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PAOLO IL CALDO

Ma davvero noi italiani siamo liberi? Io dico di no

Oggi, nel 2015, noi italiani possiamo dirci veramente liberi? E partiamo dalle libertà “classiche”, quelle che costruiscono intorno alla persona un’area che nessuno può violare: riguardano la vita e le pertinenze strettamente personali. È pur vero che le norme in essere le garantiscono; ma in concreto che succede?

Paolo il caldo 06_05_2015
Paolo Togni

La libertà esiste non in quanto formalmente garantita, ma nella misura nella quale sia effettivamente esercitata: è un’affermazione di valore assoluto, che della libertà contiene e rappresenta i requisiti di esistenza. Non dichiarazioni di principio, non prescrizioni di legge: solo l’effettività della garanzia della limitazione dell’ingerenza altrui nella nostra sfera privata, garantita dai pubblici poteri, e la facoltà – attuale, concreta ed esercitabile – di intervenire nella gestione della cosa comune nelle forme previste dalla norma costituiscono, quando si verifichino, le condizioni per l’effettiva esistenza della libertà.

La premessa mi serve per abbozzare un ragionamento sul tema della nostralibertà, e iniziare a rispondere alla domanda: oggi, nel 2015, noi italiani possiamo dirci veramente liberi? E partiamo dalle libertà “classiche”, quelle che costruiscono intorno alla persona un’area che nessuno può violare: riguardano la vita e le pertinenze strettamente personali. È pur vero che le norme in essere le garantiscono; ma in concreto? La proprietà privata non è tutelata, se oltre il 90% delle denunzie di furto non porta né all’individuazione dei colpevoli né al recupero della refurtiva; tantomeno quando immobili di proprietà vengono occupati – da chi poco rileva – e sottratti alla disponibilità del legittimo proprietario per anni o addirittura per sempre, e se vengono recuperati sono necessari importanti lavori di ripristino. 

Truffe e corruzione limitano gravemente la libertà e la sicurezza economica dei cittadini, ed anche in questo caso appare un’ipotesi marginale, al limite dell’illusorietà, che i responsabili vengano assicurati alla giustizia; quando questo avviene, sarà una magistratura bolsa e indolente, quando non corrotta, a far sì che la sanzione non ci sia, o sia irrilevante. Non vi è garanzia di incolumità personale per il gran numero di rapine e di atti di violenza comunque motivati, anch’essi in larghissima misura impuniti o puniti in linea puramente teorica, vista la certezza di una pena irrogata a gran distanza di tempo dal reato, e che con molte probabilità non sarà scontata, o sarà scontata solo in piccola parte. 

Gli esempi potrebbero continuare, visto lo stato delle cose; voglio solo aggiungere a quanto scritto una considerazione di carattere generale, applicabile a tutte le circostanze in cui sia violata la nostra libertà personale e relativa all’obbligo dei pubblici poteri di ristabilire la situazione precedente ogni volta che ciò avvenga. Non ci può essere una vera e propria giustizia se non siano presenti: una forte capacità di individuare rapidamente i responsabili della violazione; una equa e rapida pronunzia della magistratura; la certezza sull’effettività della pena irrogata. Devo purtroppo constatare che queste tre condizioni, nel nostro Paese, oggi, non si verificano: la conclusione di questa parte del ragionamento è quindi che oggi, in Italia, dobbiamo constatare che lo Stato non garantisce ai suoi cittadini la protezione del complesso di libertà “classiche”.

E veniamo al secondo filone, quello che riguarda la libertà come possibilità di intervento nella gestione della cosa pubblica. Anche in questo settore le formalità sono a posto, in quanto esiste una normativa che effettivamente garantirebbe la libertà attiva dei cittadini: ma la realtà delle cose, come sta? Non credo che esistano italiani che non si rendano conto di quanto è ristretta la loro possibilità di accesso ai luoghi delle decisioni; occorrerebbe innanzitutto superare le strettoie prodotte dalle concrezioni di potere stabilitesi nel tempo, e che sono formate dalle stesse persone, e/o dalle stesse famiglie, e/o dagli stessi interessi che bloccano, da anni o più spesso da decenni, tutti i passaggi verso una presenza effettiva nelle istituzioni pubbliche e private, oltre che dei corpi intermedi. Non è sempre stato così: Fanfani, segretario della Dc, quando si vide arrivare la candidatura, votata all’unanimità del fratello Ameglio per un collegio senatoriale sicuro, la strappò dicendo: «In famiglia ne basta uno» Ed ora solo ladri, ruffiani, corrotti e prostituti riescono ad entrare nel cerchio di quelli che contano. Al cittadino comune non è consentito farsi valere; il criterio di selezione non è il merito, né la volontà di impegnarsi; si procede solo per cooptazione, per lo più diretta da motivi vergognosi.

Non siamo liberi, dunque. Godiamo bensì di un minimo di libertà, ma ben distante da quella nella quale vorremmo e dovremmo vivere. Ma dobbiamo ricordarci sempre che migliorare sta a noi, anche se è difficile, con l’aiuto di Dio che non ci può mancare. “Unusquisque faber fortunae suae”: ognuno vive nel mondo che la sua generazione si è meritato.