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choc in liguria

Toti arrestato, tra giustizia e politica ancora un corto circuito

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Che sia o no giustizia a orologeria, un dato è certo: l'arresto del Governatore ligure Toti dimostra che il finanziamento ai partiti, anche se legale, è un'arma in mano ai giudici perché possono fare leva su un nervo scoperto della politica. 

Politica 08_05_2024

Quando scoppiò lo scandalo della compravendita di voti in Puglia, che coinvolse alcune settimane fa i vertici regionali e il sindaco di Bari, ma anche amministratori di altri comuni limitrofi, qualcuno profetizzò sventure giudiziarie anche per altri politici di altre regioni. Ecco perché non tutti si sono stupiti delle notizie di ieri, cioè il terremoto che ha investito la politica ligure e in particolare il Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, arrestato (e ora ai domiciliari) nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Genova condotta dalla Guardia di Finanza. L’accusa per Toti è di corruzione. Misure cautelari anche per manager e imprenditori, tra i quali l’ad di Iren (gruppo energetico) Paolo Emilio Signorini e l’imprenditore Aldo Spinelli, già presidente delle società di calcio del Genoa e del Livorno. Fra gli arrestati anche Matteo Cozzani, capo di gabinetto di Toti.

Per il gip di Genova Paola Faggioni che ha firmato l’ordinanza, dalle condotte del governatore «traspare una evidente sistematicità del meccanismo corruttivo». In particolare, in occasione e in concomitanza delle quattro competizioni politiche che si sono susseguite nell'arco temporale dell'indagine (circa 18 mesi) - elezioni amministrative di Savona (ottobre 2021), elezioni amministrative di Genova (giugno 2022) elezioni politiche nazionali (25 settembre 2022) ed elezioni amministrative di Ventimiglia e Sarzana (maggio 2023), «Toti - si legge nell’ordinanza - pressato dalla necessità di reperire fondi per affrontare la campagna elettorale, ha messo a disposizione la propria funzione, i propri poteri e il proprio ruolo, in favore di interessi privati, in cambio di finanziamenti, reiterando il meccanismo con diversi imprenditori (gli Spinelli e Moncada)». In alcuni casi, si legge nell'ordinanza, «era lo stesso Toti, a chiedere esplicitamente il finanziamento, promettendo al privato comportamenti o provvedimenti a lui favorevoli o addirittura ricordandogli “di aver fatto la sua parte” e quindi di aspettarsi conseguentemente una "mano" in vista delle elezioni».

Nel provvedimento di oltre 650 pagine, si specifica inoltre che l'arresto ai domiciliari si lega al pericolo di reiterazione del reato. In particolare nei confronti di Toti paiono ricorrere le esigenze cautelari per «il pericolo attuale e concreto che l'indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri». «Tali esigenze cautelari sono desumibili, essenzialmente, dalle modalità stesse della condotta» e «dalla stessa sorprendente disinvoltura con cui Toti manifesta il proposito di ricorrere a richieste di denaro agli imprenditori, sfruttando la momentanea soddisfazione per gli obiettivi imprenditoriali realizzati anche in seguito al proprio intervento».

Come si dice in questi casi, la magistratura deve fare il suo corso. Tuttavia, alcune considerazioni si possono fare già ora. Anzitutto il tempismo della Procura di Genova, che pare avesse avviato l’indagine 4 anni fa, addirittura prima del Covid e ha ritenuto di dover prendere queste misure cautelari a un mese dalle elezioni europee e amministrative. Addirittura alcune irregolarità contestate risalgono alle elezioni del settembre 2020. E allora perché svegliarsi proprio ora? Giustizia a orologeria? In questi casi il sospetto affiora sempre, anche perché questa inchiesta consente ora alla Sinistra di respirare e di respingere l’assedio cui sembrava essere stata costretta dalle vicende giudiziarie pugliesi.

Ma la dietrologia non può fare velo ad altre considerazioni che anzi si impongono in questa particolare situazione. Bonifici ad un comitato elettorale da parte di imprenditori non possono non solleticare l’interesse di chi è chiamato a far rispettare la legge e quindi l’imparzialità della pubblica amministrazione. C’è stata forse ingenuità da parte di Toti e del suo entourage nel ricevere questi contributi oppure, come insinua qualcuno, addirittura si evidenzia un delirio di onnipotenza e una ostentazione di impunità rispetto a condotte che, se confermate, integrerebbero gli estremi di un vero e proprio “sistema Toti”.

Infine una riflessione sul finanziamento della politica. Vista l’indispensabilità di aiuti privati per campagne elettorali, il rischio corruzione cresce a dismisura ed è fisiologico che chi investe soldi per aiutare un politico si aspetti poi la restituzione delle attenzioni. Le procure hanno dunque nelle mani un’arma formidabile di lotta politica perché possono agevolmente fare leva su questo nervo scoperto, cioè la debolezza di una politica tendenzialmente squattrinata che può sopravvivere solo con benevole elargizioni di imprese e altri soggetti privati che poi passano all’incasso dopo il voto. Un meccanismo perverso che può agevolare anche la giustizia a orologeria: in qualunque momento, cioè, il pretesto per accusare qualche politico in carica si può trovare. A farne le spese, però, non sono solo i soggetti coinvolti, bensì le istituzioni rappresentative, in balìa di questo costante cortocircuito tra giustizia e politica.