.
E’ il senso della giornata che La Nuova BQ ha offerto ai suoi lettori sabato 3 febbraio a Milano organizzando assieme all’Osservatorio Van Thuan un convegno di studi sui criteri di scelta. Nel corso della giornata, ha avuto molta rilevanza l’intervento di don Mauro Gagliardi, professore ordinario dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum e professore invitato alla Pontificia Università di San Tommaso (Angelicum) di Roma. L’intervento di Gagliardi è stata la trattazione di base teologica attraverso cui costruire le ragioni e criteri dei relatori del convegno, che si è svolto al Teatro Guanella di Milano. Una lunga lectio magistralis sulla teologia del rapporto Chiesa-mondo: dottrina e prassi che per comodità di percorso abbiamo diviso in tre parti e che pubblicheremo oggi e nelle prossime domeniche.
In questa prima puntata don Gagliardi tocca il tema della Natura e della Grazia, per arrivare a far comprendere come a seconda di dove inseriamo l’ordine soprannaturale, derivi il nostro rapporto con il mondo e in definitiva con la politica.
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Per impostare adeguatamente il tema che mi è stato chiesto di trattare, è necessario partire da un elemento fondamentale della dottrina cattolica, ossia la distinzione di un duplice ordine della realtà: l’ordine naturale e quello soprannaturale. In base a ciò, distinguiamo anche verità di ordine naturale e verità di ordine soprannaturale: le prime conoscibili alla luce della sola ragione, mentre le altre conoscibili esclusivamente alla luce della rivelazione divina e quindi della ragione illuminata dalla fede e mai senza la fede.
L’ordine naturale e quello soprannaturale sono realmente sussistenti: cioè esistono in sé e per sé e non solo nella nostra mente; ma non sono opposti l’uno all’altro. Essi vengono denominati anche natura e grazia. Qual è la relazione tra i due? È una relazione di reciproco richiamo. Essendo sussistenti in sé e per sé, i due ordini della realtà posseggono una certa autonomia, ossia possono esistere anche l’uno senza l’altro; ma questa autonomia è relativa e non assoluta proprio perché Dio li ha stabiliti con vicendevole richiamo. San Tommaso d’Aquino ha insegnato che la grazia non si oppone alla natura, ma al contrario presuppone la natura, la risana dai difetti che si sono inseriti in essa a causa del peccato dell’uomo e la eleva, perfezionandola. In queste poche parole c’è tutto.
La creazione ha una sua certa autonomia: il Creatore ha immesso nell’ordine naturale una sua consistenza che si regge da sé, senza necessità che dietro ogni singolo processo naturale vi sia all’opera un’azione soprannaturale. Se il proverbio popolare dice: “non cade foglia che Dio non voglia”, noi sappiamo che ciò significa che non cade foglia se non a motivo della legge di gravità, che Dio ha stabilito nel cosmo materiale. Non significa certo che Dio con una grazia attuale soprannaturale spinga verso il suolo ogni foglia che cade. Questa autonomia della creazione è reale ma anche relativa, perché è una autonomia comunque legata al Creatore, a Dio. Appartiene alla visione atea pensare una autonomia assoluta del cosmo. Per questo, il Vaticano II ha insegnato che la creatura senza il Creatore svanisce (GS 36). Questa relativa autonomia della creazione, inoltre, implica che la creazione non si eleva da sé alla propria perfezione, perché questa elevazione è opera della grazia.
La grazia, dal canto suo, ha ugualmente una sua autonomia, ossia l’ordine soprannaturale potrebbe sussistere in sé anche senza quello naturale. Tuttavia, la grazia – dice san Tommaso – suppone la natura, cioè la grazia si stende sulla natura, è offerta da Dio alla natura, in vista del risanamento e dell’elevazione perfettiva della natura stessa. Di conseguenza, per quanto i due ordini siano distinti, essi non sono separati e sono ordinati l’uno all’altro.
A ciò si deve aggiungere che la teologia cattolica ha sempre sottolineato, soprattutto da sant’Agostino in poi, il carattere eminentemente gratuito della grazia, chiamata in latino gratia proprio perché è data gratis, ossia perché è dono di Dio. Un dono è gratuito, altrimenti non è tale. Un dono è una elargizione non dovuta, altrimenti sarebbe un salario. La grazia divina è dono soprannaturale gratuito, indebito, di Dio. È il tema della gratuità del soprannaturale, che non è dovuto alla natura, ma è dato alla natura appunto per grazia, perché Dio così vuole e non per un merito previo delle creature. Agostino blindò questa dottrina contro il Pelagianesimo.
