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IL CASO

Thyssen: sentenza tutta da capire

Dure contestazioni dei parenti delle vittime alla lettura della sentenza di appello che riduce le pene per i dirigenti dell'acciaieria, ritenuti responsabili della morte di sette operai nel 2007. I giudici non hanno riconosciuto l'intenzionalità, che invece era stata riconosciuta in primo grado. Ecco perché.

Cronaca 01_03_2013
Tyssen

"Oggi hanno ammazzato di nuovo i nostri figli, noi questa sentenza non la accetteremo mai" grida in un’aula del tribunale di Torino Rosina Platì, madre di Giuseppe Masi, uno dei sette operai della Thyssen che il 6 dicembre 2007 morirono bruciati vivi.

Ieri la signora Platì insieme agli altri parenti delle vittime ha protestato vibratamente per la sentenza che ha mitigato le pene per i sei imputati. La Corte d’Assise di Torino ha infatti ridotto la pena a 10 anni per omicidio colposo per l'amministratore delegato della Thyssenkrupp Harald Espenhahn e pene ridotte ci sono state anche per gli altri cinque responsabili del rogo. In primo grado Espenhahn era stato condannato a 16 anni di reclusione per omicidio con dolo eventuale.

Non vogliamo qui valutare se i giudici hanno fatto bene o male nel ridurre le pene, anche e soprattutto perché al di là della fondatezza o meno della sentenza le lacrime di quei padri, di quelle madri, di quei fratelli e di quelle spose presenti ieri in aula meritano tutto il nostro rispetto.

E’ però interessante capire meglio cosa si debba intendere per omicidio colposo e omicidio con dolo eventuale. Si verifica la fattispecie di omicidio colposo ex art 43 cp “quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline”. Facciamo un esempio: guido l’auto in un centro abitato, rispettando i limiti di velocità, ma mi distraggo solo un momento perché ho scorto su un marciapiede una persona che credo di conoscere e in quella frazione di secondo investo un passante che attraversava la strada uccidendolo all’istante. E’ colposo l’omicidio perché la mia intenzione non era quella di provocare il decesso del passante, ma i miei atti non si sono conformati a questa retta intenzione per negligenza. L’intenzione quindi era buona, ma non la condotta assunta.

Una sottospecie dell’omicidio colposo è l’omicidio con colpa cosciente. Ricorriamo ancora a un esempio volutamente simile al precedente. Sono alla guida della mia auto in un centro abitato e rispetto i limiti di velocità. Decido di rispondere al cellulare e nello stesso tempo di cercare un documento che mi serve nel portaoggetti e così non presto più attenzione alla strada. So bene che è un comportamento imprudente e mi rendo conto che potrebbe essere pericoloso per i passanti, ma sono certo che non accadrà nulla perché l’ho fatto mille volte e mi reputo un ottimo guidatore. Però le cose purtroppo non vanno così: infatti investo un pedone che sta attraversando la strada uccidendolo sul colpo. Questo tipo di omicidio si qualifica come omicidio con colpa cosciente perché l’omicida, seppur preveda il pericolo del danno, è sicuro che non si verificherà. Cioè, rispetto al primo esempio, il reo era cosciente dei pericoli ingenerati dalla sua condotta, seppur fosse certo che nulla sarebbe potuto accadere. Nel primo esempio invece la negligenza era accompagnata da una mancanza di coscienza in merito ai possibili effetti dannosi del proprio difetto di attenzione. In questo caso si parla di colpa incosciente.

Passiamo all’omicidio con dolo intenzionale o diretto. Sempre l’art. 43 cp stabilisce che questa fattispecie si verifica “quando l'evento dannoso o pericoloso […]è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”. Esemplifichiamo ancora: guido l’auto con l’intenzione di investire Caio per ucciderlo. Perché ci sia il dolo occorre che la volontarietà interessi sia l’evento rappresentato – la morte di Caio – sia la condotta che ha provocato l’evento perseguito – investire con l’auto Caio. Rispetto all’omicidio colposo in questo caso sia il fine perseguito (l’intenzione) sia la condotta posta in essere (investire) vanno nella stessa direzione (provocare la morte di Caio) e sono entrambe malvagie. Nell’omicidio colposo, per dirla in termini più semplici, non volevo uccidere nessuno, ma non mi sono comportato di conseguenza e mi sono fatto distrarre; nell’omicidio intenzionale volevo uccidere quella tal persona e mi sono comportato di conseguenza. 

Anche per il dolo esiste un distinguo come per la colpa. Si tratta del dolo eventuale o indiretto, fattispecie simile alla colpa cosciente. Si ha dolo eventuale quando la volontà (l’intenzione) non si dirige verso l’evento, ma l’agente lo accetta come conseguenza eventuale e non è certo che non accada. Un altro esempio: guido l’auto in un centro abitato non più rispettando i limiti di velocità, bensì a 150 km/h ed uccido un passante. Dunque non ho l’intenzione di uccidere nessuno, ma pongo in essere una condotta che consapevolmente so essere pericolosa ed accetto questo rischio. Questa fattispecie ha in comune con l’omicidio colposo con colpa cosciente la previsione del danno possibile o probabile: la morte di una persona. Ma ciò che lo differenzia sta nel fatto che nella colpa cosciente il soggetto esclude assolutamente che l’evento possa verificarsi facendo affidamento alle proprie capacità, competenze, condizioni etc.: altrimenti non avrebbe mai assunto la condotta pericolosa. Nel dolo eventuale invece accetta – ecco la volontarietà – di correre il rischio, cioè non esclude che il danno possa verificarsi nonostante farà di tutto perchè questo non accada (è il caso della fecondazione artificiale in cui i tecnici di laboratorio anche se non vogliono la moria di moltissimi embrioni sanno che inevitabilmente molti di loro moriranno nel tentativo di far nascere almeno un bambino). Dato che c’è l’elemento della volontarietà del rischio si sente anche parlare – ma non proprio correttamente – anche di “omicidio volontario con dolo eventuale”.

Quindi nell’omicidio colposo con colpa incosciente l’evento non è previsto; nell’omicidio colposo con colpa cosciente l’evento è previsto ma si è certi di evitarlo; nell’omicidio con dolo eventuale l’evento è previsto ma non si è certi di evitarlo; nell’omicidio con dolo intenzionale l’evento è previsto e ricercato direttamente.

Torniamo al caso della Thyssen. In primo grado i magistrati avevano condannato gli imputati per omicidio con dolo eventuale. Cioè avevano sostenuto che gli imputati di certo non volevano la morte degli operai (altrimenti sarebbe stato omicidio con dolo diretto), però volontariamente non avevano predisposto adeguati sistemi di sicurezza per evitare gli infortuni sul lavoro, nella consapevolezza dei rischi connessi e nell’accettazione di questi rischi. In buona sostanza pur non volendo uccidere nessuno, avevano accettato che questa eventualità potesse verificarsi

Riformando la sentenza di primo grado e derubricando il reato ad omicidio colposo i giudici ci hanno detto invece che gli imputati non solo non volevano uccidere nessuno, ma, sebbene consapevoli dei rischi a danno degli operai (vedremo nelle motivazioni della sentenza se si tratta almeno di omicidio colposo con colpa cosciente), nemmeno avevano accettato questi rischi, cioè li avevano assolutamente esclusi, ritenendo che nulla di pericoloso sarebbe mai potuto accadere.