Al Sinodo giovani anche i nomi della "filiera" McCarrick
Non si può non guardare perplessi a certe nomine pontificie al Sinodo dei Giovani. A quella del card. Cupich di Chicago, un uomo della filiera di nomine di McCarrick, che ha dichiarato che il Papa ha cose più importanti di cui occuparsi della denuncia di mons. Viganò. Oppure quella del card. Joe Tobin, arcivescovo di Newark, pupillo ed erede di McCarrick in quella diocesi, che ha ammesso candidamente di non aver dato peso alle voci e alle denunce sui misfatti di McCarrick perché gli sembravano incredibili. E poi il card. Marx, e l’arcivescovo Paglia e molti altri...
Oggi in Vaticano viene presentata Episcopalis Communio, una nuova Costituzione pontificia sulla struttura del Sinodo dei Vescovi. Ed è ormai imminente l’apertura del Sinodo sui Giovani, un evento che inevitabilmente non potrà non risentire del clima drammatico che sta vivendo la Chiesa in questi giorni. Lo tsunami delle rivelazioni sugli abusi sessuali, e in particolare sulle nefaste conseguenze dell’omosessualità pervasiva e aggressiva presente nel clero a ogni livello. Tanto che da parte di diversi vescovi si era proposto che il Sinodo stesso venisse cancellato e sostituito da un Sinodo straordinario focalizzato proprio sul problema degli abusi.
Vedremo che cosa dirà la nuova Costituzione. Ma appare chiaro, dopo i due Sinodi sulla Famiglia del 2014 e del 2015, e dopo l’annunciato Sinodo del 2019 centrato sull’Amazzonia, che questo genere di riunioni ha cambiato in maniera sottile, ma radicale forma e scopo. Se i Sinodi pre-Francesco avevano come scopo – a costo anche di una certa dispersività – di far emergere voci numerose e problemi magari poco noti, dal Sinodo sulla Famiglia, organizzato, preparato e condotto dalla regia del card. Baldisseri si è visto che in realtà questi mega eventi sono funzionali a un’agenda ben precisa, voluta e condotta dall’alto. E servono, in ultima analisi, a creare il substrato per documenti – vedi Amoris Laetitia – in buona sostanza preconfezionati, a cui il contributo dei Padri sinodali appare puramente cosmetico. Come non ricordare la candida confessione dell’arcivescovo Forte, il colloquio confidenziale con il Pontefice? "Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati risposati – ha riportato Mons. Forte riferendo una battuta di Papa Francesco – questi non sai che casino che ci combinano. Allora non ne parliamo in modo diretto, fa in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io". Dopo aver riportato questa battuta lo stesso Forte ha scherzato dicendo: "Tipico di un gesuita".
Vedremo che cosa dirà la nuova Costituzione anche in materia di trasparenza. Nei Sinodi pre-Francesco dei vescovi erano noti gli interventi, orali e scritti. Non solo: i responsabili dell’informazione vaticana tenevano briefing, divisi per lingua, in cui riportavano gli interventi dei Padri Sinodali verbatim. Con la gestione Baldisseri sono scomparsi gli interventi in bollettino, e il briefing era una specie di sommario, un elenco di temi senza nomi. Cioè l’esatto contrario della trasparenza e della chiarezza. Non a caso Thomas Andonie, responsabile della Federazione della gioventù cattolica tedesca, ha chiesto proprio questo, cioè trasparenza: “Sì, perché vediamo con grande tristezza che non è né trasparente né aperto, anche se ciò era stato chiesto esplicitamente nella fase pre-sinodale. Non è noto chi sarà aggiunto come consultore dei vescovi, se ci saranno dei giovani e con quale procedura saranno scelti. È molto importante che i giovani rappresentanti non solo diano consigli, ma siano anche coinvolti nelle deliberazioni. È una richiesta avanzata sul piano mondiale da giovani impegnati e legati alla Chiesa. Sarebbe un semplice passo, e i vescovi dovrebbero interrogarsi e cambiare qualcosa”.
La paura è che nonostante l’ondata di scandali che squassa la Chiesa, dal Cile agli Stati Uniti, dalla Germania all’Australia e all’Olanda e all’Honduras, la tentazione nella cupola di governo è di tornare al “business as usual”, alla gestione di sempre, incassando nel silenzio scandali e rivelazioni, senza rendersi conto – o avere la forza e il coraggio di rendersi conto – della perdita di credibilità e di fiducia che questo atteggiamento provoca in un numero sempre crescente di cattolici.
Così non si può non guardare perplessi a certe nomine pontificie al Sinodo dei Giovani. A quella del card. Cupich di Chicago, per esempio; un uomo della filiera di nomine di McCarrick, che ha dichiarato che il Papa ha cose più importanti di cui occuparsi della denuncia di mons. Viganò, l’ambiente e le migrazioni. Oppure quella del card. Joe Tobin, arcivescovo di Newark, pupillo ed erede di McCarrick in quella diocesi. Che ha ammesso candidamente di non aver dato peso alle voci e alle denunce sui misfatti di McCarrick perché gli sembravano incredibili. E poi il card. Marx, e l’arcivescovo Paglia…Tornando al tema dell’agenda, c’è da chiedersi quale agenda si voglia imporre al Sinodo dei Giovani. Dopo Dublino, e vista la presenza di eminenze ed eccellenze facilmente ascrivibili alla corrente filosofica pro-omosessuale nella Chiesa non è arrischiato mettere fra i possibili obiettivi anche un altro piccolo o grande passo verso la “normalizzazione” dell’omosessualità e dei rapporti omosessuali, purché stabili ed amorosi, ovviamente. Il vento da Santa Marta sembra soffiare in quella direzione. Nei fatti, non nelle dichiarazioni. Speriamo di sbagliarci.