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STELLE CADENTI

Vasco popolare? No, soltanto banale

Le continue apparizioni della rockstar su facebook sono una spontaneità costruita, è strategia comunicativa. Il Roxy bar non è posto per lui.

Attualità 16_08_2011
vasco rossi

Vasco detto il Blasco decide di continuare la convalescenza su facebook e sale sul palco del web. Lo vedi lì che si fa volutamente spiare dalla webcam mentre usa il broncodilatatore e confessa l’uso di psicofarmaci e altri cocktail per disintossicarsi da cocktail precedenti ben più letali. Non si è nascosto in una clinica e dal retro ne è uscito di soppiatto dietro grandi occhialoni da sole, ma è salito in vetta ai social network ben visibile a tutti sotto il sole agostano. I fan sono i delirio.


Per quale motivo? Perché “mal comune mezzo Vasco”. E’ il fenomeno dell’immedesimazione: io mi sento un po’ come lui, e lui è un po’ come noi, con le nostre stesse debolezze e guai. E quindi quella noia di vivere che canta il Blasco si stempera un po’ se condivisa. “Va bene così” dunque, tanto per dirla alla Vasco? No, perchè l’appalesarsi on line della rockstar – che usa facebook come un confessionale laico (ma oggi la catarsi dell’anima è necessariamente massmediatica e per nulla sacramentale) – manca di pudore ed è vuota di senso.

Tutti ci ricordiamo la debolezza eroica di Giovanni Paolo II nelle ultime fasi della malattia. Il Papa era proteso verso la sua missione e in questo viaggio portava con sé il dolore della sua sofferenza. Era l’alter Christus che sale sino alla cima del Calvario con il peso della croce, segnato dalla sofferenza per segnare gli altri con il suo esempio di apostolo perfetto. Nel cantante nato a Zocco invece il mostrarsi è lo squadernarsi della vita non ordinaria ma dis-ordinaria, sconclusionata. Non diciamo che in lui c’è compiacimento di questo suo stato – la malattia è cosa seria per tutti in cui il piacere se c’è è anch’esso malato e non è il caso di Vasco.


Ma ci sorge il sospetto che la rappresentazione del vasco-paziente corrisponda all’estetica da lui o dal suo staff scelta sin dall’inizio della sua carriera. E’ una genuinità artefatta, è un’immediatezza di comunicazione meditata, è spontaneità costruita, è caos ordinato. Se nei suoi concerti scende sul palco vestito come un camionista che scende dal tir nell’area di servizio di Rimini nord, nel web la musica non cambia. La gestione mediatica dei suoi acciacchi mostra una sicura coerenza stilistica, perché aderisce alla figura dell’uomo comune che per caso è diventata star multipagata, ma che continua a voler apparire uno qualsiasi.  Non è cinismo, è solo strategia comunicativa. Anzi forse è la scelta più snob che si potesse fare: ci sembra così nostro Vasco su facebook, così vicino a noi, ma in realtà tutti siamo ben consapevoli che tra lui e i fan c’è la distanza del mondo virtuale che si misura in megabyte-anni luce. Il Roxy bar va bene per gli altri, non è posto per lui.


Il Vasco pensiero poi, che manda in delirio le folle, è la glorificazione, più che cantata parlata, di una vita banale. Cosa così diversa dalla vita semplice insegnata da Santa Teresina del Bambin Gesù, sicura via per la santità. Qualcuno obietterà: è un cantante pop seppur rock, quindi popolare, non chiediamo la luna. Ma il popolare in arte è ben altro. I Promessi Sposi sono un romanzo popolare perché nella vicenda di Renzo e Lucia c’è la nostra di vicenda, che però viene elevata ad universale. Le categorie del quotidiano servono come prisma per aprirsi a contenuti alti e nobili (la provvidenza ad esempio).

Il popolino si ammassava nei teatri per ascoltare Mozart: l’artigiano, la massaia, il pizzicagnolo cantavano le sue arie nella bottega o a casa. Ma questo è proprio dei capolavori: la possibilità della lettura a diversi livelli. In superficie ciò che è può essere colto da tutti e poi gradualmente in rapporto alla propria cultura, sensibilità, preparazione, ecco la possibilità di attingere ad altri strati più profondi. Così le opere d’arte che adornano le chiese di mezzo mondo: i Beato Angelico, o i Giotto, i  Pinturicchio mettevano in  mostra catechismi popolari, il cui contenuto era fruibile da tutti. Ognuno ne poteva trarre giovamento, ma non tutti allo stesso modo, con la stessa profondità. Banale è dunque la rima storpia di popolare.