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SINODO AMAZZONIA

Preti sposati, i giochi di prestigio di Tornielli

Riferendosi al fatto che nel Sinodo sull'Amazzonia si parlerà anche della possibilità dei viri probati, il direttore editoriale del Dicastero vaticano per la Comunicazione ha detto che comunque le eccezioni al celibato già esistono nella Chiesa di rito latino. È ormai il solito trucchetto di ritrovare i precedenti nella storia per giustificare le scelte che si vogliono compiere. Ma anche in questo caso l'argomento è inconsistente e mistificatore.

Editoriali 23_09_2019
Andrea Tornielli con papa Francesco

Andrea Tornielli, lo scorso 19 settembre, è intervenuto sull’ormai imminente Sinodo dei vescovi sull’Amazzonia (per un riassunto, vedi qui). Il direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede ha voluto fare alcune precisazioni in merito alla prossima assemblea ed in particolare al tema caldo dell’ordinazione dei viri probati, forse per cercare di gettare acqua sui numerosi focolai di contestazione (l’intervista video è disponibile sulla pagina Facebook della Conferenza dei Vescovi brasiliana).

Dopo aver qualificato come bufale le voci di un Sinodo che vorrebbe creare uno stato amazzonico indipendente o autorizzare l’ordinazione delle donne, Tornielli fornisce delle “chiarificazioni” sulla questione dell’ordinazione degli uomini sposati. Anzitutto, Tornielli tiene a precisare che il Sinodo non è un organo deliberativo, ma consultivo; la decisione spetta al Papa, che potrà esprimersi mediante un’esortazione apostolica post-sinodale o altri strumenti a sua disposizione. Precisazione corretta, ma non molto tranquillizzante, visto quello che è accaduto con l’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia.

Il punto però che ci interessa è il seguente: «Da molti secoli nella Chiesa cattolica ci sono sacerdoti sposati. Sono i sacerdoti delle Chiese cattoliche orientali che sono tornati alla piena comunione con Roma. [...] Non è che i sacerdoti possono sposarsi, ma sono le persone già sposate che vengono ordinate, questo è per gli orientali. [...] La stessa cosa esiste, e forse questa sarà una sorpresa per i nostri ascoltatori, nella Chiesa di rito latino, come eccezione, dai tempi di Pio XII. Papa Pacelli ha ricevuto ex sacerdoti anglicani che volevano entrare in comunione con Roma e, sposati, sono stati ordinati sacerdoti e sostengono le loro famiglie. Papa Benedetto stesso con la costituzione Anglicanorum coetibus ha stabilito che questa eccezione può continuare nel caso degli anglicani. Quindi ci sono già delle eccezioni».

Siamo alle solite. I lettori ricorderanno l’intervento di Tornielli che prendeva le difese dell’iniziativa del pranzo in basilica in San Petronio, in occasione della visita di papa Francesco alla diocesi di Bologna. All’epoca, Tornielli accusava i contestatori dell’iniziativa di ignorare la storia della Chiesa, ossia di non conoscere gli illustri precedenti di questi banchetti in luogo sacro. Nella replica, avevamo fatto notare la totale decontestualizzazione di quegli episodi e testi, i quali erano testimonianza di un progressivo processo di de-paganizzazione o di necessità estrema, mentre invece i pranzi in basilica altro non erano che operazioni ideologiche, che dimostrano un paganesimo di ritorno, reso peggiore dall’incomprensione del sacro.

In sintesi, avevamo cercato di far capire che è foriero di gravi danni un ragionamento del tipo: oggi ci possono essere eccezioni, perché anche nel passato ve ne sono state, senza sforzarsi di capire le differenze storiche tra le diverse situazioni. Un andamento analogo si è verificato nel ragionamento di svariati vescovi e cardinali che hanno difeso il “caso per caso” presente in Amoris Laetitia, motivandolo con il fatto che in Familiaris Consortio § 84, fosse già prevista un’eccezione per l’ammissione alla Comunione dei divorziati-risposati, ossia la condizione di vivere castamente. Questa giustificazione appare ancora più grave, perché ha distorto completamente il senso di quel paragrafo.

Tornielli, spiace dirlo, cade nello stesso errore. Siccome nella Chiesa cattolica orientale ci sono uomini sposati che vengono ordinati sacerdoti; siccome anche nella Chiesa latina si ammettono delle eccezioni – vedi la questione anglicana -, allora anche il Sinodo amazzonico può prevedere delle eccezioni riguardo al celibato. Il problema è che la fattispecie indicata dal Sinodo - «la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità anche se hanno ancora una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana» - ha delle connotazioni che non permettono di considerarla un’eccezione alla regola del celibato, assimilabile a quella ammessa per gli anglicani.

