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MEDITERRANEO

Se la Libia ci scoppia in faccia

L’Italia è sempre più in imbarazzo per la posizione assunta in Libia a sostegno dell’evanescente governo di Fayez al-Sarraj voluto dall’Onu ma di fatto incapace dopo nove mesi dalla sua nascita persino di insediarsi a Tripoli, capitale che non riesce a controllare e in mano a milizie ostili in buona parte a Sarraj.

Esteri 07_01_2017
Guerra in Libia

L’Italia è sempre più in imbarazzo per la posizione assunta in Libia a sostegno dell’evanescente governo di Fayez al-Sarraj voluto dall’Onu ma di fatto incapace dopo nove mesi dalla sua nascita persino di insediarsi a Tripoli, capitale che non riesce a controllare e in mano a milizie ostili in buona parte a Sarraj.

Un governo fallito nonostante avesse definito la sharia unica finte della legge per compiacere le milizie islamiste che controllano gran parte della Tripolitania. Per sostenere al-Sarraj, Roma ha tolto l’appoggio al governo laico di Tobruk che riconosceva come legittimo fino a un anno or sono. L’Italia ha così preferito seguire gli “alleati” anglo-americani e francesi che già nella sciagurata guerra contro Muammar Gheddafi del 2011 si erano rivelati ben poco amichevoli nei confronti degli interessi di Roma.

A decretare il fallimento del governo di solidarietà nazionale contribuiscono molti elementi: mancanza di autorevolezza, incapacità di insediarsi a Tripoli e di controllare anche solo un lembo di territorio. Ieri il Ciad ha chiuso la frontiera terrestre con la Libia per una "potenziale e grave minaccia di infiltrazione terrorista", ha annunciato il premier Albert Pahimi Padacket in una messaggio radiotelevisivo. "Per far fronte ai pericoli che minacciano l'integrità del territorio il governo ha deciso di chiudere la frontiera terrestre con la Libia e di dichiarare le aree al confine zone di operazioni militari", ha aggiunto il premier. Le regioni desertiche del Tibesti sono densamente popolate ma sono teatro di traffici illeciti di contrabbando condotti da varie etnie, fra cui i Toubous libici. Inoltre il governo di al-Sarraj sta perdendo i pezzi. Nei giorni scorsi si è dimesso uno dei vicepremier, il tuareg Mussa al-Kuni, che ha ammesso il fallimento dell’esecutivo. “Noi tutti membri del governo abbiamo la responsabilità di quanto è accaduto lo scorso anno: i drammi, le violenze, i morti, gli abusi, l’appropriazione indebita di fondi pubblici … qualunque sia la gravità dei crimini, siamo responsabili” ha detto al-Kuni.

Il fallimento del governo di al-Sarraj, sembra favorire lo scoppio di nuove ostilità tra le milizie di Misurata e le forze della Cirenaica fedeli al governo di Tobruk e all’Esercito Nazionale Libico del maresciallo Khalifa Haftar le cui forze aeree hanno attaccato l’aeroporto dell’osi di Jufra, controllate dalle milizie di Misurata che, terminata la campagna contro il Califfato a Sirte, sembrano intenzionate ad assumere il controllo dell’area petrolifera tra bin Jawad e el-Brega passate dal settembre scorso sotto il controllo di Haftar.

Le tensioni tra le forze della Cirenaica (sostenute militarmente direttamente da Egitto ed Emirati Arabi Uniti e politicamente anche dalla Russia) e le milizie di Misurata e Tripoli mettono in imbarazzo Roma che da mesi ha schierato a Misurata una missione militare sanitaria (Operazione Ippocrate) con un ospedale da campo che ha già effettuato oltre 3mila prestazioni sanitarie per lo più a favore di miliziani rimasti feriti nella battaglia di Sirte. “Gli italiani sono sempre i benvenuti in Libia, peccato che abbiano scelto di stare con i nostri nemici” ha detto Khalifa Haftar, consigliando ai Paesi stranieri di “non interferire con la Libia”, in una intervista al Corriere della Sera del 3 gennaio. Il maresciallo ha precisato che “comunque ci aspettiamo aiuti da tutti per combattere l’Isis. Saremmo ben lieti di cooperare con la Gran Bretagna, la Francia o la Germania, Italia compresa. Purtroppo fino a ora il governo di Roma ha scelto di aiutare soltanto l’altra parte della Libia”. Haftar lamenta che l’Italia ha “mandato 250 uomini tra soldati e personale medico per gestire l’ospedale di Misurata. A noi nulla. Negli ultimi giorni ci era stato promesso l’invio di due aerei per trasportare negli ospedali italiani alcuni dei nostri feriti. Ma fino a ora non sono arrivati, forse per il brutto tempo”.

Haftar ha aggiunto che “ci saremmo aspettati maggiore cooperazione” e “non abbiamo apprezzato il discorso di fine anno del vostro capo di Stato maggiore in visita a Misurata. Ha detto che l’Italia sostiene le milizie di Misurata, cosa che va oltre una pura missione medica di pace”. Da quanto è stato reso noto in Italia circa la visita a Misurata del 27 dicembre, il generale Claudio Graziano, Capo di Stato Maggiore della Difesa, ha dichiarato che “le nostre Forze armate continueranno ad assicurare la missione fino a quando sarà ritenuto necessario dalle autorità libiche”. Termine quest’ultimo un po’ vago considerato che la Libia è in mano a diverse “autorità” ma che si riferiva sicuramente al governo di al-Sarraj ufficialmente riconosciuto. Una frase che forse ha indispettito Haftar anche perché, durante la visita, il generale Graziano ha incontrato all’interno dell’aeroporto militare esponenti di spicco militari e civili di Misurata, vera e propria “città-Stato” che sostiene al-Sarraj senza però esserne dipendente.

Pur cercando di mantenersi in equilibrio sostenendo la riconciliazione nazionale in Libia, Roma ha troppi interessi in Tripolitania per schierarsi con Haftar e il governo di Tobruk nonostante costituisca una compagine ben più stabile e omogeneo del caos tribale che regna in Tripolitania. Il terminal del gas di Melitha e le attività dell’ENI sono però concentrate nell’Ovest della nostra ex colonia così come è dalle coste della Tripolitania che salpano i gommoni carichi di immigrati clandestini diretti in Italia i cui flussi non vengono fermati né dalle flotte italiana ed europea né sulle coste dalle “autorità di Tripoli”. Per questo è meglio non nutrire facili ottimismi dall’annunciata visita de ministro degli Interni italiano Marco Minniti a Tripoli, o più facilmente nella base di Abu Sitta, “covo” di al-Sarraj. 

Difficile che Minniti possa incassare garanzie dal governo libico circa lo stop ai flussi di clandestini e del resto al-Sarraj non sarebbe in grado di mettere in campo forze militari per garantire un simile impegno. Al massimo potrebbe premere affinché lo pseudo governo libico consenta che la nostra flotta respinga sulle coste della nostra ex colonia i clandestini soccorsi in mare e raccolti dalle navi italiane e Ue: opzione che però finora al Sarraj ha sempre escluso. "I nostri rapporti con l'Italia sono ottimi, è la nazione europea più vicina a noi e le consultazioni tra i due paesi sono continue" ha detto ieri al-Sarraj, sottolineando che "stiamo collaborando su temi di comune interesse". Vedremo presto con quali risultati.