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SIRIA

Aleppo, i ribelli alle corde. Il dramma dei civili

Macerie, devastazioni, ospedali colpiti, appelli delle ong in difesa della popolazione civile. Ci siamo talmente abituati ad ascoltare questo genere di notizie in arrivo da Aleppo da non accorgerci che la guerra in Siria è giunta in questi giorni a una svolta. L'ago della bilancia sembra pendere oggi dalla parte di Assad.

Esteri 04_08_2016
Devastazione e macerie ad Aleppo

Macerie, devastazioni, ospedali colpiti, appelli delle ong in difesa della popolazione civile. Ci siamo talmente abituati ad ascoltare questo genere di notizie in arrivo da Aleppo da non accorgerci che la guerra in Siria è giunta in questi giorni a una svolta. 

Dal 17 luglio la situazione sul terreno è radicalmente mutata: consolidando l'avanzata che va avanti ormai da mesi, l'esercito siriano - con l'appoggio fondamentale dell'aviazione russa e delle milizie sciite - è riuscito a pendere il controllo di Castello Road, la strada che collegava i quartieri est di Aleppo con le altre zone della Siria nelle mani delle forze anti Assad. Questo ha capovolto completamente la situazione: dopo quattro anni ad Aleppo adesso sono le aree nelle mani delle milizie jihadiste ad essere assediate. 

Non solo: l'avanzata dell'esercito qualche giorno fa ha raggiunto anche il quartiere di Bani Zeid, quello da cui i ribelli martellavano con i razzi e le micidiali bombole del gas trasformate in ordigni le zone controllate dal governo di Damasco (prendendo di mira spesso e volentieri anche le chiese). Testimonianze delle comunità cattoliche locali parlano significativamente di soldati accolti come liberatori.

L'ago della bilancia sembra dunque pendere oggi in maniera considerevole dalla parte di Assad, che se dovesse vincere la battaglia di Aleppo non solo riprenderebbe il controllo della seconda città della Siria, ma farebbe un passo avanti probabilmente decisivo verso la vittoria della guerra. Non stupisce, dunque, che il fronte ribelle non stia a guardare: da domenica una coalizione di 22 gruppi formata complessivamente da circa 6mila combattenti ha lanciato l'offensiva più consistente nell'area di Aleppo da quando nel 2012 i ribelli assunsero il controllo di metà della città. 

Evidente l'intento: spezzare l'assedio, tornando a propria volta a mettere in difficoltà i rifornimenti verso le aree controllate dai governativi. A distanza di tre giorni, però, pare che la manovra si stia rivelando inefficace: dopo una prima avanzata favorita dall'esplosione di tunnel scavati sotto le linee nemiche, tra martedì e ieri una controffensiva dell'esercito siriano sembrerebbe aver fermato le milizie jihadiste.

In un contesto come quello di Aleppo è ancora presto per dire che il fronte anti Assad abbia definitivamente perso questa battaglia. Però, appare evidente che il vento non sta soffiando dalla sua parte. Così l'unica arma che oggi hanno in mano i ribelli è sbandierare la questione umanitaria, che senza dubbio è reale: la mancanza di realismo politico dei ribelli e dei loro partner internazionali ha portato la resa dei conti finali dentro ad Aleppo. E il risultato è che lo scontro avviene sulla pelle di 250 mila civili che oggi vivono nelle aree assediate. 

I russi si sono impegnati a garantire dei corridoi umanitari per farli uscire, ma senza una tregua almeno temporanea è evidente che si tratta di una soluzione debole (come ieri hanno denunciato 39 ong siriane e internazionali). Ma il punto è: si può chiedere ai governativi di fermarsi mentre dall'altra parte si attacca per rompere l'assedio? La verità è che il futuro dei civili intrappolati nei quartieri est di Aleppo dipenderà molto da quanto avverrà nei prossimi giorni in Russia. Martedì 9, infatti, è in calendario il vertice più atteso di questa caldissima estate 2016: quello tra Vladimir Putin e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. 

Scampato al tentato golpe di alcune settimane fa, l'uomo forte di Ankara ha infatti subito spinto sull'acceleratore nel riavvicnamento con Mosca. Fonti turche sono arrivate addirittura ad attribuire agli immancabili ambienti gulenisti la responsabilità dell'abbattimento dell'aereo russo che qualche mese fa aveva portato i due Paesi ai ferri corti. In rotta di collisione con Washington (che accusa neanche troppo velatamente di aver manovrato i golpisti), Erdogan oggi gioca di sponda con Mosca. Ma Putin, ovviamente, è pronto a riscuotere un prezzo; e in questo momento non è certo disposto a chiudere gli occhi sul sostegno che Ankara continua a offrire al fronte anti Assad, che proprio l'altro giorno ha abbattuto un elicottero russo nell'area di Idlib. 

Un compromesso su Aleppo potrebbe essere oggi una soluzione vantaggiosa per entrambi. Intanto, nelle ultime settimane sono ricominciati gli screzi tra l'esercito siriano e le milizie curde; altro indizio di equilibri che nel nord della Siria potrebbero cambiare anche in maniera molto rapida.