Incertezza sui negoziati mentre i russi riprendono Kursk
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L'esito del colloquio in Vaticano fra Trump e Zelensky resta indefinito, mentre l'impressione è che l'Europa non colga la reale situazione del conflitto. Mosca non ha alcun interesse ad arretrare e per la prima volta ammette il ruolo delle truppe nordcoreane.

Nulla di definito circa i possibili accordi mediati dagli Stati Uniti per giungere al più presto a un cessate il fuoco sui fronti ucraini dopo l’incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky a Roma in occasione dei funerali di papa Francesco. Il portavoce del Cremlino Dimitri Peskov ha detto ieri che è impossibile discutere pubblicamente i dettagli dell'accordo, commentando le notizie di stampa che riportano i presunti dettagli dell'intesa. «Vi sono molti resoconti sui mezzi di comunicazione, ma una sorta di discussione pubblica di tutte queste sfumature è impossibile e raramente i dettagli riportati dalla stampa rispondono a verità».
In vista della ricorrenza per gli 80 anni dalla sconfitta del nazismo il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato un cessate il fuoco di tre giorni in Ucraina dalle 6 di mattina dell'8 maggio alle 23 del 10 maggio. Iniziativa subito respinta dal ministro degli Esteri ucraino Andriy Sybiha. «Se la Russia vuole davvero la pace, dovrebbe immediatamente cessare il fuoco. L'Ucraina è pronta a sostenere un cessate il fuoco completo, duraturo e a lungo termine. E questo è ciò che proponiamo costantemente, almeno per 30 giorni».
Mentre in Europa molti sostengono che sia la Russia a dover accettare il cessate il fuoco proposto da Kiev, l’impressione è che ancora non venga colta la reale situazione militare che influenza in modo brutale il contesto diplomatico.
I russi stanno vincendo una guerra che sarebbe interesse di Ucraina ed Europa interrompere prima che le forze ucraine collassino e i russi dilaghino, senza escludere il rischio di ammutinamenti delle truppe di Kiev, duramente provate dalle continue sconfitte e dalle altissime perdite. In questo contesto Mosca può accettare 30 giorni di tregua che favorirebbero solo le esauste forze ucraine solo in cambio del riconoscimento da parte di Kiev del controllo russo su Crimea e le 4 altre regioni ucraine annesse alla Federazione Russa con i referendum del settembre 2022.
Ieri il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov lo ha ben precisato in un’intervista al giornale brasiliano O Globo. La Russia ha posto come precondizione per i negoziati con l'Ucraina il riconoscimento internazionale dell'annessione della Crimea e di altre quattro regioni, dopo che Donald Trump ha affermato di ritenere che Volodomyr Zelensky sia pronto a rinunciare alla Crimea, nonostante le smentite del presidente ucraino.
«Il riconoscimento internazionale dell'appartenenza della Crimea, della Repubblica popolare di Donetsk, della Repubblica popolare di Lugansk, della regione di Kherson e di quella di Zaporižžja alla Russia è imperativo», ha dichiarato Lavrov al quotidiano brasiliano O Globo.
La regione di Donetsk è sotto controllo russo per il 73%, quella di Kherson per il 59%, Zaporižžja per il 47% e Putin potrebbe annunciare alla Parata della Vittoria del 9 maggio il totale controllo sulla regione di Lugansk. Le truppe russe controllano anche territori più limitati come estensione nelle regioni ucraine di Sumy e Kharkiv, dove sono penetrate da nord dal confine russo e da est dalla regione di Lugansk e dove ieri hanno assunto il controllo del villaggio di Kamenka.
Il rifiuto di Kiev di accettare le cessioni territoriali rende vano il dibattito in atto e questo spiega la frustrazione di Trump che alterna minacce e apprezzamenti a Putin come a Zelensky. L’Ucraina ha bisogno di guadagnare tempo e spera in un mese di tregua per puntellare le traballanti difese. La Russia ha il tempo dalla sua parte ma non intende concederne agli ucraini se non a fronte delle concessioni che Mosca ha sempre preteso da quando è iniziato il conflitto.
Donald Trump desidera vedere «un cessate il fuoco permanente», il presidente degli Stati Uniti è «sempre più frustrato» con Putin e Zelensky, ha detto ieri la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt.
Di fatto Trump non riesce a convincere gli ucraini ad accettare di non entrare nella NATO e cedere il 21 per cento del loro territorio, oggi controllato da Mosca, ma non riesce neppure a convincere i russi a concedere 30 giorni di tregua in assenza di contropartite rilevanti. Una “frustrazione” che dimostra con quanta faciloneria Trump avesse affermato prima del suo insediamento alla Casa Bianca di poter risolvere il conflitto in Ucraina in 24 ore.
In realtà i russi non hanno alcun motivo per arretrare dalle loro posizioni. La guerra la stanno vincendo mentre l’Ucraina (insieme a UE e NATO), la sta perdendo. L’ultima disfatta le forze di Kiev l’hanno subita nella regione russa di Kursk da cui dopo 264 giorni di duri combattimenti sono state cacciate.
Il territorio della regione di Kursk, così come le aree di confine tra la regione ucraina di Sumy e quella russa di Belgorod, sono state completamente riconquistate dalle forze militari russe che hanno ripristinato il controllo sulla totalità del territorio nazionale. Il 26 aprile il completamento della riconquista della regione di Kursk, invasa per poco più di mille chilometri quadrati dagli ucraini nell’agosto 2024, è stato ufficializzato con il rapporto al presidente Vladimir Putin del Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate russe Valery Gerasimov.
