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il caso

ReArm Europe, schiaffo della von der Leyen all'Europarlamento

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Si apre un conflitto tra Parlamento e Commissione dopo la volontà della von der Leyen di procedere senza tener in alcun conto la valutazione dell’organo giuridico del Parlamento sul fondo ReArm Europe. 

Esteri 26_04_2025

La Commissione europea è tanto democratica da rispettare le altre istituzioni, Stati, Governi nazionali e persino il Parlamento europeo, solo quando condividono pedissequamente le sue decisioni e le sue scelte, diversamente se ne frega. L’ultimo caso riguarda proprio lo sfottò rivolto al Parlamento europeo che mercoledì 23 aprile, con la sua Commissione giuridica (JURI) ha votato all’unanimità favore di un parere legale che respingeva il tentativo della Commissione di aggirare l'assemblea dei deputati eletti dai popoli europei, invocando l’art.122 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea) sul fondo di prestiti per il riarmo da 150 miliardi di euro, il cosiddetto ReArm europe.

Nonostante ciò la Commissione pare che voglia procedere senza batter ciglio. Il fondo ad hoc ha una dotazione da 150 miliardi di euro ed è stato introdotto nel quadro del più ampio piano ReArm europe da 800 miliardi, proposto da von der Leyen a inizio marzo che era stato approvato dallo stesso Europarlamento pochi giorni dopo con un’ampia maggioranza (419 voti a favore, 204 contrari e 46 astenuti), non si contesta quindi il fondo, piuttosto l’esclusione del Parlamento da ogni controllo e valutazione futura. 

Nello specifico si è respinta la “Proposta di Regolamento del Consiglio, che istituisce lo strumento di azione per la sicurezza dell'Europa (SAFE) mediante il rafforzamento dell'industria europea della difesa”, perchè l’articolo 122 non è applicabile in questo caso. L’art. 122 TFUE al par. 1, afferma: «Fatta salva ogni altra procedura prevista dai trattati, il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere, in uno spirito di solidarietà tra Stati membri, le misure adeguate alla situazione economica, in particolare qualora sorgano gravi difficoltà nell’approvvigionamento di determinati prodotti, in particolare nel settore dell’energia», mentre al par. 2 sancisce che «qualora uno Stato membro si trovi in difficoltà o sia seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato. Il presidente del Consiglio informa il Parlamento europeo in merito alla decisione presa». 

Nella prassi, questa norma è stata la base giuridica per importanti interventi delle istituzioni di reazione alla crisi economica finanziaria degli ultimi anni, ma ha sempre avuto una interpretazione molto restrittiva, per ovvie ragioni di rispetto della solidarietà e sussidiarietà. In questo caso della rincorsa agli armamenti ed al disarmo dei paesi europei, anche in considerazione che la proposta della Commissione fa derivare la sua iniziativa anche dalla guerra di invasione della Russia nei confronti dell Ucraina del febbraio 2022 e dunque di urgente oggi, a tre anni dal conflitto e senza alcuna formale implicazione europea, non c’è nulla.

Secondo il parere legale sostenuto dall'unanimità dei parlamentari, la base giuridica scelta dalla Commissione, che si richiama all'articolo 122 del trattato UE per accelerare l'approvazione del fondo e bypassare il Parlamento, non soddisfa la previsione dei poteri di emergenza e non ha una solida base giuridica, per essere autorizzata. Questo voto, non vincolante ma politicamente molto significativo anche per l’unanimità dei voti, potrebbe innescare uno scontro istituzionale e lasciare nelle fragili mani della presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, la decisione su come procedere. 

La Metsola potrebbe ora includere un dibattito sulla decisione presa dalla Commissione giuridica alla prossima riunione plenaria del parlamento dal 5 all’8 maggio, allo stesso tempo la stessa Metsola potrebbe scrivere una lettera formale alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e addirittura portare il caso alla Corte di giustizia dell'UE, visto il conflitto che si è aperto tra Parlamento e Commissione e la volontà della Commissione europea di procedere senza tener in alcun conto della valutazione dell’organo giuridico del Parlamento. 

Il piano ReArm Europe/Readiness 2030 si proponeva di spendere oltre 800 miliardi di euro attraverso l'uso di finanziamenti pubblici per la difesa a livello nazionale, la creazione di un nuovo strumento dedicato all'azione per la sicurezza in Europa (SAFE) e l'uso della Banca europea per gli investimenti e di capitali privati, il tutto dovrebbe essere finanziato anche con i 150 miliardi di prestiti che, attraverso l’interpretazione eccessivamente blanda dell’articolo 122 la Commissione, vuole gestire solitariamente.

Dopo gli scandali su Pfitzer, ONG ambientaliste, Qatar e Huawei e la sfrontata noncuranza verso ogni appello alla trasparenza, ora la Commissione dà prova di ancora più grave mancanza di rispetto istituzionale e, visti i precedenti scandali di malagestione di Ursula Von der Leyen quando era Ministro della Difesa tedesco dal 2013 al 2019, è bene che tutta la procedura e la gestione sia alla luce del sole e che il Parlamento europeo controlli e valuti con attenzione certosina ogni scelta e contratto.