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DOPO IL CORONAVIRUS

Ripensare il concetto di libertà e democrazia

La difesa della salute non può essere barattata con la perdita della libertà. Ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare che una malintesa democrazia in questi anni ha distrutto la famiglia e demolito il principio del diritto alla vita. La sfida è respingere l’autoritarismo ma senza tornare alla falsa democrazia e falsa libertà.

Editoriali 31_03_2020 English Español

La difesa della salute non può essere scambiata con la perdita della libertà. La Nuova Bussola ha più volte difeso questo principio, chiarendo però anche che ciò non significa semplicemente tornare al concetto di libertà e di democrazia che si aveva prima della crisi da coronavirus. Il ripensamento indotto dall’epidemia in corso deve riguardare anche le modalità con cui nel nostro Paese venivano esercitate le libertà civili e politiche e il sistema democratico che le contemplava. Il pugno forte a tutela della salute può nascondere pericoli totalitari, ma nello stesso tempo la paura del pugno forte può portare a celebrare una libertà indegna di celebrazione.

La democrazia moderna è per sua natura frammentante e divisiva perché è individualista. Essa può anche distruggere una nazione e indebolire fortemente il senso di appartenenza ad un popolo e il perseguimento del bene comune. La democrazia numerica ha un forte effetto dissacrante, perché sottopone ogni valore e principio al conteggio quantitativo delle opinioni. Essa moltiplica all’infinito i percorsi individuali, dovendoli contemplare tutti anche per legge, e quindi si riduce ad essere il notaio dei desideri. Nella sovranità popolare si nasconde il principio del sovrano assoluto, incarnato ora nei molti anziché in uno solo. Anche ammesso questo principio, il riconoscimento della volontà popolare tramite la rappresentanza è pressoché impossibile a realizzarsi, e le elezioni politiche sono influenzate da mille altri fattori, compresa l’influenza di poteri non democratici.

Quando una nazione deve affrontare un pericolo come quello che stiamo vivendo, può trovarsi indebolita proprio a causa della libertà e della democrazia. E se questo non avviene è perché, fortunatamente e per altre strade, si è riusciti a conservare un patrimonio di valori nonostante il relativismo della democrazia moderna.

Le democrazie sono conflittuali al proprio interno. I governi sono guidati nelle loro politiche non solo dai contenuti in gioco ma anche dal timore di perdere elettorato o di danneggiarsi politicamente rispetto ai concorrenti. Le decisioni necessarie possono quindi essere prese in ritardo, oppure a rilento. Davanti a pericoli come questo che stiamo vivendo servono decisioni immediate e chiare, che per i sistemi democratici sono molto problematiche. Qualcuno, anche dall’estero, ha rimproverato il governo italiano di non aver agito con decisione all’inizio di questa storia e di aver dimostrato forti difetti di comunicazione. Forse hanno pesato anche condizionamenti come quelli ora ricordati. Anche nello “scontro” governo / regioni si può constatare una difficoltà tipicamente democratica ad agire di comune accordo. Può essere un bene se le regioni sopperisce alle indecisioni del governo, ma anche un male se complica gli interventi articolandoli diversamente nei territori.

È giusto lamentarsi per la quarantena del nostro Parlamento. Oltre ad essere una ingiustizia rispetto a tanti italiani che non possono ritirarsi nel loro orticello protetto e che sono in prima linea, la chiusura del Parlamento simboleggia negativamente la sospensione della democrazia. Il Parlamento va riaperto. Ma questo può farci dimenticare i grandi difetti del nostro parlamentarismo? Che molti gruppi interi di parlamentari si sono ricollocati diversamente dopo le elezioni? Che l’attuale governo è frutto di una operazione di palazzo che ha riportato nella stanza dei bottoni coloro che avevano perso alle politiche? Che ciò rappresenta nel frangente una oggettiva debolezza? Oggi ci ritroviamo come ministro della sanità uno di questi perdenti ripescati. Allora lamentarsi per la chiusura del Parlamento non può significare semplicemente tornare alla situazione di prima. Né ci salverà, come è stato detto, lo “spirito costituzionale e repubblicano”, perché è proprio questo spirito ad aver animato gli aspetti più discutibili della nostra libertà democratica.

La nostra democrazia, con le sue leggi disastrose, negli ultimi cinque anni ha distrutto la famiglia italiana e ha demolito il principio del diritto alla vita. Quella stessa democrazia si ritiene ora perfettamente in grado di difendere la vita dal coronavirus e di puntare sullo “stare a casa”, ossia in famiglia. Ma ha la fedina penale pulita per chiedere questo? Tutti noi sappiamo che se ci sarà recessione economica e disoccupazione – e ci saranno! – toccherà alla famiglia farsene carico, quella famiglia che però è stata colpita, sfruttata, distrutta, vituperata dalle leggi cirinnà e dalle sentenze della Corte costituzionale, proprio in base allo “spirito democratico e repubblicano”. E anche durante l’emergenza in corso, arrivano notizie che gli aborti non sono sospesi e tutto continua come prima. I democratici che cantano “bella ciao!” davanti alla presente difficoltà e chiamano alla raccolta contro il nuovo nemico della vita, sono gli stessi che non ammetterebbero nessuna restrizione alla piaga dell’aborto, nemmeno per fare spazio ai reparti di terapia intensiva.

Nelle situazioni di emergenza la democrazia e la libertà sono in pericolo. Ma le situazioni di emergenza dipendono anche dalla democrazia e dalla libertà falsamente intese e peggio usate. Quando ci opponiamo alle derive autoritarie, cerchiamo di non tornare – come fosse una salvezza – alla falsa libertà e alla falsa democrazia.