Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Pascasio Radberto a cura di Ermes Dovico
sede vacante

La teologia di Francesco che poneva dubbi e temeva i “dubia”

Ascolta la versione audio dell'articolo

Sintesi del pontificato appena concluso è l'idea di Chiesa “in uscita” che attualizza tutto il percorso progressista post-conciliare. In uscita non per evangelizzare, ma per lasciarsi evangelizzare dal mondo.
- Quel legame misterioso tra papa Bergoglio e San Pio X, di Giacomo Guarini
- DOSSIER: La morte di papa Francesco

Ecclesia 26_04_2025
Foto Ufficio Stampa/LaPresse

In questi giorni si accavallano numerose interpretazioni del pontificato di Francesco, assieme ad auspici e previsioni per il dopo-conclave. In queste considerazioni, che pure assumono vari criteri e toccano diversi aspetti del papato, si nota una certa assenza, quella della teologia. Tra i tanti elementi che concorrono a qualificare un pontificato, va anche considerata la linea teologica che esso incarna e questo è da mettersi in relazione con la linea teologica diventata nel frattempo dominante nella Chiesa. Sarebbe cosa ben diversa se il prossimo conclave confermasse la linea teologica di questi dodici anni, o se da esso uscisse una linea correttiva.

Sulla teologia di Francesco è stato scritto molto. Considerando però la cosa per via sintetica, senza entrare nell’analisi specifica dei suoi “maestri” e dei punti di riferimento da lui stesso dichiarati, si può sostenere che questo papa ha portato a maturazione, soprattutto pratica, le principali istanze del progressismo teologico postconciliare, senza nemmeno più rifarsi troppo al Concilio.

Su molte questioni Francesco non ha dato risposte, ma ha posto dubbi e problemi. Ha anche accusato di rigidità quanti pretendevano ancora di ricorrere al papa per essere confermati nella fede. Ha invece spinto per l’inquietudine della fede, per la insoddisfazione e l’apertura al cambiamento, facendosi guidare dallo Spirito, come lui spesso diceva e scriveva. Non ha risposto ai dubia dei cardinali considerandoli malposti e legati ad una visione oggettiva e statica delle cose di Chiesa. Niente di nuovo in tutto questo: Karl Rahner aveva già presentato questa condizione: «La rivelazione naturale di Dio propriamente consiste nell’esistenza di Dio come domanda (non come risposta)», «L'esperienza della trascendenza si fa ponendo domande, ponendo un orizzonte finito di interrogazione».

Firmando il documento di Abu Dahbi sulla fratellanza umana, il 4 febbraio 2019, Francesco ha dichiarato che il pluralismo delle religioni è voluto da Dio. Anche qui niente di nuovo. Questa posizione era stata preparata da tempo dai teologi. Per limitarci ad uno di essi, ricordiamo quanto scriveva Claude Geffré nel 2001 nel suo libro Credere e interpretare: «Dobbiamo reinterpretare l’insieme dei testi della Scrittura nonché la testimonianza della tradizione cristiana a partire dalla nostra nuova situazione storica di un pluralismo religioso chiaramente insormontabile». Con queste affermazioni siamo anche più avanti di Gesù Cristo incontro alle religioni e della Teologia del pluralismo religioso di Jacques Dupuis. Del resto, anche Rahner diceva che la comunicazione di Dio all’umanità è pre-religiosa e quindi si è cristiani (anonimi) scegliendo qualsiasi religione.

Francesco ha riscritto il Catechismo per quanto riguarda la pena di morte. Il motivo addotto è stato che essa non è più accettata dalla sensibilità contemporanea. Geffré dice di prendere atto della situazione del pluralismo religioso per modificare la dottrina della Chiesa sulle religioni non cristiane, Francesco dice di prendere atto della sensibilità contemporanea sulla pena di morte per rivedere la dottrina della Chiesa su di essa. Il percorso è il medesimo: si parte dalla situazione storica di fatto esistente e alla luce di questa si riformula la dottrina. In questo modo anche Francesco ha recepito certe conclusioni estreme dell’ermeneutica teologica moderna che, attraverso Rudolf Bultmann, Edward Schillebeeckx e Claude Geffré (oltre a tanti altri) considera la conoscenza solo e sempre come interpretazione, e assegna al contesto esistenziale il valore di un luogo teologico esprimente la comunicazione di Dio.

