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L'ANALISI

Rifiuti e finanziaria, ombre sulla maggioranza

Il decreto per Napoli e le vicende travagliate della manovra mettono in evidenza che il cammino per completare la legislatura non è semplice e richiede un immediato chiarimento tra Berlusconi, Bossi e Tremonti.

Editoriali 06_07_2011
napoli

Il decreto sui rifiuti di Napoli e quanto ne è seguito hanno messo in evidenza le tensioni della politica italiana di questo momento: la difficoltà del PdL a recuperare in pieno, al centro e in periferia, l’alleanza con la Lega, le eccessive esternazioni di Napolitano (non mi sembra che spetti al Presidente della Repubblica stabilire se una misura del governo sia “sufficiente “ o meno), la possibilità che Berlusconi rilanci una nuova fase politica in grado di valere fino alla fine della legislatura. Anche sulle immondizie di Napoli, in altri termini, si gioca una partita politica.

Intervenendo sui rifiuti di Napoli con un decreto che permettesse di risolvere l’emergenza, il Governo ci avrebbe guadagnato molto dal punto di vista politico. Avrebbe dimostrato di saper fare il proprio dovere anche se ora a governare la città c’è de Magistris, uno dei “grandi nemici” del premier. Anzi, avrebbe fatto passare l’idea che in un certo senso anche de Magistris alla fine, dopo le tante promesse elettorali su questo aspetto del programma – i rifiuti appunto – deve ora chiedere aiuto al governo di opposta parte politica. Il Premier avrebbe anche avuto la possibilità di lucrare una positiva immagine in futuro.

L’intervento con il decreto, infatti, doveva governare l’emergenza, ma poi si sarebbe dovuto impostare la quotidianità fisiologica in modo che emergenze simili non si fossero ripetute. Berlusconi avrebbe avuto modo così di andare a Napoli più volte di persona, per mostrare che il Governo non abbandona il Sud e cose di questo genere. Avrebbe potuto bacchettare le eventuali inadempienze degli enti locali ed anche, se le cose non fossero migliorate per colpa loro, dissociarsi dalle loro responsabilità e giocare la carta dell’orgoglio del Sud anche a proposito dei rifiuti.

Il decreto in tre articoli, approvato dal Consiglio dei Ministri,  è invece più  circoscritto. Ammette la deroga al divieto di esportare rifiuti fuori regione, prevede il nulla osta delle regioni riceventi anche senza il parere della Conferenza Stato-regioni, amplia il potere dei Commissari per la Campania per l’individuazione dei siti per le discariche.

Che il decreto non sia risolutivo dell’emergenza lo dicono in molti, non solo dall’opposizione. In pratica tutto è demandato ad accordi tra singole regioni e non si dà ai sindaci i poteri necessari. Non lo ha negato nemmeno il premier Berlusconi, il quale ha annunciato che sta studiando un nuovo piano che presenterà da qui ad un mese per nuovi impianti per liberare Napoli dai rifiuti. In queste ultime ore egli ha anche sollecitato le regioni del Nord ad essere accoglienti e disponibili, con ciò però riconoscendo i limiti del decreto.

Il fatto è che il decreto è stato elaborato mediante una lunga trattativa con la Lega. Di questa trattativa faceva parte anche il comportamento della Lega in Consiglio dei Ministri, ossia il suo voto contrario. In altre parole il Decreto non impone alle regioni del nord di accogliere i rifiuti e non nasce con la firma della Lega. Si tratta di un compromesso che rafforza la capacità della Lega di non scontentare il proprio elettorato e di alzare il prezzo della propria alleanza, decisiva in questo momento politico. Un compromesso che indebolisce ulteriormente il governo il quale sembra in grado di “tenere” solo a prezzo di continue trattative con il partito di Bossi.

Simili trattative sono state condotte nei giorni scorsi a proposito della manovra finanziaria da 47 miliardi di euro da qui al 2014,  che ieri il Governo ha inviato al Quirinale. Qui il compromesso ha coinvolto non solo PdL e Lega ma anche il ministro Tremonti. Qualcuno ha cercato di spiegare l’assenza in aula di una quarantina di deputati del PdL in occasione di due importanti votazioni alla Camera sulla legge che recepisce una quarantina di direttive europee (“La Comunitaria”). Non si può stabilire un nesso automatico tra la difficoltà delle trattative all’interno della maggioranza di governo e questi flop in aula, ma non si può negare che un certo malumore esista.

Ci sono due possibilità. Una consiste nel continuare fino alla fine della legislatura con una trattativa a singhiozzo con la Lega e con Tremonti. Questo però rischia di togliere la briglia ai tanti gruppi di cui anche la galassia PdL è formata e che danno segni di insofferenza anche boicottando il voto in aula. Un Premier costretto continuamente a trattare con i suoi alleati e a trovare, come dice Bossi, “la quadra” ad ogni piè sospinto dà l’idea di traccheggiare e non di navigare. Del resto l’orgoglio pidiellino resuscitato (sembra) da Angelino Alfano appena eletto Segretario chiede di non cedere troppo al compromesso con la Lega. E’ significativo, per esempio, che il PdL milanese abbia appoggiato il sindaco Pisapia che ha promesso aiuti di napoletani, dissociandosi dalla posizioni del Capogruppo leghista in Consiglio comunale.

L’altra è che tra Berlusconi, Bossi e Tremonti si faccia un accordo complessivo per i due anni di legislatura, garantendo alla Lega il raggiungimento di alcuni suoi obiettivi fondamentali nel campo del federalismo con i quali possa soddisfare il proprio elettorato senza doverlo fare di volta in volta, di decreto in decreto. Ma il punto è proprio questo: è in grado Berlusconi, in questo momento, di fare da sintesi non per una singola occasione, ma per un percorso? La fiducia parlamentare da poco ottenuta poteva far ritenere di sì, l’esito del decreto sui rifiuti di Napoli adombra invece il no.