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IMMIGRAZIONE

Carta Verde, quanto cara mi costi

Una studentessa brasiliana bandita per un affitto troppo lungo, uno studente italiano per una birra di troppo, una green card sudata per due anni, nonostante fosse già vinta alla lotteria. Storia di ordinaria immigrazione negli Usa. In un momento di intenso e acceso dibattito sulla presunta svolta di Trump, è bene sapere come è sempre stata gestita l'emigrazione negli Usa.

Editoriali 01_02_2017
Statua della Libertà

In un momento di intenso e acceso dibattito sull'immigrazione, pare che il presidente Donald Trump abbia improvvisamente chiuso i confini di un paese che finora era "aperto ad accogliere chiunque". In realtà non ha chiuso i confini. Che per altro non sono mai stati del tutto aperti, come dimostra questa testimonianza di una giornalista italiana che vive in California con una regolare Green Card.

Stati Uniti e immigrazione. Parliamone. Vivo in California da quasi tre anni, da ‘legal resident alien’, immigrato residente, ma ottenere questo ‘titolo’ e’ tutt’altro che facile. Anche se il tuo Paese d’origine e’ l’Italia e anche se hai tutte le buone intenzioni. Il mio e’ un caso particolare, nel senso che io e mio marito abbiamo tecnicamente ‘vinto’ la green card attraverso la Diversity Lottery, un sistema che in sintesi funziona cosi’: gli Stati Uniti mettono a disposizione ogni anno circa 50 mila green card che vengono assegnate ad estrazione pescando da un bacino di domande inviate via web da tutto il mondo. Per partecipare basta essere maggiorenne, avere un titolo di studio parificato al College (laurea) o svolgere un lavoro professionale certificato da almeno 10 anni (c’e’ una lista di tali professioni sul sito del governo). Dopo aver inviato la richiesta dimostrando di possedere tali requisiti, il Governo estrae i 50 mila fortunati tra gli oltre 14 milioni che ogni anno partecipano alla Lottery.

Si chiama Diversity Lottery perche’ lo Stato, per garantire e preservare la diversita’ culturale ed etnica, ogni anno decide quante green card rilasciare per ogni Nazione a seconda dei flussi migratori. Se sei stato estratto, gli uffici governativi svolgono i controlli di rito sul tuo conto e ti contattano. A questo punto, voi penserete, è fatta, prepari le valige e ti aspettano a braccia aperte alla dogana. No, non funziona così, non basta aver avuto la fortuna di essere lo 0,001 per cento dei partecipanti (ci sono meno chance di vincere la lotteria Italia!). Dal momento in cui vieni a conoscenza di essere stato selezionato al momento in cui hai effettivamente la green card e puoi fare ingresso nel Paese, passano due anni. 

Due anni in cui gli Stati Uniti vogliono sapere tutto di te. Quali scuole hai frequentato da quando sei nato, compreso l’asilo, con date di inizio, di termine e indirizzi. Chi sono i tuoi genitori, che lavoro fanno, dove hanno abitato nella loro vita da quando sono nati con date e indirizzi. Se hai sorelle e fratelli, lo stesso. Quali professioni hai svolto, con date, luoghi e referenti, dove hai vissuto, se hai commesso reati (certificato penale), i tuoi viaggi all’estero (timbri sul passaporto). Vogliono sapere quanti soldi hai sul tuo conto in banca, quali sono i tuoi piani per quando ti trasferirai negli Usa, che lavoro farai, se hai già dei contatti. Vogliono essere sicuri che tu sia sano e non basta che ti procuri un certificato medico, vogliono che tu vada in un ospedale indicato da loro, che ti faccia visitare dai loro medici, che ti sottoponga a esami del sangue, delle urine e a radiografie del torace. Vogliono sapere se ti hanno vaccinato da piccolo, devi dimostrare di aver ricevuto un elenco di vaccinazioni. Se non puoi dimostrarlo (perche’ hai perso il libretto delle vaccinazioni o non l’hai mai avuto), ti devi sottoporre alle vaccinazioni obbligatorie che loro stabiliscono. Tutte insieme, lo stesso giorno (chiedete a mio marito l’effetto che fa l’antipolio, l’antiepatite, l’anti TBC, l’anti morbillo in un unico mix! Io per fortuna avevo ancora il certificato dell’ASL, un libretto di cartone che sta per disintegrarsi, ma che hanno tenuto valido).

