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LO SCONTRO

Sulla stampa M5S non può scagliare la prima pietra

Le contrapposizioni tra 5 Stelle e stampa si sono radicalizzate e ora si prepara una guerra senza esclusione di colpi. Ma anche i grillini hanno tratto vantaggio dall'informazione giustizialista, che ha finito per alimentare la spirale populista e l'affermazione delle forze anti sistema.

Politica 12_11_2018

L’assoluzione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, passerà alla storia più per i successivi violentissimi attacchi alla stampa da parte dei vertici dei Cinque Stelle che non per il verdetto in sé. E’ la riprova del fatto che i rapporti tra informazione e politica sono tornati ai livelli di tensione dell’epoca berlusconiana, quando gran parte della stampa sembrava coalizzata contro l’odiato Cavaliere.

In questo caso, però, ci sono molti elementi in più da considerare. Anzitutto i virulenti attacchi all’informazione da parte di Beppe Grillo, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista hanno lasciato alquanto tiepidi i vertici leghisti, che evidentemente non li condividono. Se n’era già avuto sentore nei giorni scorsi, quando il leghista Alessandro Morelli aveva preso le distanze dal baldanzoso programma pentastellato di azzeramento dei fondi all’editoria e abolizione dell’Ordine dei giornalisti. Dunque potrebbe accadere, di qui a qualche settimana, che il solco tra i due alleati di governo si faccia sempre più profondo, anche in ragione del diverso atteggiamento nei confronti dell’informazione, più stroncatorio quello grillino più dialogante quello del Carroccio. 

Altro effetto delle frasi scomposte pronunciate da esponenti grillini rispetto al presunto servilismo di certa stampa è che tutti i giornali hanno reagito con sdegno, costituendo di fatto un fronte coeso in difesa della libertà d’informazione, a prescindere dall’area politica di riferimento. Perfino Il Fatto Quotidiano, per anni considerato vicino ai Cinque Stelle, non ha risparmiato critiche feroci a Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, che hanno paragonato, lo ricordiamo, i giornalisti alle prostitute. E a ben poco è servita, per svelenire il clima, la dichiarazione del sindaco Virginia Raggi, che ha provato a smussare i toni, parlando di attacchi pentastellati a singoli giornalisti, non all’intera categoria.

La levata di scudi dei vertici di Ordine e sindacato dei giornalisti era prevedibile e scontata. Il Presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Carlo Verna si è spinto oltre e ha invitato per coerenza Luigi Di Maio a rinunciare all’iscrizione all’Albo dei giornalisti (elenco pubblicisti) della Campania.

Bisogna quindi prendere atto che le recenti parole pronunciate dal Capo dello Stato in difesa della libertà di stampa sono cadute nel vuoto. Le contrapposizioni tra Movimento Cinque Stelle e mondo dell’informazione si sono radicalizzate e ora si prepara una guerra senza esclusione di colpi. I giornali inizieranno a fare le pulci ad ogni ministro e parlamentare grillino, smascherandone eventuali scivoloni, malefatte o stridenti contraddizioni tra proclami ufficiali e azioni concrete? Probabile. Il sottosegretario all’editoria, Vito Crimi spingerà sull’acceleratore della riforma dell’editoria per penalizzare la stampa? Altamente probabile. Ma tutto questo fa davvero l’interesse dei cittadini, che al contrario avrebbero diritto a un’informazione asettica, pluralista, autonoma e sganciata da ogni logica di potere?

Non sarebbe il caso di abbassare i toni e di provare a riformare sul serio l’editoria ascoltando tutte le parti in causa senza pregiudizi e istinti di vendetta? I grillini hanno ragione quando denunciano la mancanza di editori puri o certi corporativismi che hanno ostacolato la meritocrazia nel giornalismo italiano. Però va detto che anche loro hanno tratto vantaggio in questi anni da certa informazione giustizialista, sia nella carta stampata che in ambito radiotelevisivo, che ha finito per alimentare la spirale populista e per accrescere il consenso alle forze anti-sistema.

E’ vero che molti giornalisti si sono accaniti contro la Raggi, anche scavando nella sua vita privata, ma è altrettanto vero che la sua gestione della città di Roma ha spesso prestato il fianco a critiche più che fondate. Senza dimenticare che i primi segnali offerti dai Cinque Stelle nella scelta dei membri del Cda della tv pubblica, oltre che dei direttori dei telegiornali appaiono assai deludenti, perché avvalorano l’idea che in Rai il governo del cambiamento abbia solo cambiato i nomi e le facce, non i metodi. Eppure nel programma elettorale dei Cinque Stelle si rintracciano validi spunti per valorizzare l’informazione libera e per riequilibrare la filiera di produzione e distribuzione delle notizie.

Per affrontare i problemi dell’informazione occorre, dunque, equilibrato distacco da altri interessi, altrimenti inutile ergersi a moralisti. Più che mai in questo caso, chi è senza peccato scagli la prima pietra.