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SPAGNA

Sanchez bocciato. Il favorito dell'Ue perde la maggioranza

Sanchez, il socialista della banda di "visionari" che impazzava a Bruxelles sino alla settimana scorsa, è caduto. Non solo non è stato in grado di far approvare la legge di Bilancio dello scorso anno, ma non è stato neanche in grado di raccogliere i voti necessari per avere una maggioranza. A novembre potrebbero esserci nuove elezioni in Spagna.

Esteri 26_07_2019
Pedro Sanchez

Sanchez, il socialista della banda di visionari che impazzava a Bruxelles sino alla settimana scorsa, è caduto, non solo non è stato in grado di far approvare la legge di Bilancio dello scorso anno, non è stato in grado ieri di raccogliere i voti necessari per avere una maggioranza. Nulla più e nulla meno dei suoi voti, 123 socialisti e un indipendentista, sui 176 necessari. Le elezioni politiche in Spagna si erano svolte lo scorso 28 aprile e avevano segnato un grande risultato per i Socialisti del giovane leader Pedro Sanchez, già al Governo del paese dal giugno 2018, dopo che la Mozione di Sfiducia costruttiva contro il Primo Ministro (regolarmente) eletto Mariano Rajoy, presentata dal suo partito, era stata sostenuta dalla maggioranza della Camera dei deputati spagnola. Dei 350 depuati del Congresso, allora erano stati 180 i voti contrari a Rajoy, contro 169 favorevoli al proseguimento della vita del Governo.

Il nuovo Premier socialista spagnolo e stella nascente dei socialisti europei, lo abbiamo visto nelle scorse settimane armeggiare tra nomine e nuove coalizioni di ‘visionari’ a Bruxelles, non era stato molto fortunato. Sin dai primi mesi del suo mandato aveva dovuto subire il voto contrario della maggioranza dei deputati alla Legge di Bilancio ed il 13 Febbraio, a meno di un anno dal suo blitz, si era visto costretto ad indirre le elezioni anticipate nella speranza di raccogliere una solida maggioranza. L’interesse e la simpatia internazionale verso Sanchez è nota, evidenti sono le ragioni di questa simpatia da parte di filantropi e Ong dedite alla sostituzione etnica europea (si veda a solo titolo di esempio: il Piano ESI-Sanchez per la politica migratoria Europea). Con una faccia tosta impensabile, Sanchez è stato accreditato dai leader tedeschi e francesi come il terzo playmaker nelle decisioni cruciali sui ruoli apicali europei, tant’è che l’ex Ministro degli esteri Borrell è stato da diverse settimane indicato come Alto Rappresentante della Politica estera dell'Ue. Ebbene, a seguito delle elezioni politiche della scorsa primavera, il leader nuovo, l’uomo della salvezza socialista si è scoperto nudo, senza maggioranza e con poche possibilità di cementare coalizioni in parlamento. Era necessario un accordo con i populisti di estrema sinistra di Podemos, che intanto si erano scissi, e gli indipendentisti per consolidare una maggioranza stabile.

Nei giorni dei fasti europei, seduto al tavolo con gli altri ‘visionari’, Sanchez potrebbe aver ispirato Macron nel far pressioni sul leader liberale e centrista spagnolo Rivera, affinchè appoggiasse o si astenesse sul voto di fiducia al Governo Socialista. Ciudadanos e Rivera non si sono piegati, né alle lusinghe francesi, né alle pressioni madrilene. Popolari spagnoli e Ciudadanos, per molte ragioni politiche e per l’incalzare da destra di VOX, hanno sempre assicurato a Sanchez il proprio voto contrario, nessuno sconto né astensione. A Sanchez non è rimasto che tentare di riannodare i fili con Podemos, che nel frattempo chiedeva un terzo dei ruoli e visibilità massima per il suo leader Iglesias. Tre giorni orsono, Martedi scorso Sanchez, ha dovuto affrontare la cruda realtà della politica casalinga, dopo i successi e le sbornie europee. La stragrande maggioranza dei deputati e dei partiti spagnoli hanno votato contro l’incarico e il secondo Governo Sanchez, solo 124 voti favorevoli (123 Socialisti e uno del partito di Cantabria), 170 contrari (Popolari, Ciudadanos, VOX, ERC, Canaria, Navarra e la capogruppo di Podemos); 52 astenuti, inclusi tutti i deputati di Podemos e gli indipendentisti. Sanchez avrebbe dovuto ottenere 176 voti favorevoli per la maggioranza assoluta, esattamente la somma dei favorevoli ottenuti più i 52 astenuti.

