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OGGI LA SENTENZA

Charlie, si litiga anche sul trasferimento a casa

Dopo due giorni di discussioni tra le parti, non è stato perciò trovato alcun accordo nemmeno su questo punto, perché sia il Gosh sia il tutore che rappresenta gli interessi di Charlie nel procedimento si oppongono grettamente anche a questa ultima volontà dei genitori.

Vita e bioetica 26_07_2017

“I genitori vorrebbero il trasferimento di Charlie domani (oggi, ndr) per trascorrere del tempo insieme in famiglia, e nella privacy, fino a lunedì 31 luglio”. Le parole dell’avvocato Grant Armstrong, pronunciate durante l’udienza di ieri dopo la rinuncia al trattamento sperimentale comunicata il giorno prima, esprimono l’ultimo desiderio di Chris Gard e Connie Yates, i quali già qualche settimana fa avevano promesso che avrebbero fatto di tutto per portare il loro bambino a casa. “L’ultimo desiderio dei genitori è di portare Charlie a casa per alcuni giorni di tranquillità fuori dall’ospedale. Se a Charlie viene data un’adeguata assistenza medica - ha spiegato Armstrong - il Great Ormond Street Hospital non ha diritto a trattenerlo in ospedale”.

Dopo due giorni di discussioni tra le parti, non è stato perciò trovato alcun accordo nemmeno su questo punto, perché sia il Gosh sia il tutore che rappresenta gli interessi di Charlie nel procedimento si oppongono grettamente anche a questa ultima volontà dei genitori. Così, pure per questa minima richiesta di Connie e Chris si deve passare dal tribunale. Lo stesso giudice Nicholas Francis aveva esortato a inizio udienza a trovare un accordo tra le parti, salvo convergere ancora una volta verso le posizioni di Katie Gollop e Victoria Butler-Cole, legali rispettivamente del Gosh e del tutore. “Le uniche opzioni sono l’ospedale e l’hospice”, ha detto alla fine Francis, aggiungendo che avrebbe preso la sua decisione finale nell’udienza di oggi (si ricomincia alle 14, ora inglese) “a meno che non succeda qualcosa di completamente nuovo e inatteso”.

Tra le argomentazioni più grottesche avanzate dall’ospedale per opporsi al trasferimento di Charlie a casa ci sarebbe il fatto che il ventilatore non passerebbe dall’ingresso principale dei Gard: mamma Connie ha fatto allora presente che nessun membro del Gosh è mai andato a trovarli a casa per verificare questa presunta impossibilità. La Gollop ha anche detto che l’ospedale non è riuscito a trovare in tutto il Regno Unito un medico di terapia intensiva che possa fare assistenza notturna in un contesto domestico. Anche questa sembra l’ennesima scusa, se si pensa poi che Connie e Chris hanno chiesto solo pochi giorni in più con il figlio e si sono offerti di pagare tutte le spese per il trasferimento e l’assistenza a casa, dove vorrebbero fare un bagno a Charlie, metterlo nella sua culla e passare così gli ultimi preziosi momenti insieme. Oltre al luogo, il Gosh sta creando ostacoli pure riguardo alla tempistica del distacco della ventilazione assistita. A domanda del giudice su quale sarebbe il problema di un trasferimento a casa, la Gollop ha infatti lamentato “i diversi giorni” richiesti dai genitori: come detto sopra, la famiglia ha chiesto appena 5-6 giorni. Evidentemente troppo per la fretta del Gosh di staccare il supporto vitale.

In Italia, nel frattempo, l’ospedale pediatrico Bambin Gesù, dove lavora il primario Enrico Silvio Bertini che ha contribuito alla stesura del protocollo sperimentale e la settimana scorsa aveva visitato Charlie assieme al neurologo Michio Hirano, ha diffuso un comunicato per ribadire che “la terapia sperimentale con deossinucleotidi poteva essere un’opportunità per Charlie e potrà esserlo in futuro per tutti i malati rari con la stessa patologia o patologie simili”. Ma il tempo perso ha fatto peggiorare le condizioni del bambino, soprattutto a livello muscolare, mentre a livello cerebrale – come già detto da Hirano e contrariamente a quanto sostenuto dal Gosh – il danno non è irreversibile. “Mentre infatti i risultati della nuova risonanza magnetica presentavano un quadro di encefalopatia in peggioramento, ma non del tutto irreversibile (grazie alla capacità potenziale dimostrata dai deossinucleotidi di superare la barriera emato-encefalica), i risultati dell'indagine muscolare supplementare che abbiamo richiesto hanno evidenziato una condizione di grave e diffusa perdita non più reversibile del tessuto muscolare, che ha suggerito di desistere dal proposito di avviare la terapia sperimentale. Infatti il gravissimo contesto clinico che abbiamo trovato avrebbe configurato il tentativo di terapia sperimentale come un accanimento terapeutico. In questo caso, abbiamo purtroppo constatato di essere arrivati forse tardi”.

Il Bambin Gesù afferma perciò che era giusto e opportuno, come richiesto mesi fa dai genitori (sempre contrastati dal Gosh e dai giudici), tentare prima la terapia, che ha “una base razionale molto solida ed è anche sicura”, come ha spiegato ulteriormente Bertini nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri. Ma al di là dell’efficacia e dell’opportunità della terapia in questa precisa fase, come abbiamo detto in più occasioni, rimane sempre il punto principale: non è lecito staccare la ventilazione assistita al bambino, perché lo priverebbe di una cura di base e sarebbe quindi un atto pienamente eutanasico. Quella di Charlie è vita.