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LA RESISTENZA

Quegli anticorpi cristiani che servono alla lotta

L’Occidente potrebbe approfittare dell’anno giubilare per chiedere perdono dei propri peccati. E tornare ad affrontare senza rimorsi i mali che lo mimacciano. A partrire dal terrorismo islamico. Un Occidente praticamente disarmato, da quando si è fatto invadere da quella che Ratzinger ha definito come la “dittatura del relativismo”. 

Editoriali 20_12_2015
L'Occidente deve tornare alle sue radici cristiane

Caro direttore, il bravo Mattia Ferraresi, sul Foglio, ha posto all’Occidente questa chiara domanda: «abbiamo gli anticorpi filosofici per sconfiggere il terrorismo islamico?». Anche se non sono un filosofo vorrei cercare di dare un piccolo contributo ad una risposta, partendo dalla mia semplice esperienza umana e cristiana, poiché anche “l’uomo comune” ha i criteri per giudicare, se sceglie di non stare “mai tranquillo”. Ecco alcuni punti.

Il primo anticorpo, come ti ho già scritto in altre circostanze è quello di arrendersi e accettare di parlare di “terrorismo islamico” apertamente, senza giri di parole, anche perché mi sembra difficile sconfiggere un nemico che si dice di non esistere. È quasi banale dire che non tutti gli islamici sono terroristi, ma è anche molto realistico dire che il terrorismo che imperversa da oramai molti anni è “islamico”, sia perché gli autori di questi orrendi crimini agiscono in nome del loro Dio, sia perché è innegabile che all’interno della storia e della moderna esperienza dei musulmani c’è, fin dall’inizio, un filone che considera la violenza come un’arma naturale per l’avanzata in tutto il mondo dell’islam, che significa “sottomissione”. 

Comprendo sempre meno come l’Occidente possa essere così restio a dare il nome vero ad un terrorismo, che viene attuato in tutto il mondo, dagli Usa alla Nigeria, dalla Francia al Kenia, dalla Spagna all’Inghilterra, con gli stessi obiettivi e con gli stessi insensati slogan. Ammettiamo, dunque, che si tratta di terrorismo “islamico”, unica condizione per assumere le giuste contromisure e per avviare un serio dialogo con quella parte del mondo islamico che terrorista non è, ma che appare anche molto silente tra un attentato e l’altro.

Un secondo anticorpo di cui l’Occidente dovrebbe munirsi è quello di eliminare quello strano senso di colpa che pervade quasi tutta la sua cultura, che ha rovesciato l’osservazione evangelica: da noi si è più propensi a vedere la pagliuzza nei propri occhi che non la trave negli occhi altrui. Questa situazione porta molti occidentali a giustificare, in fondo, la violenza islamica, perché mille anni fa abbiamo fatto le crociate o perché più di un secolo fa abbiamo colonizzato molti di quei Paesi. Quelle colpe passate (su cui si dovrebbe aprire una seria considerazione, per la quale non c’è spazio in una semplice lettera), posto che siano tali, impediscono all’Occidente, che ora sta arricchendo i  Paesi islamici per via del petrolio, di elaborare giudizi equilibrati e sensati per evitare di suicidarsi. Forse, l’Occidente potrebbe approfittare dell’anno giubilare per chiedere perdono dei propri peccati (che ci sono). Così, libero di questo peso, potrebbe riprendere a ragionare liberamente, per sconfiggere il terrorismo su tutti i fronti necessari. Sappia l’Occidente che il perdono cristiano è più potente di Freud.

L’Occidente è praticamente disarmato, da quando si è fatto invadere da quella che Ratzinger ha genialmente definito come la “dittatura del relativismo”. Il relativista si preclude, per forza di cose, la possibilità e il dono del giudizio, perché se tutto è uguale e tutto è relativo, se non si riesce più a distinguere il bene dal male, se non si riesce più a vedere ciò che è reale e ciò che non lo è, come si può combattere un attacco sferrato da certezze sbagliate, ma che certezze sono? Mi appare quasi penoso lo slogan ripetuto da tanti esponenti del nostro mondo in questo periodo: «non ci porteranno via i nostri valori». Ma quali sono questi valori? Il libero aborto è un valore? Il divorzio sempre più facile è un valore? L’utero in affitto è un valore? Quell’abbaglio costituito dalla cultura gender è un valore? E la nostra libertà vale solo perché possiamo trovarci per un happy hour o per ascoltare inni a Satana? Una “civiltà” con questi sedicenti valori come può difendersi da attacchi, contro i quali si dovrebbe avere forti ideali, in base ai quali essere capace di grandi sacrifici e non solo di andare liberamente al bar.

Dovremmo, allora, dire che non abbiamo più gli anticorpi per difenderci e sconfiggere il terrorismo islamico? All’apparenza dovremmo rispondere di sì. Ma abbiamo un’ultima opportunità, anzi, una grande speranza. Il vero e unico anticorpo è ritornare a “fare il cristianesimo”, vivendolo in tutte, dico tutte, le sue dimensioni, che sono , e lo ripeto, cultura, carità e missione. La cultura, che ci permette di giudicare le situazioni senza complessi di inferiorità, perché il “pensiero di Cristo” può illuminare tutto; la carità, perché condividendo i bisogni dei nostri fratelli uomini (e donne), possiamo giudicare senza condannare; la missione, perché ci è stato ordinato di annunciare instancabilmente la buona novella a tutti ed in tutto il mondo. Solo un cristianesimo veramente vissuto ci può fare sperare in una rinascita pacifica del mondo intero. Hadjadj ha, recentemente, auspicato che si ritorni ad essere cristiani “guerrieri”: le nostre armi, appunto, sono la cultura, la carità e la missione.

Caro direttore, spero che il Santo Natale, oramai vicino, dia a tutti noi l’occasione per chiedere a Gesù Bambino la forza della testimonianza e della lotta, che, come sai, per me sono la stessa cosa. Tanti tanti auguri a te ed a tutti i tuoi tanti lettori.