In quest’ultimo caso, si tratta di persone sposate, non cattoliche, che nelle proprie comunità hanno esercitato un ministero rassomigliante a quello del sacerdote o vescovo cattolico (rassomigliante, perché le ordinazioni anglicane sono invalide), e che domandano di entrare nella comunione della Chiesa cattolica, ricevendo l’ordinazione sacerdotale. Domandano cioè di essere ordinati sacerdoti, senza essere soggetti all’obbligo del celibato; domandano e non necessariamente ottengono: la condizione già restrittiva di essere stati “sacerdoti” nella chiesa anglicana non comporta un diritto ad ottenere la dispensa dal celibato, ma a presentare la domanda.

Tutti gli altri candidati al sacerdozio dell’ordinariato personale per gli ex-anglicani, sono soggetti al celibato, che rimane pro regula. In parole povere: un uomo sposato ex-anglicano, che al tempo della sua appartenenza alla chiesa anglicana era annoverato tra i chierici maggiori, può semplicemente chiedere di essere ordinato sacerdote con la dispensa del celibato; la concessione potrà essere accordata ad casum. Invece, un uomo sposato ex-anglicano, che al tempo della sua appartenenza alla chiesa anglicana non era annoverato tra i chierici maggiori, non può nemmeno chiedere l’ordinazione con la dispensa. Se così non fosse – o se si dovesse procedere de facto altrimenti – ci troveremmo di fronte non più a delle eccezioni, ma ad una fattispecie normata dal diritto generale, finendo così in una contraddizione diretta della norma del celibato.

Quello che si sta delineando nel Sinodo sull’Amazzonia, stando all’Instrumentum Laboris, può apparire simile al caso degli anglicani, mentre invece si tratta di una norma generale che concederebbe la dispensa dal celibato ad una precisa categoria di persone «al fine di assicurare i sacramenti»; questo significherebbe ovviamente che situazioni analoghe, nelle quali si dovranno assicurare i sacramenti – ossia situazioni in cui mancano i sacerdoti -, motiverebbero la stessa dispensa. Allora si andrebbe a configurare quello che il teologo Lobinger aveva vaticinato (vedi qui): una vera e propria categoria di sacerdoti, prevista dal diritto (nella sua fantasia denominati i “preti di tipo corinzio”), che curiosamente, hanno le stesse caratteristiche di quelli proposti dall’Instrumentum Laboris: anziani coniugati, indigeni, che si occuperebbero solamente dei sacramenti. E non può non destare preoccupazione che il nome di Lobinger sia venuto fuori proprio da papa Francesco (vedi qui).

Nel caso degli anglicani si tratta di persone che provengono da una tradizione disciplinare che ha ammesso, sbagliando, il clero uxorato non continente e che ora chiedono di poter continuare il loro ruolo di pastori nella Chiesa cattolica, ricevendo un’ordinazione sacerdotale valida; nel caso dell’Amazzonia, invece, ci troviamo di fronte a uomini già appartenenti alla Chiesa cattolica latina, che verrebbero ordinati per il solo fatto di sopperire alla mancanza di clero; è vero che in passato i candidati al sacerdozio erano scelti anche tra i coniugati, perché i candidati celibi non erano sufficienti, ma a costoro veniva però richiesta la continenza. La proposta del Sinodo costituirebbe perciò una vera e propria discontinuità nella disciplina della Chiesa latina.

Per quanto riguarda la disciplina delle chiese orientali, pensare che si tratti di una modalità da sempre esistente nella Chiesa è un grosso errore storico. La verità è che prima del Concilio in Trullo del 692, le uniche attestazioni di un clero sposato non continente, cioè di uomini coniugati che una volta ricevuti gli ordini maggiori, non cessavano i rapporti coniugali, riguardano le chiese scismatiche nestoriane. E’ solo a partire dal trullano che nelle Chiese orientali subentra l’esistenza di un clero sposato non continente e ciò avviene rompendo una disciplina che fino ad allora era unitaria, come testimonia san Girolamo, il quale attesta per le Chiese d’Oriente, d’Egitto e della Sede Apostolica la medesima disciplina, perché esse «non accettano i chierici a meno che siano vergini o continenti, o, se hanno preso moglie, [li accettano solo] se hanno rinunciato agli atti coniugali» (Adversus Vigilantium, 2,). Riferirsi perciò alla vigente disciplina orientale per giustificare eventuali eccezioni al celibato, è come invitare la Chiesa latina ad andare dietro alla rottura disciplinare avvenuta alla fine del VII secolo.

Allora, attenzione a fare di tutte le eccezioni un fascio; un animale a quattro zampe, con la coda, i baffi ed il pelo che abbaia, non è un’eccezione della specie felina: è un’altra specie.