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DOPO LA STRAGE DELLE PALME

Martiri cristiani sepolti in fretta nell'Egitto blindato

Dopo la strage della Palme nelle due chiese copte, si seppeliscono in fretta i cristiani anche per la coincidenza della Pasqua. Mentre ci si prepara all'arrivo del Papa in un Egitto blindato, l'Islam si ritrova a gestire la reazione alla strage. Come lamenta il portavoce copto i musulmani sono sinceri nelle manifestazioni di cordoglio, ma le istituzioni, compresa l'universtà di al-Azhar non hanno mai voluto affermare in maniera netta che l'Isis è kuffar, miscredente.

 

-MARTIRI PER UNA FEDE CHE L'OCCIDENTE NON HA PIU' di Benedetta Frigerio

Libertà religiosa 11_04_2017
La figlia di una vittima piange sulla bara

Si seppeliscono in fretta i morti in Egitto. Succede sempre così, in Oriente. Ma questa volta, se possibile, il passaggio è stato ancora più veloce per le 46 vittime delle due stragi di domenica. Già alla fine della giornata iniziata con la processione delle Palme trasformatasi in tragedia, nella chiesa di San Giorgio a Tanta si deponevano le bare nelle tombe appena scavate proprio lì, vicino al luogo dell'esplosione. Siamo infatti nella Settimana Santa e la liturgia copta impone che al centro ci sia solo la Passione di Gesù: dunque non è ammessa la celebrazione di messe funebri. Così il vescovo di Tanta ha voluto che il rito delle esequie si svolgesse subito alla sera, quasi a rendere ancora più immediata la sovrapposizione con il mistero della Croce che in queste ore per una volta uniti i cristiani celebrano in tutto il mondo.

Ad Alessandria, invece, il permesso per la sepoltura è arrivato più tardi; così per le vittime della chiesa di San Marco la sepoltura è arrivata ieri pomeriggio, dopo un corteo funebre che ha condotto i feretri al cimitero del monastero di San Mina, nel quartiere di Mariut. «Sono stati uccisi dai nemici dell'umanità, da chi odia la pace, da chi porta solo distruzione - ha scritto la Chiesa copta nel suo omaggio ufficiale alle vittime -. Ma adesso questi martiri sono uniti a tutta la Chiesa nella preghiera al Giusto giudice che vede, ascolta e tutto scrive nel suo Libro del ricordo». «Nonostante il dolore atroce che abbiamo patito ancora una volta - ha scritto nell'editoriale di ieri Youssef Sidhom, il direttore del giornale copto Watani - stiamo con la schiena dritta contro il terrorismo, senza altre armi che l'amore e la pace».

Non stati solo i cristiani, però, ieri ad Alessandria a piangere i loro morti: vi sono stati i funerali anche per gli agenti di polizia uccisi per aver provato a fermare l'attentatore suicida fuori dalla chiesa di San Marco. Tra loro anche la prima donna poliziotto egiziana caduta mentre svolgeva il suo servizio. Anche a queste esequie è echeggiata la parola martiri. E - per una volta - ha fotografato davvero il sacrificio di poveri agenti che domenica hanno provato con i loro corpi a fare quanto l'intelligence egiziana continua a dimostrarsi incapace di fare per proteggere le comunità cristiane nel mirino dei jihadisti.

Intanto da ieri in tutto l'Egitto sono rispuntate le misure straordinarie di sicurezza, dopo che il presidente al Sisi a caldo l'altra sera ha annunciato tre mesi di stato di emergenza. In un Paese come l'Egitto, dove i militari non è che siano mai andati troppo per il sottile, ha il sapore di una dichiarazione politica più che di un provvedimento specifico. Ed è chiara la percezione che ci voglia ben altro. Ieri in un'intervista ad AsiaNews è stato padre Rafic Greiche, il portavoce della piccola comunità dei copti cattolici, a dare voce a uno stato d'animo diffuso al Cairo.

«In queste ore i musulmani - ha spiegato - sono sinceri in queste manifestazioni di cordoglio, soprattutto i fedeli, la gente comune che si sente vicina nel dolore e nell’emozione. Vi è una sincera partecipazione. Tuttavia, se si guarda alle alte istituzioni come l’università di al-Azhar non hanno mai voluto affermare in modo netto che l'Isis è kuffar, miscredente. Affermano solo che si tratta di musulmani che non sono nel giusto cammino. Noi chiediamo da tempo - ha aggiunto padre Greiche - una presa di posizione chiara e netta in questo senso. Bisogna affermare che i terroristi sono fuori dall’islam, ma non è mai stato fatto. Finora non hanno fatto nulla per cambiare la mentalità delle persone, dei fondamentalisti che poi si trasformano in terroristi».

In questo contesto il fatto che il Papa abbia confermato il viaggio è un segno accolto con favore dagli egiziani. Ma accanto alla tappa ad al Azhar, uno dei momenti più attesi della visita sarà - venerdì 28 - l'incontro con il copto Tawadros II, il «loro» Papa, che domenica si trovava proprio nella chiesa colpita dai jihadisti ad Alessandria. Già prima di questi ultimi attentati al Cairo era filtrata la notizia che Francesco e Tawadros II si recheranno insieme nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, quella sventrata da un altro kamikaze durante una liturgia domenicale nel dicembre scorso. Si trova proprio accanto al patriarcato copto e la sua riapertura a tempo di record è stato un simbolo potente del coraggio dei cristiani egiziani. Il luogo da cui ricominciare anche questa volta.