«Oggi, l'ultimo insediamento sul territorio della regione di Kursk, il villaggio di Gornal, è stato liberato dalle truppe ucraine. Pertanto, la disfatta delle formazioni armate ucraine che avevano lanciato un'incursione nella regione di Kursk è stata completata», ha dichiarato Gerasimov.
«Le perdite totali delle formazioni armate ucraine ammontano a oltre 76.000 soldati, tra morti e feriti. In realtà, l'intero gruppo tattico originale del nemico è stato eliminato, se non di più. Più di 7.700 sistemi d'arma sono stati distrutti», ha aggiunto.
Come è già accaduto molte volte in passato quando gli ucraini cedevano territori, Kiev non ha riconosciuto la sconfitta né ammesso che le sue truppe sono state costrette a ritirarsi sul confine nazionale benché anche gli analisti più vicini a Kiev e le mappe dell’Institute for the Study of the War confermino la completa cacciata delle forze ucraine dal territorio di Kursk.
«L'operazione difensiva delle Forze di Difesa ucraine in alcune aree della regione di Kursk continua. La situazione operativa è difficile, ma le nostre unità continuano a mantenere le posizioni designate e a svolgere i compiti assegnati», ha fatto sapere lo stato maggiore ucraino il 26 aprile e il giorno successivo ha reso noto che gruppi d'assalto russi si sono infiltrati nel territorio ucraino dall'oblast di Sumy per ampliare la zona del fronte.
I russi del resto ammettono che vi possano essere ancora piccoli gruppi di soldati ucraini dispersi o nascosti lungo le aree di confine e sono in corso perlustrazioni per localizzarli così come i lavori di sminamento mentre le salme dei militari ucraini uccisi vengono consegnate ai punti di evacuazione e il Genio prepara i piani per rafforzare le strutture difensive lungo i confini russi e nelle “zone cuscinetto” occupate nelle regioni ucraine di Kharkov e Sumy.
«In conformità con le vostre istruzioni, proseguono gli sforzi per creare una zona di sicurezza nelle zone di confine della regione di Sumy, in Ucraina. Quattro insediamenti sono stati liberati. L'area controllata totale è di oltre 90 chilometri quadrati», ha riferito Gerasimov sostenendo che l'offensiva ucraina è fallita completamente e questo getterà le basi per futuri successi dell'esercito russo e «avvicina la sconfitta del regime neonazista».
Mosca gioca ormai a carte scoperte come dimostra anche l’ammissione, per la prima volta, che le truppe nordcoreane hanno combattuto al fianco dei russi a Kursk. Il generale Gerasimov ha elogiato il ruolo dei combattenti nordcoreani nella liberazione della regione di Kursk. «Voglio sottolineare in particolare la partecipazione dei militari della Repubblica Popolare Democratica di Corea alla liberazione delle zone di confine della regione di Kursk che, in conformità con il Trattato sul Partenariato Strategico Globale tra i nostri Paesi, hanno fornito un notevole contributo nella repressione del gruppo di combattimento dell'esercito ucraino che aveva lanciato un'incursione. Soldati e ufficiali dell'Esercito Popolare Coreano hanno raggiunto obiettivi di combattimento fianco a fianco con i militari russi e, nel respingere l'incursione ucraina, hanno dimostrato elevata professionalità e resistenza, coraggio ed eroismo in combattimento».
Putin ha espresso il 28 aprile gratitudine alla Corea del Nord, al suo leader Kim Jong-un e alle unità dell'esercito popolare coreano «per il loro aiuto nella liberazione della regione di Kursk dalle forze ucraine», come riporta il servizio stampa del Cremlino, citato da Tass.
«I nostri amici coreani hanno agito per senso di solidarietà, giustizia e autentico cameratismo. Apprezziamo molto questo gesto e siamo sinceramente grati al presidente Kim Jong-un, e a tutta la leadership e al popolo della Corea del Nord. Rendiamo omaggio all'eroismo, all'elevato livello di addestramento speciale e alla dedizione dei soldati coreani che, fianco a fianco con i combattenti russi, hanno difeso la nostra Patria come se fosse la loro», ha sottolineato il presidente russo.
Il 28 aprile anche il governo di Pyongyang ha confermato l’impegno militare sul fronte di Kursk, finora taciuto da entrambi gli alleati, ammettendo per la prima volta di aver inviato truppe in Russia per partecipare alle operazioni militari contro le forze ucraine e «liberare l'area occupata della regione di Kursk». In un comunicato riportato dall'agenzia di stampa KCNA la Commissione militare centrale del Partito dei Lavoratori di Corea ha dichiarato che «sottounità delle nostre forze armate hanno partecipato alle operazioni su ordine del Capo di Stato della Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC)».
Nella nota si sottolinea che «la conclusione vittoriosa delle operazioni di liberazione delle aree di Kursk è una vittoria della giustizia contro l'ingiustizia e, allo stesso tempo, un nuovo capitolo della storia, che ha dimostrato il massimo livello strategico della salda amicizia militante tra i due Paesi».
Dura la reazione di Seul che teme il rafforzamento militare nordcoreano grazie alle esperienze belliche maturate a Kursk. Il ministero dell'Unificazione della Corea del Sud ha esortato Pyongyang a ritirare immediatamente le sue truppe dalla Russia, affermando che il sostegno di Pyongyang all'invasione illegale dell'Ucraina da parte della Russia costituisce una grave provocazione alla sicurezza internazionale.
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