Un segnale chiarissimo, con il quale Podemos e il suo leader Iglesias mettevano in chiaro le proprie condizioni. In questi ultimi due giorni, le accuse reciproche per il mancato accordo tra Socialisti e Podemos hanno macchiato tutte le prime pagine dei giornali spagnoli, parole al vetriolo tra i due ex potenziali alleati che pure hanno presentato programmi elettorali simili su molti punti: eutanasia, gender nella scuole, aborto ancor più rapido, politiche migratorie aperte, revisione storica, maggiori tassazioni per Chiesa Cattolica e sue opere sociali ecc...

Sanchez nel suo discorso di ieri al Congresso ha attaccato durissimamente Iglesias e Podemos, accusandoli di inesperienza e incompetenza giovanilistica. Ribatito la sua indisponibilità a presiedere un governo che, questa l’accusa, con l’entrata di Podemos si sarebbe trasformato in due governi separati. Tutte le immagini di tutte le televisioni hanno fatto la spola tra il viso di Sanchez, Iglesias e gli applausi dei socialisti. Sanchez si è poi lanciato negli attacchi al PP e a Ciudadanos, accusati di non consentirgli di governare, pur essendo all’opposizione. Insomma, un Sanchez tanto presuntuoso da non trovare nel suo operato un solo difetto, colpa della opposizione se i Socialisti e il suo giovane campione non possono governare. Un vizio antico della sinistra, ancora una volta confermato dal novello leader, che per gli argomenti usati appare ancor più vecchio dei suoi più antichi predecessori. Casado ha risposto con forza e determinazione, quella leggera spavalderia che la sua età (37 anni) gli consentono: nessuna possibilità di assegni in bianco, nessun appoggio o astensione per coloro che desiderano riformare quella legge sul lavoro approvata dai Popolari negli scorsi anni e che ha contribuito a creare più di 2 milioni di posti di lavoro. Rivera, il brillante leader di Ciudadanos, deluso perché Sanchez e la sua ‘banda’ ha usato la Spagna come fosse un bottino da spartire, un paese bloccato per disaccordo su un Ministero, così come Socialisti e Podemos sono stati incapaci di presentare una legge di bilancio. Tutti attendevano le parole di Iglesias, ‘descamisado’ e maniche raccolte sulle braccia: nessun rispetto per Podemos, nessun rispetto per i nostri voti e parlamentari; impossibile negoziare il 48 ore invece di aver usato 80 giorni; dopo il veto personale ricevuto da Iglesias e il non riconoscimento della proporzionalità nei posti di governo. Iglesias a sorpresa non ha rotto, invece a ha lanciato una proposta nuova, la rinuncia la Ministero del Lavoro ma a patto di avere tutte le competenze di politiche attive del lavoro (che però sono di competenza delle Comunità Autonome e non del Governo Nazionale).

 Una proposta di riapertura della trattativa fatta in diretta televisiva che ha ribaltato il tavolo ancora una volta e rimesso la palla nel campo di Sanchez. Vox e il suo leader Abascal, così come i partiti nazionalisti hanno mostrato le ‘proprie’ posizioni, chi contrari e chi astenuti o favorevoli. A conferma dei timori di tutta la Spagna, gli indipendentisti catalani, favorevoli alla mediazione tra Socialisti e Podemos, lanciavano un ultimo appello per una intesa che salvasse i ‘prigionieri politici’ e l’indipendenza di Catalogna.

La proposta di Iglesias e la possibile ripresa delle negoziazioni, sostenuta da catalani e talune altre forze autonome, con nuovo voto di fiducia in settembre non è stata accettata e, per bocca della portavoce dei Socialisti Adriana Lastra, si è rifiutata l’ipotesi dell’ultima ora con fermezza e chiarezza, ribaltando tutti i peggiori dettagli delle trattative avvenute nei giorni scorsi contro Podemos, un colpo di spalla che tentava di costringere tutte formazioni di sinistra a votare comunque e subito per Sanchez: o così o nessun altra trattativa. “Limite superato, i guardiani di sinistra siamo noi Socialisti e non Podemos”. Definiti così scenari, schieramenti e avversari, il voto del pomeriggio di ieri si è concluso con soli 124 favorevoli a Sanchez (gli stessi di martedì), 67 astenuti (+15 crescita dovuta ai indipendentisti) e 155 voti contrari, PP+Ciudadanos+Vox e altri. Ora, almeno per ora, le elezioni si fanno più vicine, dopo il doppio ‘KO’ subito Sanchez si sono meglio chiariti schieramenti ed avversari, Socialisti e Podemos si scanneranno per i prossimi mesi, una opportunità in più per quel centro destra che almeno su famiglia, cure palliative e divieto scolastico alla ideologia gender pare abbia le idee chiare. La nuova stella socialista è caduta, di nuovo, ora i visionari europei di Macron certamente si sentiranno più soli e saranno meno pericolosi per tutti. In qualunque caso, sino al 23 settembre (in teoria) i partiti possono ancora intavolare trattative e consolidare maggioranze, diversamente a novembre ci saranno elezioni.