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IVA PER LE RETTE DELLE SCUOLE

Per il Governo l'educazione è una merce da tassare

Con la legge di stabilità dal 1 gennaio per le prestazioni didattiche l'Iva sarà portata al 5%. In compenso sono previsti 100 milioni di euro in più per le scuole paritarie dell'infanzia in particolare per gli alunni con disabilità. Il rischio che sia uno spot elettorale perché il governo con una mano dà (poco) con l'altra toglie (molto).

Educazione 18_10_2016

E’ giunta alla redazione della Nuova Bussola Quotidiana questa mail da parte di un lettore, giustamente irritato per l’aumento delle aliquote iva che è andato a colpire anche le cooperative sociali che offrono servizi di pubblica utilità, scuole paritarie comprese: “Gentile direttore, dopo aver festeggiato (poco, con una pizza) perché anche le rette scolastiche finalmente erano entrate nella detrazione fiscale, il governo si rimangia tutto con gli interessi, gravando ancora sulle scuole paritarie con l’imposizione dell’iva al 5% sulle rette. Ancora tasse su opere educative, sui figli, sulle famiglie, schiacciate ancora una volta dall’iniquità del governo”.

Non è cosa di questi ultimi giorni. L’aumento dell’IVA, che incombe come un’ombra minacciosa ad ogni giro di boa della Legge di stabilità, è andato in vigore già all’inizio del 2016 e il boccone avvelenato ormai è stato amaramente inghiottito. Tuttavia, è comprensibile il dispetto del lettore che ne ha preso atto solo ora.

Per capire qualcosa di più e non fermarsi alle pur legittime reazioni di sdegno, occorre provare a ricostruire un po’ la vicenda, pur senza addentrarsi troppo nei meandri delle normative fiscali. Quali sono i motivi che stanno dietro questo intervento sulle aliquote IVA?

Il provvedimento ha avuto origine nel 2012 nell’ambito della procedura EU Pilot, quando la Commissione europea ha rilevato l’incompatibilità con l’ordinamento comunitario della disciplina IVA del nostro paese concernente le cooperative in genere,  comprese le cooperative sociali svolgenti prestazioni socio-sanitarie ed educative.

Tale disciplina, prevedendo l’applicazione dell’aliquota super-ridotta del 4%, andava a violare la norma comunitaria che consente di mantenere le aliquote inferiori al 5% per le sole operazioni che al 1° gennaio 1991 già godevano di tale beneficio, mentre la legge delle cooperative sociali è del novembre 1991.

Al fine di evitare la procedura di infrazione, nella “legge di stabilità 2013” era stata introdotta una norma volta ad abrogare tale beneficio a tutte le cooperative interessate, elevando così l’aliquota dal 4 al 10%, dato che quest’ultima è l’unica aliquota ridotta presente nel regime giuridico italiano.

In considerazione dei devastanti effetti sociali che tale abrogazione avrebbe potuto produrre e delle peculiarità delle cooperative sociali, il Governo ha però parzialmente rivisto la sua posizione e ha ripristinato, con la legge di stabilità 2014, l’aliquota del 4% per le sole cooperative sociali.

Tale operazione, tuttavia, ha determinato l’apertura di una nuova procedura EU Pilot e il conseguente coinvolgimento dei Ministeri interessati (MEF, Politiche Comunitarie, Lavoro, etc…) per evitare iniziative non concertate ed estemporanee. Di fronte al pericolo che si dovesse tornare all’aliquota del 10%, l’idea che per mesi è circolata tra i Ministeri interessati, proposta e sostenuta da ACI Sociali, è stata quella di elevare al 5% l’aliquota super-ridotta del 4%. L’idea ha ricevuto consensi da parte dei vari Ministeri, escluso il MEF, il quale ha osservato che essa presupporrebbe una rivisitazione complessiva della materia IVA; tuttavia, in data 23 giugno 2015 il Governo ha formalmente risposto alla Commissione europea inoltrando la proposta di nuovo articolato legislativo elaborata dal MEF che prevede l’aumento dal 4 al 5% dell’aliquota IVA in via del tutto provvisoria con un periodo massimo di vigenza (3 anni) in attesa della riforma della disciplina IVA al livello europeo e/o italiano.

Dunque, con la legge di stabilità per il 2016, a partire dall’1 gennaio, l’aliquota ridotta del 4%,  prevista per le “prestazioni socio-sanitarie, educative, comprese quelle di assistenza domiciliare o ambulatoriale o in comunità e simili o ovunque rese, in favore degli anziani ed inabili adulti, di tossicodipendenti e malati di Aids, degli handicappati psicofisici, dei minori, anche coinvolti in situazioni di disadattamento e di devianza, rese da cooperative e loro consorzi, sia direttamente che in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in generale”, è stata portata al 5% per tutti questi servizi:

- prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza;

- prestazioni di ricovero e cura;

– prestazioni educative dell’infanzia e della gioventù e quelle didattiche di ogni genere, anche per la formazione, l’aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all’alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, ancorché fornite da istituzioni, collegi o pensioni annessi, dipendenti o funzionalmente collegati, nonché  le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale;

– prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, delle colonie marine, montane e campestri e degli alberghi e ostelli per la gioventù;

- prestazioni socio-sanitarie, di assistenza domiciliare o ambulatoriale, in comunità e simili.

Il problema è nato, come si desume dalla ricostruzione, dalle imposizioni della Comunità Europea, alla quale evidentemente poco importa delle cooperative sociali nostrane. Resta il fatto, indubitabile, che il Governo italiano ha disperatamente bisogno di fare cassa, soprattutto in questi ultimi anni di vacche magre; per questo, l’aumento dell’Iva generalizzato, sia delle aliquote ordinarie sia di quelle ridotte, è stato certamente accolto di buon grado…

Occorre considerare che un aumento anche solo dell’1% dell’Iva, particolarmente per tutte quelle realtà –come le cooperative sociali- che offrono servizi alla persona e non dispongono certo di grandi margini di profitto, rappresenta un problema di non poco conto, dato che o viene scaricato sulle rette (cosa che si vorrebbe evitare, data la particolarità del servizio e dell’utenza) oppure deve essere riassorbito all’interno dei magri bilanci dell’impresa.

L’aumento purtroppo è andato a colpire servizi non solo di pubblica utilità, ma anche rivolti alle fasce sociali più deboli, quelle per le quali lo Stato, se dovesse provvedere direttamente, spenderebbe cento volte di più. E’ il caso anche delle scuole paritarie, che come è noto permettono un risparmio di circa 6miliardi di euro all’anno; nonostante ciò, non ci si è curati di evitare che negli ultimi tre anni ne chiudessero circa 600. Per il nostro Stato, evidentemente, vale il detto “meglio un uovo oggi che una gallina domani…”.

E’ di questi ultimi giorni la notizia che in Legge Finanziaria 2017 sono previsti 100 milioni di euro in più per le scuole paritarie dell’infanzia, e in particolare per gli alunni con disabilità che le frequentano, sempre più numerosi. Ci auguriamo che non sia solo uno spot elettorale in vista del referendum del 4 dicembre, e che non accada ancora una volta, come nel caso delle detrazioni e dell’aumento dell’iva, che il governo con una mano dà (poco) e con l'altra toglie (molto).