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IMMIGRAZIONE

UK: tutti contro, ma nessuno centra il problema

La Gran Bretagna da oltre un anno progetta norme e provvedimenti per fermare l’immigrazione illegale e ha firmato un particolare accordo con il governo del Ruanda. Subito sono fioccate le critiche: dalla Francia, da Amnesty International, dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati. Eppure il vero problema da risolvere non è tra tutti quelli contestati.

Esteri 02_05_2022 English

La Gran Bretagna da oltre un anno progetta norme e provvedimenti per fermare l’immigrazione illegale: un rafforzamento della guardia di frontiera e nuove tattiche per intercettare, fermare e costringere a invertire la rotta le imbarcazioni clandestine; una legge sull’immigrazione che prevede accuse penali per gli emigranti che arrivano nel paese deliberatamente senza documenti e pene detentive fino all’ergastolo per chi opera nelle organizzazioni che gestiscono i viaggi illegali; e la creazione all’estero, non su suolo britannico, di centri di accoglienza per richiedenti asilo.

Subito sono fioccate le critiche: dalla Francia, che Londra accusa di non fare la sua parte monitorando le coste da cui partono le imbarcazioni, da Amnesty International secondo cui la gente ha diritto di chiedere asilo in Gran Bretagna e “fa viaggi pericolosi affidandosi a organizzazioni di contrabbandieri di uomini perché non esistono alternative sicure”, dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, secondo cui anche se nel 2021 le richieste di asilo sono più che raddoppiate rispetto al 2020, sono comunque “poche”: solo 48.540.

Queste e altre critiche non hanno fermato il governo di Boris Johnson che il 14 aprile ha annunciato di aver firmato con il governo del Rwanda un accordo che prevede il trasferimento in quel paese dei richiedenti asilo in attesa che le loro pratiche vengano esaminate. Il provvedimento riguarderà in particolare gli uomini soli che anche in Gran Bretagna sono la maggioranza degli emigranti illegali. Quelli arrivati a partire dal 1° gennaio 2022 potranno essere portati nel paese africano dove le loro richieste di asilo saranno debitamente esaminate. Nel frattempo saranno ospitati in strutture adeguate, liberi di uscirne e rientrarvi (non si tratterà quindi di campi profughi chiusi). I richiedenti che otterranno asilo riceveranno per cinque anni dal governo britannico aiuti economici e altre forme di sostegno affinché possano integrarsi nella vita economica e sociale del paese. Quelli le cui richieste saranno respinte potranno presentare domanda di rimanere in Rwanda ad altro titolo oppure saranno trasferiti nei rispettivi paesi di origine o in altri stati in cui hanno diritto di risiedere.

Entro poche settimane potranno essere trasferiti i primi richiedenti asilo. Il progetto, per il quale sono stati stanziati 120 milioni di sterline, sta per diventare operativo nonostante abbia sollevato tante prevedibili critiche. Più di 160 organizzazioni non governative e associazioni hanno scritto una lettera aperta al ministro dell’interno Priti Patel per chiederle di cancellare il progetto “vergognosamente crudele” che inoltre, secondo loro, farà aumentare, non diminuire i pericolosi viaggi illegali. L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha rivendicato “il peso della nostra responsabilità nazionale in quanto paese formato su valori cristiani” e ha definito il progetto “contrario alla natura di Dio”. Anche esponenti dei partiti di opposizione si sono detti contrari, sostenuti in parte dal sottosegretario al ministero dell’interno Matthew Rycroft secondo il quale non è detto che il progetto servirà davvero da deterrente all’immigrazione illegale, ci vorrebbero prove della sua efficacia.

Il ministro Patel ha replicato di assumersi la piena responsabilità del progetto che quindi andrà avanti. Nessuna delle critiche riconosce peraltro quale sia il problema reale, vale a dire che la maggior parte dei richiedenti asilo, in Gran Bretagna come altrove, sono persone che si dichiarano profughi in fuga da minacce alla vita e alla libertà per non essere respinte avendo scelto vie illegali per emigrare. Il deterrente più efficace è dimostrare che solo i veri profughi possono sperare di rimanere. Lo prova la situazione attuale della Grecia e dell’Italia.

La Grecia è stata costretta ad accogliere centinaia di migliaia di richiedenti asilo finché nel 2019 il governo ha varato misure rigorose contro l’immigrazione illegale, con numerosi, motivati respingimenti, che hanno drasticamente ridimensionato gli arrivi. Per contro in Italia dal 2019 gli sbarchi continuano ad aumentare. Dall’inizio dell’anno gli arrivi sono stati 10.395: tre volte più che nello stesso periodo del 2020 e quasi 1.500 più che nel 2021. Invece in Grecia sono entrate 1.270 persone via mare e 1.413 via terra.

Da anni l’Italia in effetti si conferma la destinazione preferita degli emigranti illegali che raggiungono l’Europa. Senza dubbio uno dei motivi, forse quello principale, è il sempre più elevato numero di persone che ottengono di restare cosa che non si spiega considerando i paesi di provenienza. Dei 25 stati da cui provengono più emigranti illegali, solo Venezuela, Afghanistan e aree circoscritte di alcuni paesi sono in situazioni tali da rendere eventualmente plausibile una richiesta di asilo; certo non si giustifica la necessità di protezione internazionale per chi arriva da Tunisia, Pakistan, Egitto, Costa d’Avorio, Marocco, Gambia, Senegal, Bangladesh e altri paesi ancora.

Tuttavia nel 2021 il 44 per cento delle 56.388 richieste esaminate sono state accolte, quasi il doppio rispetto al 2020: il 15 per cento dei richiedenti asilo hanno ottenuto lo status di rifugiato, il 17 per cento protezione sussidiaria, il 12 per cento protezione speciale. A queste cifre va aggiunto il numero delle cause vinte dagli emigranti le cui richieste erano state respinte e che hanno deciso di ricorrere in cassazione approfittando del gratuito patrocinio.