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Santa Laura Montoya

I tratti principali della spiritualità di santa Laura (1874-1949), fondatrice delle Laurite, sono ben espressi nelle poche righe che scrisse dopo un’intensa preghiera eucaristica presso la Basilica di San Pietro: «Provai un grande desiderio di avere tre lunghe vite: una per dedicarla all’adorazione, l’altra per trascorrerla nelle umiliazioni e la terza per le missioni»

Santo del giorno 21_10_2020 English Español

È stata la prima colombiana a essere canonizzata. E si potrebbe dire che santa Laura Montoya o Laura di santa Caterina da Siena (1874-1949), quest’ultimo il suo nome religioso, abbia avuto fin dall’inizio una chiamata particolare alla santità. A quattro ore dalla nascita, per desiderio della madre che non voleva vederla prima che fosse battezzata, ricevette il Battesimo con il nome di Maria Laura di Gesù, impostole dal sacerdote perché i genitori non si erano ancora messi d’accordo. Ad appena due anni rimase orfana del padre Juan de la Cruz Montoya, ucciso durante la guerra civile scoppiata per lo spirito fortemente anticattolico del Partito liberale al governo. La madre Dolores le trasmise la pietà cristiana e le insegnò a pregare per l’assassino del genitore.

Superando le varie difficoltà che avevano segnato la sua fanciullezza, Laura riuscì a diventare maestra elementare. Si adoperò per dare a bambini e giovani un’educazione cattolica, malgrado l’opposizione di diverse autorità locali. Fortificata dalla preghiera contemplativa e dalle penitenze, aveva maturato la volontà di entrare nella clausura del Carmelo, ma poi con l’aiuto dei suoi padri spirituali capì che Dio la stava chiamando a un’altra missione: l’evangelizzazione delle popolazioni indigene.

Nel 1914 partì con alcune compagne per svolgere opere di catechesi presso gli indios Cuna. Due anni più tardi l’arcivescovo Crespo Rivera eresse la comunità nella congregazione delle Missionarie di Maria Immacolata e santa Caterina da Siena, oggi note anche come «laurite» e presenti in vari Paesi. «Avevo bisogno di donne intrepide, valorose, infiammate nell’amore di Dio, che potessero assimilare la loro vita a quella dei poveri abitanti della selva, per condurli verso Dio», scriveva la santa, che proseguì la sua opera evangelizzatrice anche negli ultimi nove anni di vita, trascorsi sulla sedia a rotelle.

I tratti principali della sua spiritualità sono ben espressi nelle poche righe che scrisse dopo un’intensa preghiera eucaristica nel 1930 alla Basilica di San Pietro: «Provai un grande desiderio di avere tre lunghe vite: una per dedicarla all’adorazione, l’altra per trascorrerla nelle umiliazioni e la terza per le missioni». Nel suo abito spicca la «M» di Maria e la scritta Sitio («Ho sete») in ricordo delle parole pronunciate da Gesù sulla croce, a significare la volontà divina di salvare il genere umano. Quella stessa volontà la animava a convertire chi ancora non conosceva Cristo: «Quanta sete ho! Sete di soddisfare la vostra, Signore. Comunicandoci abbiamo unito due ansie: Voi della gloria di vostro Padre e io del vostro cuore Eucaristico!».