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CALCIO

Lettera aperta a Rino Gattuso

Caro Gattuso, il tuo mondo (che è anche il nostro mondo, fin da quando eravamo bambini) è ora tanto inquinato che sarebbe da chiudere, se la chiusura avesse un senso e se anche la “chiusura dell’Italia” si potesse programmare.

Sport 20_12_2013
Rino Gattuso

A Rino Gattuso, che dice di volersi ammazzare se qualcuno dovesse provare il fatto che abbia truccato le partite, vogliamo dire tre cose.

La prima: in Italia non esiste una giustizia che “prova l’accusa”. Per come è costruito il processo penale e per come viene amministrata la giustizia, è l’indagato e poi - se rinviato a giudizio - l’imputato a dover provare la sua innocenza. L’altro ieri, dopo 4 anni di fango buttato addosso sulla sua identità di persona e di poliziotto esemplare, è stato assolto “perché il fatto non sussiste”, Vittorio Pisani, l'ex capo della Squadra mobile di Napoli: si è difeso dalle accuse di favoreggiamento, falso, abuso d'ufficio e rivelazione di segreto nel processo sui ristoranti della camorra. Nella sua carriera - spezzata 4 anni fa e confinata in un’oscura stanza di un Ufficio immigrazione, lontano da Napoli - aveva tra l’altro arrestato i due latitanti storici del clan dei Casalesi, Antonio Iovine e Michele Zagaria, quest'ultimo ammanettato  quando Pisani era sottoposto alla misura cautelare del divieto di dimora a Napoli.

La seconda questione riguarda il mondo che Gattuso ha frequentato sin da quando era bambino, “a recuperar palloni, senza i piedi buoni, a lavorare sui polmoni, con dei compiti precisi, a coprire certe zone, a giocare generosi”, come canta Ligabue. “Con i miei soldi posso comprare orologi, terreni, oppure darli a un amico. Ci faccio ciò che voglio”, disse il capitano della nazionale qualche tempo fa, quando fu scoperta la sua passione per le scommesse. Anche l’industria calcio fa con il denaro che produce (2,7 miliardi di euro il giro d’affari per la stagione 2011-2012) quello che vuole: i suoi presidenti non si dimettono mai e, attraverso lo sport che amministrano, costruiscono carriere pubbliche, anche in Parlamento, che durano una vita intera; consente che gli ambienti delle società e gli stessi ritiri delle squadre siano frequentati da personaggi ambigui e imbarazzanti; instaura rapporti accondiscendenti con le frange violente ed estremistiche delle tifoserie, che in molti casi e su molti campi, incidono direttamente, non solo per profitto personale, sullo svolgimento delle partite; si avvale di personaggi equivoci nell’intermediazione dei suoi affari, nazionali e internazionali; non sa valorizzare e rendere sicuri gli stadi, che sono deserti e rappresentano solo il 9% del totale del valore della produzione delle società; si alimenta per quasi il 40% grazie ai diritti televisivi, soggiacendo ai diktat degli interessi speculativi che impongono gli orari delle partite; presenta bilanci nei quali le plusvalenze per la cessione di giocatori rappresentano il 20% della produzione; garantisce un monte ingaggi per i professionisti che di per sé equivale ad uno scandalo; produce una perdita netta di 388 milioni di euro e indebitamenti giganteschi. Il tuo mondo, caro Gattuso - ed anche il nostro, perché fa parte della nostra vita, sin da quando a scuola giocavamo con le figurine della Panini - è ora tanto inquinato che sarebbe da chiudere, se la chiusura avesse un senso e se anche la “chiusura dell’Italia” si potesse programmare.

Per questa ragione - e considerando che da un male può nascere anche un bene - ti chiediamo, passata la buriana che ti riguarda, di non fare come i dirigenti della FIGC, che per non turbare il “giocattolo” di cui sono custodi, non s’indignano mai, neanche di fronte alle centinaia di partite di serie A, B e Lega PRO che risulterebbero truccate secondo la procura di Cremona e al fior fiore di giocatori ed ex giocatori, anche di nazionale, che sarebbero coinvolti. Abete, il Presidente della FIGC, parla di “dieci indagati e 4 arrestati che non sono neanche tesserati”. Carraro, Presidente della FIGC e membro CIO, grida “al lupo, al lupo” e dice che “Sono anni che a una serie di azioni che hanno soprattutto un effetto annuncio, poi francamente vedo poco. C’è una sproporzione tra l’annuncio e la situazione reale”. È paradossale che chi avrebbe, in questo momento, solo il dovere di proporre l’inasprimento delle pene - fino alla radiazione - per chi trucca le partite, per evitare che il fenomeno si estenda, minimizzi in questo modo e concorra, di fatto, a consolidare l’opinione che la ragione si è fatta del calcio: una colossale finzione, ammantata di regole che non vengono rispettate e di ipocrisia che viene usata a iosa.