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SCANDALO AL NOBEL

Moralismo, l'altra faccia del permissivismo svedese

Scandalo in Svezia. Causa diciotto denunce per molestie sessuali all'influente fotografo Jean-Claude Arnault, salta il Nobel per la Letteratura. Forse, da quelle parti luterane, il moralismo indignato va di pari passo col permissivismo e la disinvoltura. Come a Hollywood. E’ l’altra faccia dell’unica medaglia.

Attualità 06_05_2018

«Attenti al mandrillo», si potrebbe dire, parafrasando una canzone di Fabrizio De André (a sua volta tratta da un testo di George Brassens), a chi si aggira per le strade di Stoccolma, onde indurlo a camminare con una mano davanti e l’altra dietro. In realtà il rischio è circoscritto alle auliche stanze dell’Accademia svedese, quella che dal 1901 ogni anno assegna i premi Nobel.

Qui, uno scandalo senza precedenti, almeno per il premio, ha interessato ben diciotto signore in un #metoo scandinavo ed eterosessuale che vede nei panni del mandrillo il fotografo franco-svedese Jean-Claude Arnault. Pare che la cosa sia così grave da avere indotto i giurati del Premio a disertare, nel prossimo ottobre, la cerimonia di consegna del premio nella Konserthuset, la Sala dei Concerti della capitale svedese, almeno per la Letteratura. Chissà perché proprio quello. Sia come sia, il corrispondente premio Nobel quest’anno non verrà assegnato. Tutto ha avuto inizio nel novembre scorso, quando ben diciotto donne hanno accusato di molestie e in qualche caso perfino di aggressioni sessuali il fotografo di cui si è detto, habitué dell’Accademia perché gestiva un progetto culturale finanziato dall’Accademia stessa e marito di una accademica, la poetessa e scrittrice Katarina Frostenson. Sembra che le accuse siano state prese maledettamente sul serio - anche se l’accusato nega recisamente - tanto che la Frostenson ha perso il posto nell’Accademia.

Dicono che la foia del mandrillo franco-svedese non si sarebbe fermata neppure alle soglie del trono di Svezia. Nel 2006 avrebbe osato aggredire nientedimeno che la principessa ereditaria, Victoria, pesantemente palpeggiata nel corso di un evento organizzato dall’Accademia. Una delle assistenti della principessa si sarebbe vista costretta a intervenire, spintonando il molestatore seriale. Ora, allargando lo sguardo al pianeta, o viviamo in tempi di molestie sessuali o questi sono semplicemente tempi di denuncia di molestie sessuali. Comincia una a puntare il dito e, una alla volta, altre si alzano in piedi e si accodano. L’hashtag me too vuol dire proprio «anch’io». Chissà cosa induce le vittime di molestie sessuali a tacere per anni per poi uscire allo scoperto tutte insieme o quasi. Certo, il fotografo franco-svedese ha, come il produttore cinematografico americano Harvey Weinstein, poche chances di sfangarla. Diciotto accusatrici sono troppe e sarà dura per lui dimostrare che erano consenzienti o che si sono inventate tutto. Il caso della principessa Victoria, poi, fa traboccare il vaso. Sarà chiamata a testimoniare in tribunale? E, se sì, ci andrà? Boh. Magari, si può immaginare lo sconcerto del mandrillo di fronte ai rifiuti  (e ora alle denunce).

Ma come, non era la Svezia il bengodi del libero amore e delle donne disinibite, tanto che perfino Alberto Sordi ci faceva sopra i film fin dagli anni Sessanta? Che quando vedevano arrivare turiste svedesi ai maschi italiani si rizzava la cresta? La Svezia, che la pornografia la potevi comprare pure dal droghiere, come vedevamo nei documentari? Non era svedese Helga, il primo film con nudi integrali e sesso a gogò, del lontano 1968? Questo, forse, avrà pensato il fotografo che, avendo nome e cognome francesi, è in gran parte mediterraneo. La sua è la patria del bacio alla francese, del bidet e del boudoir, e i suoi antenati si chiamavano «galli». Da qui, forse, il suo impulso primario. Purtroppo per lui i tempi sono mutati, oggi va il #metoo e le mani è meglio tenerle a posto. A nostro sommesso avviso, non è meno scandaloso quando l’Accademia assegna il Nobel in modo discutibile, specialmente quello per la Pace. Ma forse, da quelle parti luterane, il moralismo indignato va di pari passo col permissivismo e la disinvoltura. Come a Hollywood. E’ l’altra faccia dell’unica medaglia. Intanto lo scandalo è in corso d’opera. Vedremo se, oltre alle diciotto, altre diranno «me too».