A proposito dei “cristiani anonimi”, si nota che Francesco si è sempre rivolto a tutti e non prevalentemente ai cattolici, nell’idea che la comunicazione di Dio avviene dentro la storia umana del popolo, e soprattutto nei poveri. La Chiesa aveva così da imparare e non da insegnare, perché Dio era già all’opera nel mondo, come aveva scritto nel 1965 Harvey Fox nel suo famoso libro La città secolare. Anche l’enciclica Fratelli tutti evidenzia questa visione storica ed esistenziale della fratellanza umana, che precede e fonda quella legata al Sacrificio di Cristo. Rivolgendosi nei suoi discorsi ai movimenti popolari, Francesco non ha fornito criteri di valutazione della loro natura e del loro operato, li ha lasciati alle loro prassi abituali. Egli invita sempre solo ad andare avanti.

L’idea di Chiesa “in uscita” attualizza in sintesi tutto il percorso teologico progressista postconciliare. In uscita non più per evangelizzare ma per essere evangelizzata. Anche questa prospettiva non è per niente nuova, l’espressione era stata già adoperata dal Padre Chenu, l’inventore dei “segni dei tempi”.
Il “dentro tutti” nella Chiesa, che è diventato il principale slogan di questo pontificato, era già stato richiesto negli anni Settanta da Karl Rahner nel suo libretto La trasformazione della Chiesa come compito e come chance. È quindi un portato della teologia progressista postconciliare. Il testo della Laudato si’ è in dipendenza dalle dottrine di Leonardo Boff, già principale esponente della teologia della liberazione dirottatosi sul tema ecologico. La teologia del popolo, a cui Francesco si diceva molto legato, è legata alla teologia della liberazione di Gustavo Gutierrez con cui condivide la situazione esistenziale come luogo teologico, principio criticato da Benedetto XVI ad Aparecida nel 2007.

La politica di Francesco di aprire processi, favorire percorsi e condurre a contraddizioni dialettiche ha origine in Hegel, di cui il gesuita Georg Sans scriveva nel 2020 su La Civiltà cattolica, che «la teologia non deve più temerlo». L’annullamento della metafisica in teologia, presupposto fatto proprio dalla teologia postconciliare prevalente, è stato confermato in questo pontificato, anche nella costituzione Veritatis gaudium del 29 gennaio 2018 sulle università e facoltà ecclesiastiche.
Con Francesco i principali aspetti della teologia avanguardista sono stati assunti dai vertici della Chiesa. Se in futuro non cambia il quadro teologico di fondo, potranno mutare aspetti marginali ma non di sostanza.



APPUNTI PER I CARDINALI / 1

La Chiesa ora ha bisogno di riconciliazione, ma nella Verità

24_04_2025 Luisella Scrosati

Il primo criterio per la scelta del prossimo Papa è la verifica che abbia il senso dell’ufficio che dovrà assumere, senza protagonismi narcisistici e consapevole di essere a servizio dell’obbedienza alla fede.
- Francesco, il papa del post-Occidente e del post-sacrodi Eugenio Capozzi
- Un nuovo caso Becciu scombussola il prossimo conclave, di Maria d'Arienzo

APPUNTI PER I CARDINALI / 2

Tornare al vero significato della Misericordia di Dio

25_04_2025 Luisella Scrosati

Dio vuole sempre perdonare, è l’uomo che a volte resiste e lo rifiuta. Per questo non esiste un presunto dovere di assolvere sempre. Così il prossimo Papa dovrà correggere certe ambiguità ed errori.
- Lutto nazionale a orologeria, una "papale" contraddizionedi Ruben Razzante
- DOSSIER: La morte di papa Francesco

IL CASO

Il Papa in poncho, emblema di un pontificato

14_04_2025 Luisella Scrosati

L'ultima apparizione in San Pietro, che ha sconcertato il mondo, è l'ultima, eclatante, dimostrazione di come papa Francesco abbia vissuto il pontificato a servizio delle proprie idee, in totale contrasto con il suo predecessore. Una sistematica decostruzione del Papato.