Belgio, Spagna, Italia, nuovi vescovi tendenza Francesco
Il nuovo arcivescovo di Bruxelles, mons. Jozef De Kesel, è il delfino del cardinale Danneels, punta di diamante del cattolicesimo progressista. Sulla stessa linea il nuovo arcivescovo di Barcellona, Juan José Omella. Così come prima di loro le ultime nomine italiane.
Infine il cardinale Danneels ce l'ha fatta a vedere un suo delfino, mons. Jozef De Kesel, succedergli come primate del Belgio. Ha dovuto attendere cinque anni, ma può essere felice del risultato. Qualcuno si aspettava mons. Johann Bonny, attuale vescovo di Anversa, padre al recente Sinodo ordinario insieme a Danneels, e noto alle cronache per le sue posizioni d'avanguardia sui temi più caldi del dibattito ecclesiale. Ma a spuntarla è stato appunto De Kesel, ritenuto con posizioni più sfumate rispetto a quelle del confratello Bonny, ma pur sempre conosciuto per essere di vedute “progressiste” e grande specialista della teologia (problematica) del luterano Rudolf Bultmann.
La nomina è arrivata ieri, dopo che lo scorso giugno le dimissioni di mons. Joseph Leonard, per raggiunti limiti di età, furono accettate in tempi record dalla Santa Sede.
La nomina di De Kesel è stata salutata in anticipo sulla stampa belga con editoriali dal titolo: “Hanno amato Danneels, adoreranno De Kesel”, giusto per sottolineare il legame tra i due. Il cardinale Danneels è conosciuto per essere un grande rappresentante dall'ala più liberal della Chiesa cattolica, e recentemente, in occasione della pubblicazione di una sua biografia, è uscito apertamente il suo ruolo giocato in un gruppo di prelati “progressisti” che si autoconvocava in quel di San Gallo in Svizzera. Il cardinale l'ha simpaticamente chiamata “mafia di San Gallo”, un gruppo autorevole che comprendeva, tra gli altri, i cardinali Martini, Kasper e Murphy O'Connor.
Nel 2010 lo smacco per la nomina a vescovo di Bruxelles di mons. Leonard da parte di Benedetto XVI fu bruciante, tanto che l'allora nunzio in Belgio, Karl-Josef Rauber, dichiarava alla rivista italiana Il Regno che “in alto hanno voluto così”. “Non lo vedo del tutto adatto per Bruxelles”, chiosava Rauber su Leonard. “Avrei preferito un ausiliare di Danneels”, come, appunto, era De Kesel.
La nomina di Leonard fu una cocente sconfitta per l'ex primate Danneels, e più in generale per una Chiesa belga da anni orientata su posizioni decisamente liberali e a favore di una devolution di potere alle Chiese locali. Inutile ricordare che la Chiesa del Belgio non sta attraversando un momento molto florido, sia in termini di partecipazione ai sacramenti (il numero di battezzati è in costante e drammatico calo), sia in termini di vocazioni. Inutile dire che Leonard si collocava in discontinuità rispetto alla linea pastorale prevalente in quelle terre e che perdura, più o meno incessantemente, dagli anni '60 del secolo scorso.
Mons. De Kesel, invece, è sempre stato considerato come un naturale successore di Danneels, desideroso di aprire ancora di più la Chiesa alla cultura contemporanea, anche nell'ottica di un percorso ecumenico. E ieri nelle prime dichiarazioni ai giornalisti da arcivescovo di Bruxelles si è subito confermato: «La Chiesa - ha detto - deve essere più aperta nei confronti delle persone omosessuali, questa è la mia convinzione personale. Il rispetto per gli altri è un valore evangelico. È importante impegnarsi nella società, penso ad esempio alla questione dei rifugiati».
Insieme alla nomina del nuovo primate del Belgio, ieri è stata annunciata anche la nomina del nuovo arcivescovo di Barcellona in Spagna. In questo caso si tratta di mons. Juan José Omella, attuale vescovo di Calahorra, che va a sostituire il pensionando cardinale Lluís Martínez Sistach. Il nuovo arcivescovo di Barcellona, commentano i giornali spagnoli, «è molto vicino alla linea pastorale» di Francesco, e conta sull'appoggio di alcuni prelati dell'immediato entourage di papa Bergoglio, come il card. Maradiaga, membro fondamentale del cosiddeto C9, e del cardinale Stella, prefetto della congregazione per il Clero.
Queste nomine si aggiungono a quelle recenti di due importanti diocesi italiane, Palermo e Bologna. Le due nomine italiane sono state salutate dalla stampa come quelle di “due preti di strada”, don Corrado Lorefice e mons. Matteo Maria Zuppi, per sottolineare il legame preciso con il tipo di pastore prediletto da Francesco. Il nuovo arcivescovo di Palermo fino all'altro ieri faceva il parroco a Modica, così come è stato per la nomina del nuovo vescovo di Padova, dove è si è insediato un prete mantovano che era stato impegnato anche alla Caritas, mons. Cipolla. Il nuovo arcivescovo di Bologna, mons. Zuppi, invece, aveva già un ruolo vescovile in qualità di ausiliare di Roma, ma la sua storia lo vede da sempre legato agli ultimi e ai poveri, grazie anche al suo impegno nella Comunità di S.Egidio. Mons. Corrado Lorefice, invece, è accreditato anche per aver pubblicato un volume sull’apporto di Dossetti e Lercaro alla discussione sulla povertà nel Concilio Vaticano II.