Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Espedito a cura di Ermes Dovico
LEGA E M5S

Maggioranze variabili, ritagliate a seconda dell'occasione

Su un punto, leghisti e pentastellati sembrano d'accordo: cacciare il ministro dell'Economia Giovanni Tria. Ma non subito, perché prima delle elezioni non conviene. Su tutto il resto sono divisi: dalla castrazione chimica all'autonomia regionale votano separati, su fronti opposti, appoggiati da maggioranze variabili.

Politica 05_04_2019
Di Maio e Salvini

L’approssimarsi delle elezioni europee sta esasperando la conflittualità tra Lega e Cinque Stelle. Fino a due mesi fa le forze di governo enfatizzavano le convergenze su alcuni temi e rinviavano le decisioni sugli argomenti cosiddetti divisivi, ora hanno invertito la tendenza e cercano ogni pretesto per litigare. Il voto per Strasburgo, infatti, si svolgerà con il sistema elettorale proporzionale e quindi Lega e Cinque Stelle, così come tutti gli altri partiti, correranno ognuno per conto proprio e punteranno sulle battaglie identitarie.

Su un unico punto leghisti e pentastellati sembrano d’accordo: mandare via il Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Non possono farlo ora, perché la mossa rischierebbe di rivelarsi un boomerang e di provocare contraccolpi dagli esiti imprevedibili. Lo faranno quasi sicuramente dopo le europee, nel tentativo di correggere la rotta delle scelte finanziarie prese dall’attuale Ministro senza consultare fino in fondo i due partiti di governo. Tria gode della fiducia del Quirinale, ma è isolato all’interno dell’esecutivo e la sua rimozione potrebbe liberare una casella alla quale Matteo Salvini tiene molto e che potrebbe far occupare da un suo uomo fidato.

A parte, però, la comune avversione al titolare del dicastero di via XX settembre, tra Lega e Cinque Stelle volano gli stracci. Sui rimborsi ai truffati dalle banche leghisti e pentastellati giocano a chi riesce a intestarsi il merito dei decreti attuativi per sbloccarli. Due giorni fa l'Aula della Camera ha bocciato l'ordine del giorno di Fratelli d’Italia al ddl codice rosso che impegnava il governo ad adottare ogni iniziativa anche normativa per introdurre la possibilità di subordinare alla castrazione chimica la concessione della sospensione condizionale della pena in caso di condanna per reati sessuali. Il dato politico più rilevante è stata la sconfitta di un asse Lega-Fratelli d’Italia, che potrebbe rappresentare un tentativo di governo futuro, in caso di rottura tra Carroccio e Cinque Stelle. Questi ultimi sulla castrazione chimica hanno votato con Pd, Leu e Forza Italia. Un asse inedito, che potrebbe riproporsi su altri provvedimenti, considerata l’insofferenza crescente di Forza Italia verso gli atteggiamenti di Salvini, giudicati prepotenti dai vertici azzurri.

Altrettanto evidenti sono le lacerazioni tra i due partner di governo sul tema spinoso delle autonomie. Dopo che a febbraio è saltata l’intesa sulla bozza di riforma, si è avuta subito la sensazione che fino alle europee il dossier sarebbe rimasto nei cassetti, proprio per evitare che cadesse l’esecutivo. Ma arrivare fino al 26 maggio senza prendere decisioni sul tema, col rischio che neppure dopo il voto europeo si creino le condizioni per una soluzione Lega-Cinque Stelle, potrebbe non convenire al Carroccio, che fa dell’autonomia una battaglia decisiva per la sua credibilità. Intanto, però, la strada per l'autonomia delle Regioni appare sempre più in salita. Tanto che il ministro dell'Interno, Matteo Salvini ha detto che bisogna andare avanti "velocemente", con "un primo mattone prima delle europee". Ciò per tenere buono un elettorato sempre più disorientato dal prolungato attendismo del “Capitano” sull’argomento. I 5Stelle, invece, frenano: "Non spacchiamo il Paese. Servirà un dibattito parlamentare".

Le difficoltà di dialogo sulla ridefinizione dei poteri tra Stato e Regioni sono evidenti e neppure il Ministro degli Affari regionali, Erika Stefani, dopo aver incontrato i governatori delle Regioni, le nega: "Non sono stati sciolti i nodi politici su alcune richieste delle Regioni relativamente ad alcune materie. Sono nodi politici che devono essere analizzati e sviscerati, ad oggi non ho una rappresentazione univoca. Sono temi importanti, dalle infrastrutture alla scuola, ed è corretto vi siano giusti tempi di elaborazione". Il rischio è che se salta l’autonomia i governatori leghisti del Nord, gli imprenditori settentrionali e i ceti produttivi di quelle regioni possano ribellarsi all’immobilismo romano. A quel punto si realizzerebbe un paradosso: per impedire la presunta “secessione dei ricchi”, si provocherebbe un depauperamento complessivo del Sistema Paese e a perdere sarebbero tutti.

Infine, ultima ma non ultima, la collocazione di Lega e Cinque Stelle nella geografia politica europea. Matteo Salvini lunedì a Milano aprirà la campagna elettorale dei sovranisti, con una ben salda collocazione a destra. I grillini, invece, stanno facendo altre scelte in ambito europeo e guardano anche a movimenti ecologisti tendenzialmente di sinistra. Quindi non è detto che, dopo il 26 maggio, non si creino ulteriori frizioni con la Lega anche per quanto riguarda la formazione di una nuova maggioranza che governi la Commissione europea e gli altri organi del Vecchio Continente.