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IL BELLO DELLA LITURGIA

L'eroe risorto, che porta nel volto i segni della morte

Il risorto di Piero della Francesco è una delle poche raffigurazioni della resurrezione dove viene suggerita nel Vivente la recente esperienza della morte. Egli ha sconfitto la morte e, con piglio deciso e posa plastica, quasi ricordando l’immagine di un eroe antico, si erge trionfante.

Cultura 31_03_2018

Piero della Francesca, Resurrezione, Museo Civico di  Sansepolcro (AR)

La Vita ha distrutto la morte,
l'Amore ha lavato il peccato;
e Cristo, splendore di gloria,
illumina il nostro mattino.
    (Inno Pasquale)

E’ un inno alla Pasqua, oggi più di ieri e come circa seicento anni fa quando venne realizzata. Siamo in provincia di Arezzo, a Sansepolcro, nel Museo Civico che occupa il palazzo un tempo sede del governo cittadino.  E ammiriamo la Resurrezione, fresca di un recentissimo restauro durato tre anni, di un artista il cui nome è già garanzia di qualità: Piero della Francesca.  

Lavorava alle celeberrime Storie della Vera Croce, nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo, il maestro quando gli fu commissionato questo dipinto in un momento, tra il quinto e il sesto decennio del XV secolo, della storia del borgo Sansepolcro che, desiderando ottenere il titolo di sede vescovile, e quindi di città, andava rivendicando la nobiltà delle proprie origini assimilandosi a una Nuova Gerusalemme. La tradizione, infatti, vuole che un primo centro abitato fosse stato qui fondato da due pellegrini, Arcano ed Egidio, di ritorno dalla Terra Santa.

La scena è inquadrata da due colonne scanalate, sormontate da architrave, che poggiano su un basamento. Cristo è il fulcro dell’intera composizione, elevandosi, ieratico, dal sepolcro che, viceversa, si contrappone alla Sua figura slanciata sviluppandosi in senso orizzontale. La verticalità è accentuata dal vessillo nella mano destra di Gesù, la cui croce rossa su fondo bianco rimanda alle crociate. Lungo la parete della tomba, invece, si distribuiscono i soldati addormentati di cui l’unico in posizione frontale è l’autoritratto dell’artista che volle così dichiarare la sua partecipazione religiosa e, insieme, la sua appartenenza civica. Del resto questi due aspetti, il sacro e il profano, a quei tempi non erano concepiti disgiunti perché persisteva una visione dell’uomo quale armoniosa unità di spirito e corpo.

Piero delinea, dunque, un triangolo immaginario il cui vertice è il capo di Gesù. La figura del Salvatore, contemporaneamente, risulta essere lo spartiacque del paesaggio: gli alberi, infatti, da un lato, e precisamente alla sinistra di chi osserva, sono spogli mentre dall’altro appaiono rinvigoriti e si stagliano sull’azzurro luminoso di un cielo picchiettato da piccole nuvole. L’allusione è la redenzione salvifica che il sacrificio di Gesù opera: Egli ha sconfitto la morte e, con piglio deciso e posa plastica, quasi ricordando l’immagine di un eroe antico, si erge trionfante.

Il Suo corpo atletico contrasta, però, con l’espressione stanca del viso. A questo proposito Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, profondo conoscitore dell’arte sacra del Rinascimento, osserva che siamo di fronte a “una delle poche raffigurazioni della resurrezione dove viene suggerita nel Vivente la recente esperienza della morte”. Mentre Roberto Longhi, ancor prima, aveva già evidenziato la profonda umanità di questo Gesù, da lui definito “un contadino in veste di Cristo”.

Il delicato intervento conservativo, che ha consolidato la superficie pittorica, ha restituito all’affresco la lucentezza e la trasparenza dei colori originari e quella luce diffusa che sembra arrivare non solo frontale ma anche dal dentro del dipinto, sfruttando il candore dell’intonaco.

E’ sempre stato consentito l’accesso al cantiere ai visitatori che hanno continuato ad ammirare questo capolavoro del Rinascimento e della pittura italiana di tutti i tempi. Ma oggi, più di ieri e come circa seicento anni fa, ci è data l’occasione di vivere il mistero profondo della Resurrezione di Cristo attraverso la contemplazione di tanta ritrovata bellezza.