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LA GUERRA PIU' LUNGA

Afghanistan, 5000 uomini in più non cambiano nulla

Gli Usa in Afghanistan cambiano ancora rotta. Si ferma il piano di ritiro graduale deciso da Obama, altri 5mila uomini torneranno a combattere nel martoriato paese. Anche la Nato darà il suo contributo. Pessimismo nell'intelligence Usa sul futuro del conflitto, i rinforzi potrebbero non bastare a contenere i talebani.

Esteri 13_05_2017
Pattuglia Usa in Afghanistan

Prima l’invasione alla fine del 2001, poi il rafforzamento dei contingenti Usa e Nato fino a 140 mila uomini (100 mila dei quali statunitensi) per sconfiggere i talebani, per poi procedere, con Barack Obama, al ritiro delle truppe dall’Afghanistan poiché le forze governative afghane – così diceva anni or sono la propaganda NATO - avevano acquisito ampie autonomie operative per contrastare i talebani. Ora un nuovo contrordine viene dall’Amministrazione Trump: stop al ritiro e alla missione di addestramento e consulenza si aggiungeranno nuove forze USA da combattimento. 

Donald Trump sta pensando di inviare per la prima volta in diversi anni altri soldati, almeno 3mila, riferiscono fonti del Pentagono, secondo cui si potrebbe arrivare anche a 5mila uomini. Il Segretario alla difesa, il generale James Mattis, ha lavorato alla proposta con il Capo di Stato Maggiore Joseph Dunford con il supporto del consigliere per la sicurezza nazionale, il generale H.R. McMaster. La saga della guerra afghana continua quindi alternando strategie USA contraddittorie e per questo ormai rivelatesi prive di senso. 

Gli Stati Uniti "debbono fare qualcosa di completamente diverso" da quanto fatto finora in Afghanistan, come inviare al fronte a combattere i 'consiglieri militari' (8.400 soldati al momento nel Paese) o si rischia che ogni metro conquistato finora nella più lunga guerra della storia Usa vada perduto e alla fine a Kabul tornino al potere i talebani. A lanciare l'allarme è il direttore dell'intelligence militare (Dia), il generale a 3 stelle dei Marine, Vincent Stewart, proprio mentre il Pentagono ha chiesto al presidente Donald Trump di inviare almeno 3.000 soldati di rinforzo nel Paese. Secondo Stewart l'attuale situazione di "stallo potrebbe alla fine degenerare a favore del nemico". 

Ancor più pessimista il superiore di Stewart, il direttore della National Intelligence (che coordina le 17 agenzie di spionaggio Usa), Dan Coats per il quale “la situazione politica e la sicurezza in Afghanistan quasi sicuramente peggiorerà nel 2017 anche con il modesto incremento di truppe Usa e dei loro alleati". Per Coats, ascoltato dalla commissione Intellligence del Senato, "l'Afghanistan continuerà a non riuscire a ridurre la dipendenza dalle forze esterne fino a quando non riuscirà a contenere i talebani o raggiungerà un accordo di pace con loro". Un tema, quello dei negoziati coi talebani, che si trascina da almeno dieci anni senza risultati concreti. 

La situazione sul terreno e i progressivi successi talebani sono stati efficacemente fotografati da Marco Leofrigio in un recente articolo su Analisi Difesa. “Nella prima metà del 2016 il governo afgano ha perduto il controllo del 5% del paese, arrivando a controllare solo il 65,6%. I talebani, come denunciato anche dal SIGAR (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction), sono giunti a controllare un territorio esteso come non mai in precedenza dopo il 2001 quando l’Operazione anglo-americana Enduring Freedom fece cadere il loro regime. Questo situazione così critica ha imposto a Barack Obama di rinunciare al piano di ritiro di altri 5mila soldati. Nella seconda metà del 2016 altro terreno è stato perso, con il governo afgano che arrivava a solo il 57% del paese, ma questa percentuale di controllo si è ridotta ulteriormente con la recentissima caduta del distretto di Sangin, nell’Helmand, una perdita simbolica per tutta la coalizione anti-talebani”. 

