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I FATTI DI ROMA

Governo schiavo dell'emergenza, non vede il degrado del tessuto civile

A Roma c'è stata un'evidente provocazione di un torbido gruppetto di destra estremista. Ma il governo ha ignorato sistematicamente il movimento di opposizione all'imposizione del pass, manifestando la volontà di piegare i dissidenti definendoli analfabeti e “terroristi”. Ora si insiste nel fomentare il conflitto dipingendo nell'immaginario un pericolo “fascista” per isolare il movimento anti-emergenziale. Il Governo è ormai schiavo dell'emergenza come di una droga, vi si aggrappa per portare avanti l'anomalia italiana. Ma così non vede che la pressione potrebbe scappare di mano, producendo una degradazione irreparabile delle istituzioni e del tessuto civile, fino ad esiti autoritari o al caos. 

Attualità 11_10_2021

Gli incidenti avvenuti a margine della grande manifestazione contro il “green pass” tenutasi a Roma sabato 9 ottobre - al di là dell'evidente provocazione operata da un minuscolo, torbido gruppetto di destra estremista - rappresentano un nuovo, preoccupante passo avanti verso una pericolosissima escalation di tensione nel paese, la cui responsabilità ricade interamente sulla politica emergenzialista del governo presieduto da Mario Draghi.

Dopo aver tenuto in piedi oltre ogni limite accettabile restrizioni enormi - e inutili - alla vita economica e sociale, che hanno esasperato gran parte del paese, l'esecutivo, proprio quando l'allarme sanitario si è decisamente allentato e la campagna di vaccinazione ha raggiunto risultati molto lusinghieri, superiori alla media europea, ha varato - prima sulla scia del governo francese, poi superandolo di gran lunga in rigidità - l'obbligatorietà del lasciapassare vaccinale o di negatività come condizione per viaggiare, per l'accesso a locali pubblici e servizi, per svolgere determinate attività lavorative.

Incurante poi delle proteste, non soltanto non ha ritirato il provvedimento, benché sia stato costretto ad ammettere che esso non garantisce alcuna sicurezza dal contagio vista la mancata capacità immunizzante dei vaccini esistenti, ma addirittura ha rincarato la dose, estendendo l'obbligo praticamente a tutti i lavoratori pubblici e privati con il decreto che entrerà in vigore il 15 ottobre.

Da luglio si è formato un tenace, spontaneo, trasversale movimento di ferma opposizione a questo ostinato tentativo di imporre il vaccino attraverso il ricatto e di costringere i cittadini a condizionare libertà fondamentali ad un invasivo meccanismo digitale di controllo.

In centinaia di città d'Italia ogni settimana - agosto incluso - si sono svolte affollate manifestazioni con la presenza dei più vari soggetti politici e sociali così come di semplici cittadini e famiglie, uniti tutti dalla rivendicazione della libertà terapeutica e, attraverso essa, della piena fruizione dei diritti sanciti dalla Costituzione. Manifestazioni che sono via via cresciute in partecipazione e in intensità davanti all'intransigenza del governo e all'introduzione di ulteriori coercizioni. Parallelamente, intellettuali delle più diverse discipline e affiliazioni culturali/ideologiche si sono uniti in un comune, accorato grido di allarme per i rischi autoritari implicati dal “green pass” e dal persistere di normative di emergenza ormai tendenti a cristallizzarsi, come ha sottolineato autorevolmente Massimo Cacciari, in stato di eccezione permanente.

Come ha reagito l'esecutivo a questa ricca, variegata, civile e dialogante opposizione, assolutamente priva di prevenzioni ideologiche e non affiliata ad alcun partito? È presto detto: non ne ha preso minimamente in considerazione le richieste, è andato avanti ostentatamente sulla strada che aveva intrapreso manifestando la volontà di piegare con le buone o con le cattive ogni dissenso, ha sistematicamente demonizzato - e fatto demonizzare da apparati e media ad esso docilmente soggetti - i dissidenti dipingendoli come analfabeti, pericoli pubblici, addirittura “terroristi”. Ha, insomma, fatto di tutto per esasperare ed incattivire la minoranza della popolazione decisa per valutazioni personali a non vaccinarsi, e quella molto più consistente di cittadini che, pur vaccinati, rifiutano ogni idea di costrizione o ricatto come indegna di una democrazia liberale costituzionale.

