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ROSARIO

Chi ha paura di Lepanto (e della Polonia)?

Ampiamente censurata nella Chiesa l'origine della festa liturgica di ieri, la Beata Vergine del Rosario, cioè la Battaglia di Lepanto del 1571. E ignorato anche il milione e oltre di polacchi che ieri si sono schierati in preghiera lungo i confini nazionali. 

Editoriali 08_10_2017

In tanti insorgono giustamente davanti alla tendenza nelle scuole di “cancellare” il Natale, raccontando agli studenti che si tratta delle vacanze d’inverno ed evitando accuratamente presepi e qualsiasi simbolo che ricordi il vero significato che sta nella nascita di Gesù. E in questi giorni tanti si sono scandalizzati (giustamente) perché in alcune contee inglesi si è deciso di sostituire nei calendari il “prima” e “dopo Cristo” con “prima dell’Era Comune” e “Era Comune”. Tutto per rispettare le minoranze religiose, leggi i musulmani. Una vera idiozia, un insulto all’intelligenza, perché è anzitutto negazione della realtà. Su questo almeno, i cattolici sembrano convenire.

Eppure nessuno trova nulla da ridire sul fatto che nella Chiesa ormai si censura l’origine della festa liturgica che abbiamo celebrato ieri, la Beata Vergine del Rosario, ovviamente per rispetto dei musulmani. Non so chi abbia avuto il privilegio ieri alla messa di ascoltare un prete ricordare che la festa trae origine dalla battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 in cui la flotta cristiana sconfisse la flotta turca salvando l’Europa dall’invasione islamica, una vittoria che si deve alla fede di tanti cattolici europei che accompagnarono la flotta con un esercito di rosari. Credo pochissimi. E anche laddove non si è potuto tacere sulla battaglia di Lepanto, lo si è detto di corsa, circondandolo di frasi vuote sulla pace e sull’umanità unita in un abbraccio.

Lepanto insomma, sembra una cosa di cui vergognarsi, come fosse una macchia nella storia della Chiesa, quando invece – come abbiamo detto – dovremmo onorare la memoria di quegli uomini (e di san Pio V, papa) che hanno impedito l’islamizzazione dell’Europa. Eppure oggi, in questo clima di pacifismo ecclesiastico imperante diventa una colpa anche l’applicazione di quel principio di “responsabilità di proteggere” che pure è stato rilanciato da Benedetto XVI in un discorso all’ONU nel 2008. Certo, sarebbe alquanto stupido pensare di poter fronteggiare l’attuale “invasione” (la cui parte più difficile è, guarda caso, la componente islamica) dichiarando guerra e organizzando una flotta per combattere nel Mediterraneo. Ma è ancora più stupido stendere tappeti rossi a chi disprezza la nostra civiltà e non vede l’ora di realizzare quelle circostanze che permetteranno di sostituire l’islam al cristianesimo.

Il vero problema oggi sta in quei tanti che non trovano nulla da ridire se un insegnante di religione cattolica usa la sua ora per far conoscere il Corano ai suoi studenti. Ricordare la battaglia di Lepanto e meditare quella lezione di storia, aiuterebbe a capire che la difesa della propria identità di popolo – così come la difesa della propria famiglia - non solo non è un delitto, ma è un dovere. Da assolvere nelle modalità più efficaci, che oggi possono anche escludere in tanti casi l’uso delle armi, ma pur sempre un dovere.

L’esempio ce lo hanno dato i cattolici polacchi che ieri si sono radunati in 320 chiese e 4mila “zone di preghiera” lungo tutto il confine per recitare insieme il rosario, perché la Polonia e l’Europa intera tornino alle loro radici cristiane contro la secolarizzazione e contro il diffondersi dell’influenza islamica. Le notizie che arrivano dalla Polonia dicono di una partecipazione ben al di sopra del milione di persone preventivato alla vigilia, e anche da altre parti del mondo (Italia compresa) ci si è collegati spiritualmente in comunione con i fedeli polacchi. Si è trattato di un evento grandioso, su cui in Italia – guarda caso – è calato il silenzio della stampa cattolica ufficiale.

Bruttissimo segno, anche se non sorprendente: ignorare l’evento di preghiera più importante degli ultimi sessanta anni (insieme alle Giornate Mondiali della Gioventù), teso a invocare dalla Madonna la grazia di mantenere o recuperare l’identità cristiana, significa soltanto che i pastori hanno abbandonato il proprio popolo, pronti a consegnarlo nelle mani del nemico.

Interessante invece che ieri nelle omelie dei vescovi polacchi, nelle messe che hanno preceduto il rosario, la preghiera per la pace si sia sposata alla richiesta a Dio di mantenere cristiane le nostre nazioni, legando in modo indissolubile le due cose. Non dovrebbe essere una novità, visto che “Cristo è la nostra pace”; e invece suona in totale contrasto con la mentalità oggi prevalente nella Chiesa, secondo cui la pace dovrebbe piuttosto scaturire dal dissolversi e dal fondersi della nostra identità con le identità di altri popoli che ci stanno invadendo.

Noi stiamo con i polacchi.