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VACCINI ALLA SECOLARIZZAZIONE

Turisti in chiesa Evangelizzazione o illusione?

Si pensa che sia possibile catechizzare le persone lontane dalla Chiesa partendo dal loro interesse culturale e artistico. Ma la sola apertura ai turisti degli edifici sacri non può bastare. Senza determinate condizioni si rischia addirittura di ottenere l'effetto opposto: mondanizzare e desacralizzare la nostre chiese. Ecco cosa dice il magistero a riguardo delle opere d'arte e che cosa fedeli e prelati devono evitare.

Editoriali 17_07_2017
Turismo nelle chiese

Càpita tutto l’anno, ma con l’estate il fenomeno si accentua: parlo delle visite artistiche e turistiche alle chiese, soprattutto alle chiese dei centri storici. Ciò che si nota a prima vista e da più parti è una pacifica ma devastante invasione dei luoghi di culto, “profanati”: a) da turisti solitari o a gruppo che girano durante le celebrazioni; b) da uomini e donne e bambini in abbigliamenti troppo discinti (con il caldo che fa!). E qui notiamo subito che difficilmente in una moschea sarebbero tollerate “queste cose”.

Per grazia di Dio non dappertutto è così e sono in aumento misure tese a salvaguardare la sacralità del luogo e insieme ad aiutare i turisti: si va da misure di sbarramento, come la limitazione di percorsi durante le celebrazioni o l’entrata a pagamento almeno in determinate ore del giorno; a misure di decenza come l’offerta di sopravvesti per chi è troppo discinta/o; a misure di aiuto per una più fruttuosa visita come la disponibilità di sussidi o di operatori per una visita guidata. Inutile precisare che l’ultima soluzione è il meglio.

Tutto questo avviene non solo per un’evoluzione del turismo, ma per la coscienza che le opere d’arte sono dotate di un valore intrinseco che va al di là della loro collocazione in un edificio sacro e sono patrimonio dell’umanità e non dei soli credenti. La conseguenza è che i visitatori delle chiese: non sono più cristiani; sono cristiani non praticanti; sono cristiani praticanti che visitano una chiesa d’arte come visiterebbero un museo.

Ora, se la presa di coscienza di cui sopra è una evoluzione civile e culturale che non solo non può essere contrastata, ma che va cordialmente accettata, il pericolo dei cristiani (preti) è di farsi pericolose illusioni sulla evangelizzazione che deriva dalle visite artistiche alle chiese e di compromettere la sacralità delle stesse. Una breve parola su entrambi i pericoli. Il primo pericolo è di sovrastimare le visite artistiche alle chiese in ordine alla evangelizzazione. Si ritiene con troppo entusiasmo che l’arte resa fruibile ai visitatori serva come veicolo per annunciare la buona novella ai lontani che, insensibili alla convocazione per la liturgia e la catechesi, spesso si trovano a contatto con l’arte di Chiesa.

Effettivamente i testi anche del magistero quasi si sprecano, ma sono citati a sproposito. Ad esempio il n. 5 dell’Introduzione al Compendio del CCC, spiegando il ricorso a immagini “tradizionali” nel testo, annota che l’immagine può «esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico» (sì, però qui le immagini sono a servizio di chi, consultando un catechismo, vuole approfondire la propria fede). Giovanni Paolo II al n. 12 di Duodecimum saeculum scrisse che «il linguaggio della bellezza, messo al servizio della fede, è capace di raggiungere il cuore degli uomini e di far loro conoscere dal di dentro colui che osiamo rappresentare nelle immagini, Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo» (appunto: “messo al servizio della fede”).

Ma il n. 243 del Direttorio su pietà popolare e liturgia fa definitiva chiarezza laddove precisa che la funzione delle immagini sacre «non è in primo luogo quella di procurare un godimento estetico ma di introdurre al mistero». Ora è evidente che la visita artistico/turistica alle chiese è in primo luogo per procurare un godimento estetico o per arricchire la propria cultura. Per contro le opere d’arte delle chiese sono nate dalla fede viva che ne ha ispirato la composizione; il loro vero senso è colto all’interno di una celebrazione; anche al di fuori della celebrazione questo senso è percepito solo da chi ha fede. Dunque per accedere al mistero delle immagini è necessaria una disponibilità impensabile in una visita artistica. Al rovescio, talvolta le opere d’arte non esprimono in senso pieno il “corpo della Chiesa” poiché non sono più del tutto vivificate dalla sua “anima”, cioè dalla comunità cristiana che le ha prodotte. Ricordo la visita ad un monastero non più abitato dai monaci originari, ma da altri religiosi. Uno di essi mi confidò: «Io insegnavo filosofia ai nostri studenti. Ora non abbiamo più vocazioni e così guido i turisti». Che tristezza! Ma che tristezza sana! Pensate se avesse concluso: «... e così ho scoperto l’evangelizzazione attraverso l’arte»!

Il secondo pericolo è di compromettere la sacralità delle chiese. Qui i primi chiamati in causa sono i sacerdoti parroci o rettori, che sono tenuti ad attuare le misure descritte all’inizio a tutela del luogo sacro e ad intelligente servizio dei visitatori. Sarebbe però edificante che i sacerdoti, più che consolarsi dei (tanti) visitatori, piangessero davanti al Signore per i pochi fedeli che vengono alle celebrazioni e a pregare in chiesa. Infatti quando una chiesa si “arrende” ai turisti, in genere manifesta un regresso della sua vera funzione, dal momento che una chiesa molto e ben frequentata dai fedeli “non si concede” facilmente ai turisti. Immaginate turisti a Lourdes, a Fatima, a Medjugorje? 

I chiamati in causa sono anche i fedeli, almeno quelli che ci credono, almeno i lettori della Bussola. Per cui a questi ultimi consiglio: visitate pure le chiese artistiche, ma con qualche accorgimento: a) se potete informatevi prima (oggi con internet è facile) in modo da evitare che la visita sia assorbita da apprendere nozioni e dal girare qua e là con la testa per aria; b) ovviamente non effettuate la visita durante le celebrazioni; c) siate decentemente vestiti; d) informatevi se c’è il SS.mo Sacramento e pregate ivi per qualche momento (poco prima del conclave, il card. Wojtyla venne a Torino a visitare la Sindone esposta e con meraviglia di tutti chiese di essere condotto anzitutto alla cappella del SS.mo); d) se non è custodito il SS.mo, fate comunque prima o durante una preghiera; e) durante la visita sforzatevi di camminare davanti a Dio, ringraziandolo della bellezza e della fede di coloro che in tempi più o meno lontani l’hanno prodotta nelle immagini e nelle architetture.