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1917-2017

Rivoluzione Russa, l'appello di Cirillo: non ripetere il crimine

Il patriarca di tutte le Russie, Cirillo, in vista del centenario del 1917, avverte: l’instaurazione del regime bolscevico “non può che essere considerato altro che un crimine terribile”. E il metropolita Ilarione: "La Grande Guerra Patriottica è stata una delle conseguenze della rivoluzione russa. E non possiamo nemmeno immaginare cosa sarebbe il nostro paese se non ci fossero state la rivoluzione e la guerra"

Libertà religiosa 22_02_2017
Il patriarca Cirillo

Nuova Urss, nuovo impero o repubblica? L’identità della Russia è ancora incerta per i russi stessi, un quarto di secolo dopo la caduta dell’Urss e un secolo dopo la Rivoluzione. La prossima celebrazione del centenario della presa del potere da parte di Lenin, il 7 novembre, sarà una cartina di tornasole di tutte queste tendenze e misurerà quanto si è diffusa la nostalgia per il vecchio sistema comunista. Il patriarca di tutte le Russie, Cirillo, si porta avanti e avverte: l’instaurazione del regime bolscevico “non può che essere considerato altro che un crimine terribile”.

Parlando nella cattedrale di Cristo Salvatore, a Mosca, ha brevemente riassunto gli eventi di un secolo fa: “L’autocrazia (lo zar, ndr) era caduta nel febbraio-marzo 1917. Il potere era stato trasferito nelle mani di un governo provvisorio. Il 25 ottobre (7 novembre nel nostro calendario gregoriano) questo governo era caduto, cacciato da un colpo di Stato bolscevico”. Già questo riassunto degli eventi sfata un mito persistente nei settant’anni di storiografia sovietica e filo-sovietica: la presa del potere da parte di Lenin fu un colpo di Stato contro un governo democratico, non una rivoluzione popolare. Contando sulla lontananza degli eventi e sulla smemoratezza delle nuove generazioni, i sovietici hanno, fra l’altro, sempre fatto dimenticare la breve esperienza democratica della Russia, da marzo a novembre del 1917, presentandosi come i veri artefici della cacciata dell’autocrazia.

“I rivoluzionari mentirono al popolo – prosegue il patriarca di Mosca – provocarono i conflitti. I loro fini erano ben diversi da quelli che proclamavano. Mettevano in pratica un programma che il popolo non poteva neppure immaginare”. Anche in questo caso viene sfatato un altro mito persistente nella storiografia marxista: quello secondo cui i bolscevichi vinsero grazie al loro programma di “pane, pace e terra” e poi “furono costretti” dalla guerra civile ad adottare metodi autoritari. La prospettiva storica è ribaltata: i bolscevichi usarono gli slogan di “pane, pace e terra” per prendere il controllo dei soviet e poi delle istituzioni dello Stato, ma furono loro a scatenare la guerra di classe, fatta di espropri e nazionalizzazioni, ateismo di Stato e persecuzione delle classi "nemiche", per implementare il loro programma rivoluzionario. Che, fra le altre cose, era rivolto più all’Europa occidentale (considerata erroneamente da Lenin sull’orlo della rivoluzione proletaria) che non alla Russia stessa.

“Praticamente tutti coloro che presero parte alla rivoluzione vennero ‘liquidati’ dalle campagne di terrore che si sono poi succedute. I rivoluzionari, a gran maggioranza torturarono e fecero scorrere sangue innocente. Nel centesimo anniversario della rivoluzione – conclude Cirillo – faccio appello a voi affinché non chiudiate gli occhi su quel che avvenne allora, a prenderne pienamente coscienza e comportarvi in modo che non si ripeta più”. L’appello giunge in un periodo di forte revivalismo delle glorie dell’Armata Rossa e dello stesso Stalin, la cui popolarità (di leader storico) continua a crescere soprattutto fra i russi, molto più che negli altri popoli post-sovietici. Sul mito della Grande Guerra Patriottica, quella combattuta all’ultimo sangue contro l’invasore nazista dal 1941 al 1945, ha messo in guardia il metropolita Ilarione, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del patriarcato di Mosca durante un programma televisivo trasmesso dalla Tv Rossiya-24. Il suo è un monito contro tutte le guerre, in un momento in cui quelle in Ucraina e in Siria hanno provocato una fiammata di patriottismo. “Prima di tutto, non dobbiamo permettere la guerra – dice Ilarione - E quando si sentono chiamate alle armi anche da parte di rappresentanti della Chiesa si tratta di dichiarazioni assurde e, a mio avviso, blasfeme”.

Ma ancor più eclatante è il suo richiamo storico alla Grande Guerra Patriottica: “nessuna guerra ha mai aiutato nessuno, è sempre una disgrazia per le persone. La Grande Guerra Patriottica è stata una delle conseguenze della rivoluzione russa. E non possiamo nemmeno immaginare cosa sarebbe il nostro paese se non ci fossero state la rivoluzione e la guerra. Avremmo una popolazione diversa. Adesso, la Chiesa è diventata influente dopo aver dato notevoli frutti di santità all’inizio del Ventesimo Secolo”.

Infine, il metropolita tira una stoccata al rapporto Stato-Chiesa: in Russia, la seconda è quasi sempre stata subordinata al primo. “D’altra parte, ci sono stati gravi errori nella sua struttura amministrativa, e a partire da Pietro il Grande è stata privata del patriarcato diventando parte dell’ingranaggio statale. Il ripristino del patriarcato è avvenuto nel momento stesso in cui i bolscevichi hanno preso il potere: la Chiesa ha avuto un nuovo slancio per proseguire nella sua storica esistenza, che ha consentito di superare le persecuzioni”.