Se, peraltro, l'obiettivo di questa tetragona intransigenza era quello di aumentare la percentuale di popolazione vaccinata ad un livello ancora superiore a quello già ragguardevole raggiunto, per ottenere un “record” europeo che gli altri paesi a quanto pare non sembrano ritenere affatto necessario alla  salute collettiva, è evidente che il risultato è stato in tal senso fallimentare: da luglio in poi il numero di vaccinazioni quotidiano è andato infatti inesorabilmente calando, per non dire crollando, fino a ridursi oggi di quasi 10 volte rispetto al picco estivo, nonostante l'ampliarsi a dismisura dell'obbligo. Ormai è chiaro che esiste uno zoccolo duro di circa il 10-15% dei cittadini adulti non disposto a farsi vaccinare a nessun costo; e forse proprio la linea prepotente e sprezzante adottata dal governo ha contribuito a consolidarne, per reazione, la determinazione.

E ora nemmeno davanti alla ragionevole previsione che l'entrata in vigore del “pass” generalizzato provocherà innumerevoli problemi economici e logistici in molti settori strategici per l'autoesclusione di moltissimi lavoratori (stranieri ma anche italiani) e davanti ai chiari segni di una tensione sociale giunta al livello di guardia il presidente Draghi, il ministro Speranza, l'intera compagine governativa e il Cts non sembrano intenzionati a tornare sui loro passi.

Anzi, essi insistono a fomentare ulteriormente il conflitto: rivendicando una necessità logicamente inesistente del “pass” per ritornare alla normalità e rilanciare l'economia, e per di più gridando ad un altrettanto immaginario pericolo “fascista” per isolare ulteriormente il movimento anti-emergenziale.

Per chiunque guardi la realtà italiana dall'esterno la situazione che si vive nel nostro paese appare davvero surreale. Nel resto d'Europa vengono via via abolite le residue misure speciali anti-Covid e, benché in alcuni paesi il “pass” venga prescritto o consentito per l'accesso a eventi e luoghi al chiuso, in nessuno di esso viene imposto ad un livello tanto generalizzato: inclusa la Francia, dove Macron di fronte all'opposizione popolare ha accantonato i disegni di un ampliamento del suo uso. Nel Regno Unito, con la stessa percentuale di inoculati che in Italia, con un numero di casi quotidiani e di morti dieci volte superiore, nessuno semina più alcun allarme né parla di misure restrittive, e addirittura l'argomento stesso del Covid è quasi scomparso dai mezzi di informazione.

Agli osservatori stranieri, dunque, la rigidità emergenziale del governo italiano appare del tutto incomprensibile: tanto più in quanto la situazione sanitaria epidemiologica del nostro paese è attualmente tra le più tranquille del continente, e non esiste alcuna emergenza nel sistema ospedaliero.

Perché il governo, gli esperti ad esso affiliati, i media quasi unanimemente schiacciati sulla “narrazione” governativa continuano a spingere forsennatamente sull'acceleratore di un'emergenza che non c'è? Perché continuano, senza alcuna necessità, a seminare divisione e lacerazione nella società? Fino a che punto intendono arrivare in questa inescusabile drammatizzazione, senza alcun fondamento, del dibattito civile? Si rendono conto del fatto che la pressione, superato un certo limite, potrebbe scappare di mano e andare fuori controllo, producendo una degradazione irreparabile delle istituzioni rappresentative e del tessuto civile, fino ad esiti apertamente autoritari o al caos?

L'impressione è che essi siano ormai preda di una coazione a ripetere, che siano schiavi dell'emergenza come di una droga, aggrappandosi disperatamente ad essa come unico mezzo per essere indispensabili, per portare avanti quell'anomalia dei super-governi “tecnici” di unità nazionale che ci allontana in realtà sempre più dallo standard delle democrazie occidentali. E che siano incapaci di arrestare la marcia verso il baratro nel quale il paese potrebbe precipitare, annoverando proprio i potenti “uomini della necessità” di oggi tra le prime vittime.