Il tema natura/grazia è tornato al centro di accese discussioni teologiche nella prima metà del XX secolo. Si ricorda ad esempio il nome del paleontologo gesuita Teilhard de Chardin, che nel suo tentativo di conciliare scienze e fede, finì per identificare l’evoluzione cosmica con la storia della salvezza, sopprimendo di fatto la distinzione tra processi naturali e piano salvifico soprannaturale di Dio. Altro nome eccellente è quello del patrologo gesuita e poi cardinale Henri de Lubac il quale fu al centro di un vivo dibattito sul tema natura/grazia. La questione assunse tale importanza da indurre Papa Pio XII ad intervenire e, nell’enciclica Humani generis, mise in guardia – senza fare nomi, ma forse con riferimento a de Lubac – da quei teologi che con le loro recenti teorie mettevano a rischio la nozione di gratuità del soprannaturale. De Lubac, comunque, dopo un primo saggio storico un po’ spericolato intitolato Surnaturel, ne scrisse un altro di natura teologica dal titolo «Il mistero del soprannaturale», in cui assunse posizioni più equilibrate. Non così invece un altro gesuita (da cui in seguito lo stesso de Lubac prenderà le distanze): il tedesco Karl Rahner, il quale parve inizialmente voler difendere la posizione di Pio XII, mentre invece sviluppò una teologia in cui la distinzione tra naturale e soprannaturale veniva talmente assottigliata, da risultare praticamente eliminata. Possiamo qui soltanto menzionare, peraltro in maniera rapidissima, due sue tesi teologiche. La prima riguarda la definizione della grazia.
Per Rahner, la grazia è l’«esistenziale soprannaturale», cioè una dimensione esistenziale che appartiene all’uomo in quanto uomo e che l’uomo, anche nel peccato, non può mai veramente perdere. Quindi la grazia, secondo Rahner, rientra nel concetto di natura umana, essendo parte di esso a livello nozionale ed esistenziale (per Rahner, si potrebbe ipotizzare solo in maniera teorica un uomo naturale senza l’esistenziale soprannaturale). Una seconda tesi rahneriana è quella del mondo come sacramento, cioè il mondo come segno e strumento dell’azione di Dio. Siccome tale azione nella teologia classica appartiene all’ordine soprannaturale, con la terminologia rahneriana del sacramentum mundi, il mondo nella sua mondanità è già espressione della grazia. Il mondo non è il profano al quale va aggiunto in seguito il sacro. Il mondo è già e sempre impregnato del soprannaturale. Anche qui, quindi, la distinzione tra natura e grazia è presa di petto.
Ci sarebbe molto da dire per illustrare adeguatamente questi temi, ma qui dobbiamo rinunciare a qualunque approfondimento al riguardo. In base a questi pochi cenni, possiamo volgerci ora al tema del rapporto Chiesa-mondo, che non è altro se non una delle tante declinazioni possibili della questione descritta: il rapporto tra il naturale ed il soprannaturale. Il mondo, infatti, esprime l’ordine naturale, che ha origine da Dio in quanto Creatore. La Chiesa, invece, è parte dell’ordine soprannaturale, che ha Dio per Autore e Conduttore. Infatti, nell’ordine soprannaturale, Dio agisce con interventi tesi a realizzare una provvidenziale storia della salvezza, che sbocchi nel fine ultimo della vita in Cielo. La Chiesa è un mistero di grazia, non una realtà semplicemente umana – nonostante abbia una componente chiaramente umana. In quanto mistero di grazia, essa appartiene all’ordine soprannaturale. La Chiesa infatti è stata fondata dal Dio-Uomo Gesù Cristo e non da uno o più uomini qualunque.
Dal concetto che noi avremo della creazione e della grazia, nonché del rapporto tra le due, scaturirà anche la nostra teologia del rapporto Chiesa-mondo. Alla domanda: «il mondo ha bisogno della grazia?», ossia: «il mondo ha bisogno di Cristo?»; si risponderà diversamente secondo il punto di vista teologico di partenza. Se il mondo è già in sé un sacramento di Dio, uno strumento divino, se cioè la nozione di grazia è già contenuta nel concetto di “mondo”, appare difficile vedere come si possa affermare che il mondo abbia bisogno di qualcuno che, per così dire, dall’“esterno” gli offra Cristo/la grazia in quanto causa necessaria del suo perfezionamento. In una simile ottica, la Chiesa non dovrebbe far altro che contribuire alla preservazione il mondo in quanto mondo, dell’umano in quanto umano, perché già nel mondano e nell’umano ci sarebbe la grazia salvifica.
La Chiesa, anzi, dovrebbe in fondo identificarsi tout court con l’umano e il mondano. Invece, se si afferma una autonomia solo relativa della creazione, ci si rende conto che la creazione può giungere al suo fine ultimo solo per l’opera della grazia, sanante ed elevante. Di conseguenza, l’azione di Cristo nel mondo e sul mondo sarà intesa come necessaria. E l’azione della Chiesa nei confronti del mondo assumerà caratteristiche di altro genere rispetto a quelle delineate dalla prospettiva testé accennata.
(1- continua)