Se ti rifiuti? Non ottieni la green card. Se risulta dalle analisi mediche che hai una malattia cronica o peggio che ti droghi? Non ottieni la green card. Tutti questi controlli sono infatti antecedenti all’ultimo step: il colloquio in ambasciata. Il Console deputato prende in esame il tuo caso (un faldone di qualche chilo contenente la tua vita passata, presente e futura), ti fa alcune domande e a suo insindacabile giudizio decide se rilasciare o no il permesso. Potrebbe anche accadere, ed è successo, che seppur tu sia sano, abbia la fedina penale pulita e nessun apparente motivo per essere rifiutato dagli Stati Uniti, il Console decida di non rilasciare il visto senza essere tenuto a dare spiegazioni a nessuno se non al suo Paese. 

Ricordo ancora il momento in cui mi trovai, all’Ambasciata americana di Napoli, davanti all’uomo che avrebbe deciso il destino (almeno geografico) mio e di mio marito, dopo essere stati esaminati come animali da allevamento e debitamente vaccinati. Cosa pensai? Che non era affatto piacevole, ma che era giusto così. Pensai che in fondo quell’uomo stava proteggendo il suo Paese, voleva essere sicuro di ammettere immigrati che potessero arricchire e far crescere gli Stati Uniti senza pesare sul welfare. Alla fine ci disse: “Siamo onorati che vogliate dare il vostro contributo al benessere del nostro Paese. Benvenuti negli Stati Uniti” e ci fece giurare sulla bandiera a stelle e strisce di non arrecare offesa alcuna al suo Paese. 

Oggi, a distanza di quasi 3 anni da quel momento, posso dire di aver sentito molte storie di immigrazione qui negli Usa. Amici, amici di amici, colleghi, tutte storie con un unico denominatore: gli Stati Uniti non scherzano con l’immigrazione. Ci saranno sicuramente molti clandestini anche qui, io vivo a San Diego, a pochi chilometri dal confine con il Messico, quindi il problema è proprio sotto i nostri occhi. Ma se non vuoi fare il giardiniere in nero e vuoi davvero lavorare in questo Paese, avere una casa, un conto in banca, un’automobile, devi avere i documenti in regola e soprattutto devi rispettare le regole. Esemplari due casi che voglio condividere in questo breve racconto della mia esperienza con la legge di immigrazione americana: una studentessa brasiliana e uno studente italiano. La ragazza, nostra conoscente, era in possesso del visto da studente ma aveva affittato un appartamento a Los Angeles per un periodo superiore alla durata del visto. Semplicemente perche’ aveva intenzione di provare a ottenere un visto lavorativo o a estendere il visto studente in futuro. Facendo un controllo su di lei gli uffici dell’immigrazione si accorsero della discrepanza e non appena lei lasciò il Paese per far visita ai suoi genitori in Brasile, non le permisero più di fare ritorno. A Los Angeles lei aveva appartamento, corso di studi lasciato a metà, auto, effetti personali. Bandita dagli Usa per 3 anni. Non ammessa nemmeno come turista.

La stessa cosa è capitata allo studente italiano che durante la sua permanenza legale negli Usa fu fermato una volta dalla Polizia, mentre guidava la sua auto. Fu colto con il tasso di alcol nel sangue superiore ai limiti consentiti perche’ si era bevuto una birra di troppo. Guidare in stato di ebbrezza in California è reato penale. Lo studente fu arrestato, trascorse una notte in galera, pagò la multa, fece il percorso formativo obbligatorio per riavere la patente e chiuse la questione. Dopo sei mesi torno’ in Italia per visitare la famiglia. A Milano Malpensa, al momento di imbarcarsi sull’areo per fare rientro negli Usa, gli impedirono di salire. Motivazione: gli Stati Uniti ti negano l’accesso per 3 anni, per colpa di una birra di troppo che ti ha macchiato la fedina penale. Quindi, se c’e’ una cosa certa riguardo all’immigrazione negli Usa, e’ che ci sono regole rigide che vengono fatte rispettare. Al minimo sgarro sei fuori. D’altra parte, fareste entrare in casa vostra qualcuno di cui non potete fidarvi?

*Wine journalist and blogger laurawines.com lauradonadoni.com