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PAOLO IL CALDO

Quando gli ambientalisti fanno il gioco della fame

La retorica buonista e il pauperismo conformista non cessano di alzare la voce sulle carenze alimentari, sull’insostenibilità dell’aumento della popolazione. Falsità comprovate dagli stessi dati della Fao: la popolazione mondiale è raddoppiata tra il 1960 e il 2003, la produzione di alimenti è aumentata di circa tre volte.

Paolo il caldo 29_04_2015
Paolo Togni

La retorica buonista e il pauperismo conformista degli esponenti del pensiero unico, rinforzati dai paleoambientalisti nemici dello sviluppo, non cessano di alzare la voce sulle carenze alimentari, sull’insostenibilità dell’aumento della popolazione, sulla fatalità di gestire o addirittura di favorire una fase di decrescita felice. Falsità e imbecillità, comprovate come tali dai dati sulla produzione di cibo e sulla denutrizione forniti dalla Fao, dalle cui pubblicazioni sono estratti tutti i numeri riportati in questa nota.

Infatti negli ultimi decenni, mentre la popolazione mondiale è più o meno raddoppiata tra il 1960 e il 2003, arrivando a superare i sette miliardi di individui, tra il 1961 al 2009 la produzione di alimenti è aumentata di circa tre volte, e la Fao stima che la disponibilità pro capite di chilocalorie sia passata da 2189 a 2831 al giorno: un aumento di poco inferiore al 30%. E se circa 805 milioni di persone hanno sofferto di denutrizione cronica nel 2012-2014, è pur vero che nei precedenti vent’anni il loro numero assoluto è diminuito di 209 milioni, passando dal 18,6% all’11,3% degli abitanti della Terra. 

Per quanto riguarda i Paesi in via di sviluppo, la percentuale di persone denutrite nello stesso periodo è passata dal 23,2% al 13,5%. Che centinaia di migliaia di persone, di nostri fratelli, siano costretti a vivere in grave stato di malnutrizione è una vera e propria vergogna, che ricade sui Paesi sviluppati, e che trova origine soprattutto negli interessi economici dei produttori di cibo, delle loro organizzazioni, dei distributori e degli stati, che troppo spesso antepongono i propri interessi economici ad ogni altra considerazione. Se consideriamo poi che sta assumendo sempre maggior rilievo una forma di malnutrizione selettiva, che vede molte popolazioni in carenza di determinate sostanze, come iodio, vitamina A e ferro (si stima che siano circa due miliardi le persone che ne soffrono), apparirà in tutta la sua pesantezza la responsabilità degli anti ogm: infatti molti dei problemi derivanti da deficienze di specifiche sostanze potrebbero (ma solo al condizionale, vista la situazione attuale) essere risolti tramite l’uso di ogm mirati, ricchi dei componenti in questione. 

Chi non ricorda il caso vergognoso del golden rice, arricchito di vitamina A e quindi in grado di limitare fortemente la malattia endemica del glaucoma, che su pressione di irresponsabili circoli ambientalisti diversi governi africani si sono rifiutati di distribuire alla popolazione? Studi molto autorevoli sviluppati alle Università di Monaco e di Berkeley quantificano in oltre 1.500.000 anni di vita umana quello che è andato perso tra il 2002 e il 2014 a causa della mancata diffusione del golden rice. Chi ne è responsabile? A livello globale sopratutto le associazioni Greenpeace e Sierra Club; in Italia aggiungerei Legambiente e Coldiretti. Insomma, anche nel settore dell’alimentazione i dati – quelli veri, non quelli delle associazioni ambientaliste fornitrici di bassi servizi ai politici interessati – dimostrano che mente chi sostiene che il futuro deve essere peggiore del presente; mente chi sostiene che stiamo arrivando al limite dello sviluppo possibile; mente chi sostiene essere esaurito il potenziale che la Terra ha messo e ancora metterà a disposizione della razza umana perché possa seguitare a costruire il suo progresso.

Solo conoscendo bene i mattoni e le loro caratteristiche si può costruire una buona casa: è quanto gli uomini di buona volontà cercano di fare, giorno dopo giorno, per garantire ai loro figli e ai loro nipoti, e a tutte le generazioni future, la possibilità di realizzare un futuro quale quello che il Signore ci ha destinato. Guai, però, se non sapremo rispondere dei talenti che Egli ci ha assegnato e di quanto abbiamo guadagnato investendoli: perché il futuro non ci capita addosso senza che ne siamo consapevoli, ma è quello che con le nostre forze e con l’aiuto di Dio saremo capaci di costruirci.