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L'ANALISI

Trump, anarchico democratico e il lockdown del sistema

Davanti a Trump il sistema di potere è andato in lockdown dimostrando che non era più democrazia perché aveva come suo presupposto una idea di libertà comperabile. Quando Giovanni Paolo II e Benedetto XVI parlavano della democrazia come possibile sistema totalitario, si riferivano a questo. Invece Trump, pur facendolo con le sue cravatte poco bostoniane, ha ritirato fuori argomenti che fondano la stessa libertà e che la rendono non comperabile dal sistema: la vita, Dio, la nazione come comunità naturale, la fede, la legge naturale. È stato un ribelle. Un anarchico della democrazia. 

Editoriali 11_01_2021 Español

Davanti a Trump il sistema di potere americano si è chiuso a riccio, ha compattato i ranghi e ha bandito dalla democrazia americana il presidente combattente, come se quel sistema di potere fosse la democrazia americana, mentre è solo un sistema di potere. Il sistema è fatto di molti tasselli, con i media impone falsità di massa, con la cultura impone nuovi diritti che tali non sono, con il sistema poliziesco e giuridico diffama e censura pesantemente chi non si allinea a quei nuovi diritti, nelle posizioni chiave – come per esempio la Corte suprema americana – colloca propri esponenti di riferimento con cui poi giocare di sponda, attua una rete di sorveglianza dei cittadini pur essendo quella moderna un società liquida, inventa dei nuovi dogmi falsamente democratici e condanna per eresia chi non vi si attiene, liquida gli avversari per il colore della loro cravatta o per la loro pettinatura, finge di essere pacifista e invece è guerrafondaio, finge di essere patriottico ed invece tratta sottobanco con i nemici. Il sistema è un sistema, una rete che, direbbe Gramsci, “pensa con mille cervelli”, all’unisono e, quando è il momento, tutto scatta in convergenza e il nemico viene schiacciato.

Trump ad un certo punto è uscito fuori dal cilindro e ha contraddetto il sistema che in America è principalmente di stampo liberal, ma che coinvolge anche la controparte repubblicana. Egli è stato un anarchico della democrazia americana, un deviato, un eretico, un ribelle, un resistente. Ha osato mettere le mani sulla Corte suprema, ha osato condannare l’aborto e togliere i finanziamenti a Planned Parenthood, ha osato tirarsi fuori da molte agenzie ONU, ha osato smarcarsi dagli accordi di Parigi e condannare l’ambientalismo ideologico alla Al Gore, ha osato criticare la Cina e pensare ad un assetto commerciale che non ne dipendesse, ha osato ritirare fuori il nome di Dio nella pubblica piazza, ha osato dire che la globalizzazione che uccide le nazioni è una nuova camicia di forza, ha osato demolire tutti i luoghi comuni che i media diffondono quotidianamente come un nuovo vangelo, infine ha osato rifiutarsi di adoperare il Coronavirus come occasione per un nuovo controllo sociale di limitazione della libertà.

Contro tutto questo il sistema ha fatto lockdown, si è chiuso come le dita di una mano che stritolano una patata. Nancy Pelosi aveva annunciato prima delle elezioni che Biden avrebbe vinto comunque. Per realizzare l’obiettivo questa volta il sistema ha adoperato anche le armi dei brogli e delle scorrettezze, preso dall’ansia davanti al valore enorme della disputa in atto. Ha poi utilizzato i fatti di Capitol Hill per denunciare una inesistente sedizione e dipingere tutti e quattro gli anni del mandato Trump come una messa tra parentesi della democrazia di cui finalmente con Biden gli americani si stavano riprendendo nelle mani. Era vero il contrario: ossia che nei quattro anni di Trump la democrazia aveva respirato… troppo per il sistema.

Oggi tutti parlano della crisi della democrazia americana. Il sistema ha ripreso il palazzo, ma c’è un’America disprezzata, etichettata sommariamente da populista e da nazionalista, da retrograda e da zoticona, che si sente (democraticamente) esclusa. È l’America degli “scartati” di cui forse però papa Francesco – il papa dello “scarto” – non si occuperà, vista l’espressa offerta di collaborazione rivolta al presidente Biden e, quindi, al sistema.

Davanti a questa spaccatura del Paese la cosa più importante da fare è capire che la crisi della democrazia americana è un portato di un certo modo di intendere la democrazia stessa. La democrazia tende naturalmente a creare un sistema oligarchico e infatti tutte le democrazie occidentali sono proprio questo, compresa quella italiana, soprattutto nell’attuale blocco del sistema. Questo capita perché essa si riferisce ad una libertà originaria considerata come assoluta, quindi irrelata, quindi comprabile. Se la libertà ha alla base principi non negoziabili non è comprabile. Se ha alla base solo se stessa è comperabile sul mercato politico. Il sistema ha messo in atto ormai una serie molto ampia di strategie per comperare quella libertà, strategie che passano tutte nel rispetto formale della democrazia. Quando Giovanni Paolo II e Benedetto XVI parlavano della democrazia come possibile sistema totalitario, si riferivano a questo. La chiusura a tenaglia del sistema della democrazia americana dimostra che essa non era più democrazia perché aveva come suo presupposto una idea di libertà come qualcosa di comperabile.

Cosa ha fatto di importante, invece, Trump in questi quattro anni, pur facendolo con le sue cravatte poco bostoniane e con il suo ciuffo giallo ondeggiante da titolare di concessionaria d’auto? Ha ritirato fuori argomenti che fondano la stessa libertà e che, quindi, la rendono non comperabile dal sistema: la vita, Dio, la nazione come comunità naturale, la fede, la legge naturale. Queste sono le armi con cui egli ha cercato di combattere il sistema e rivitalizzare la democrazia. È stato un ribelle. Vedremo se sia stato unico o se avrà un seguito.