E il futuro il coordinatore dell'intelligence Usa non è certo ottimista e ritiene che "i talebani probabilmente continueranno a guadagnare terreno specialmente nelle zone rurali" aggiungendo che gli sforzi per rafforzare le truppe afghane non hanno portato ai risultati sperati: "La prestazione delle forze di sicurezza afghane probabilmente peggiorerà per il combinato disposto delle operazioni dei talebani, delle vittime dei combattimenti, per le diserzioni, lo scarso sostegno logistico e l'inefficienza dei vertici".  

Gli Usa hanno 8.400 soldati in Afghanistan (2.500 assegnati all’operazione antiterrorismo Freedom Sentinel e gli altri con la missione di consulenza NATO Resolute Support) sui 13.300 totali del contingente Nato di cui gli italiani sono 950 e altrettanti i tedeschi. Di rinforzi da inviare nuovamente in Afghanistan si parla anche nell’ambito dell’Alleanza Atlantica e presto i nodi verranno al pettine obbligando i Paesi europei a seguire o meno gli americani nell’ennesima inconcludente e schizofrenica rivisitazione della strategia afghana in cui ogni decisione assunta vanifica quella precedente. 

Potrebbero servire "alcune migliaia di soldati in più" in Afghanistan ha detto il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg al termine dell'incontro a Londra con la premier britannica Theresa May precisando che non saranno impegnati in combattimento. Il segretario ha affermato che una decisione definitiva sarà presa nelle prossime settimane e che tutti i Paesi dell'alleanza, inclusa la Gran Bretagna, sarebbero invitati a dare il loro contributo. Le truppe si devono concentrare nell'addestramento delle forze locali afgane, definita "la risposta migliore che abbiamo contro il terrorismo" anche se finora non si è rivelata sufficiente. Tornare sul terreno con forze da combattimento significa infatti lottare per riprendere territori ora perduti ma per liberare i quali sono morti negli anni scorsi oltre 3.500 soldati alleati dei quali 2.400 statunitensi e 455 britannici. 

Intanto i talebani puntano nuovamente sulla città di Kunduz, nel nord del Paese, già espugnata dai jihadisti e poi riconquistata nel 2015 da governativi e alleati. Aspri scontri fra forze di sicurezza afghane e talebani sono in corso vicino alla città dove almeno cinque avamposti della polizia e dell'esercito sono assediati dagli insorti. Lo riferisce la tv Tolo di Kabul. Da una settimana a causa dei combattimenti la strada statale Kunduz-Takhar è stata chiusa al traffico e, secondo un giornalista dell'emittente televisiva afghana, i militanti talebani si trovano a circa 150 metri dall'ingresso del capoluogo nel quartiere di Charkhab, situato a un chilometro e mezzo dal centro cittadino. La situazione, secondo fonti militari locali, è di grande incertezza e le forze di sicurezza afghane apparentemente fanno fatica a contenere l'avanzata dei mujaheddin. 

Una buona notizia per Kabul giunge invece dal fronte della lotta allo Stato Islamico afghano, gruppo jihadista nemico di governo e talebani basato soprattutto nelle province orientali di Nangarhar e Kunar. Il capo del gruppo armato, ritenuto responsabile di una serie di sanguinosi attacchi tra cui quello all'ospedale militare di Kabul che nel marzo scorso provocò oltre 50 morti - sarebbe stato ucciso in Afghanistan a fine aprile. Lo hanno confermato il governo afghano e la Nato. Sheikh Abdul Hasib, leader del gruppo 'cugino' dell'Isis in Iraq e Siria, è morto in un'operazione congiunta delle truppe afghane e americane, lo scorso 27 aprile, nel sud della provincia di Nangarhar.