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MARCIO IN DANIMARCA

Quando il caos sale in cattedra

In uno stabile fatiscente del quartiere latino di Aarhus in Danimarca sorge il KaosPilots Institute, una business-design-school che riunisce studenti ricercatissimi. Particolarità: ogni alunno può fare quello che gli pare, perchè, a quanto sembra, il caos può essere anche un "utile" principio educativo.

Educazione 22_04_2013
KaosPilots

“C’è del marcio in Danimarca”, diceva Marcello ad Orazio nell’Amleto di Shakespeare. E pare che avesse ragione se andiamo a vedere cosa succede al KaosPilots Institute, una scuola di specializzazione in design che è sorta nel quartiere latino di Aarhus, in Danimarca. 

Il KaosPilots è una business school di durata triennale in cui si dovrebbero formare i futuri leader e manager di domani. Riceve finanziamenti dalla UE e solo 35-37 studenti vengono accolti ogni anno a fronte di quasi mille richieste provenienti da tutto il mondo. Cosa ha di particolare questa scuola? Un indizio viene dal motto scelto dall’istituto, il famigerato aforisma di Nietzsche: “Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella che danzi”. Fedeli a questo motto, in cattedra ci sale il caos allo stato puro. Infatti non ci sono classi o materie specifiche, libri o lezioni nel vero senso della parola, ma molto è lasciato all’improvvisazione, all’estro creativo, al brainstorming. Lo spontaneismo è la stella polare e “danzante” che guida i docenti. E così spazio libero a “giochi energizzanti” come il tango, alla possibilità di seguire le lezioni sdraiati per terra a piedi scalzi oppure distesi su un’amaca. “Silenzio ragazzi!” è un imperativo ormai bandito tra queste pareti. Che ognuno faccia quel che gli pare secondo i sei principi di base dell’istituto: il gioco, il mondo reale, l’esperienza nata dalla strada, l’assunzione di rischi, l’equilibrio e la compassione.

Lo stabile che ospita la business school è identico a un centro sociale: fatiscente, completamente coperto di graffiti, dentro disordine, arredi spogli e miseri. In particolare in un’aula giganteggiano su uno sfondo bianco due maiali che si accoppiano. L’idea che ha avuto il placet dell’Unione Europea e che è stata imitata anche in altre nazioni non è frutto della mente di qualche anonimo perdigiorno che ha trovato il modo di mungere le tasche dei contribuenti europei con questa trovata, bensì di Uffe Elbaek, ministro della Cultura danese. Il caos, insegnato e assimilato dagli studenti, pare che sia ciò che cerca l’Europa. Infatti il 33% degli studenti è diventato imprenditore e il 63% occupa ruoli manageriali. Solo il 4% è rimasto senza lavoro.

Il KaosPilost è un’altra testimonianza del fatto che l’Europa stia rinnegando tutto il portato culturale della propria tradizione occidentale, nata dall’incontro tra Rivelazione cristiana, filosofia della Grecia classica e diritto romano. Infatti “imparare” in latino si traduce “discere”, da cui “discipulus”, cioè studente, e “disciplina”. Ciò a dire che il lavoro di studente è per sua natura connesso con una disciplina, con una regola di condotta e di apprendimento. Il caos è l’opposto dell’”ordo”, cioè dell’ordine e dunque senza regole. Infatti ciò che è caotico non si ripete mai uguale a se stesso, non è regolare. 

Cosa si intende invece per ordine? La tradizione scolastica che fa capo a Tommaso D’Aquino, ci dice che l’ordine è un piano, un progetto per condurre le cose al loro debito fine. L’ordine presuppone quindi uno scopo, il caos no, è senza fine e quindi senza senso. Se io mi prefiggo lo scopo di appendere un quadro ad una parete, ordinerò le mie azioni di conseguenza e cercherò gli strumenti per soddisfare il fine: andrò a prendere martello, chiodi e una scala, salirò su questa, fisserò il chiodo alla parete e infine appenderò il quadro. Tutte azioni ragionevoli, cioè comandate dal nostro intelletto che fissa delle regole, delle norme per realizzare l’intento prescelto. In tal modo chi deve apprendere qualcosa non può fare a meno dell’ordine: nei programmi di studio, nel processo di apprendimento, nel rispettare gli orari, negli spazi fisici dove si studia, etc. Il discente allora si sottopone ad  una disciplina perché strada ineludibile per crescere sul piano culturale e formativo. A caso non si arriva de nessuna parte.

Di conseguenza il caos che regna in quel di Danimarca ci fa comprendere che il maestro da ascoltare non è più la ragione, ma l’istinto animale, quello stesso istinto che ha portato i suini dipinti sulla parete dell’aula ad accoppiarsi. E l’istinto è per sua natura cieco, cioè non capace di prefissare obiettivi e poi trovare gli strumenti per realizzarli. Bene le tecniche di brainstorming, l’intuizione, il cambiare punti di vista, ma poi il tutto deve confluire non nello spontaneismo anarchico ma in una forma, cioè in qualcosa di ordinato. L’irrazionale, la spinta emotiva devono essere incanalate dalla ragione perché acquistino forza e direzione. Infine viene da domandarsi che tipo di professionisti la UE, con i suoi finanziamenti, intende offrire al mercato del lavoro e quale idea di “professione” abbia in animo di promuovere. Tutto sregolatezza e anarchia? Banale a dirsi, formatisi nel caos questi ingegneri, economisti, architetti etc. produrranno altrettanto caos nella società, progettando chissà quali abitazioni invivibili, definendo progetti di rilancio economico utopici e ipotizzando piani urbanistici da Alice nel Paese delle Meraviglie.