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POLITICA E FINANZA

Le mani del governo su Bankitalia.

Su Bankitalia, Salvini e Di Maio sono d'accordo: vogliono un pieno ricambio dei vertici, imputando loro la mancata vigilanza e prevenzione dei recenti disastri bancari. Ma il ministro Tria (Economia) frena. Il timore è che i vicepremier vogliano uomini di Bankitalia che accettino tutte le loro politiche, anche quelle più irresponsabili.

Economia 12_02_2019
La sede della Banca d'Italia

L’euforia in casa leghista e la depressione tra i cinquestelle a seguito dei risultati delle elezioni regionali in Abruzzo hanno distolto solo per qualche ora i riflettori dallo scontro in atto nel governo su Bankitalia.

Da una parte ci sono i due vicepremier, che pure hanno umori completamente diversi tra loro: Matteo Salvini ulteriormente ringalluzzito dall’exploit del Carroccio a Pescara e dintorni, Luigi Di Maio a dir poco acciaccato dopo la debacle elettorale. I due, sempre più rivali elettoralmente, la pensano però allo stesso modo sulla Banca d’Italia. «Per Bankitalia serve discontinuità, non possiamo pensare di confermare le stesse persone che sono state nel direttorio di Bankitalia, se pensiamo a tutto quel che è accaduto in questi anni», aveva dichiarato il vicepremier, Luigi Di Maio venerdi scorso a Vicenza con Matteo Salvini per l’assemblea degli ex soci delle banche venete. «Banca d’Italia e Consob andrebbero azzerati, altro che cambiare una-due persone, azzerati», aveva rincarato la dose il collega di Governo, leader della Lega, appoggiando apertamente dunque un cambio di strategia.

L’intento dei due vicepremier è di scaricare su Bankitalia le colpe dei disastri bancari degli anni passati, anche per prendere tempo con i risparmiatori truffati e inferociti. «Chi avrebbe dovuto controllare non l’ha fatto», hanno detto Salvini e Di Maio, e questo avrebbe creato un danno ai risparmiatori che hanno perso i propri soldi investendo in titoli emessi dalle banche poste in risoluzione a fine 2015 (Banca delle Marche, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti) e in liquidazione coatta amministrativa nel giugno 2017 (Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca).

Ma dentro il governo non tutti la pensano così. Il Ministro dell’Economia Giovanni Tria si è schierato in difesa dei vertici di via Nazionale e ha aggiunto che l’indipendenza di Palazzo Koch “va garantita”. Il titolare del dicastero di via XX Settembre ritiene quindi di non poter avallare l’affondo dei due leader di governo. Va altresì ricordato che nel consiglio dei ministri di giovedì scorso gli esponenti pentastellati hanno bloccato il rinnovo del mandato di vicedirettore generale di Bankitalia a Luigi Federico Signorini. A quanto pare Tria non avrebbe gradito. Di qui la sua pronta e netta presa di distanza dalle esternazioni al vetriolo di Di Maio e Salvini.

Ma cosa c’è dietro? Indubbiamente l’obiettivo di Lega e Cinque Stelle, come ha evidenziato Enrico Letta in un’intervista di qualche giorno fa, è di “comprare gli arbitri”, per impedire loro di contrastare i provvedimenti del governo gialloverde. D’altra parte ormai c’è un vero e proprio assedio contro l’esecutivo Conte da parte di nemici interni ed esterni, che paventano il rischio di una nuova crisi finanziaria simile a quella del 2011. Anche ieri il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovkis ha ricordato che quando l’Unione Europea è intervenuta per correggere la manovra di bilancio inizialmente impostata dal governo italiano «i danni erano già stati fatti». «Abbiamo rivisto al ribasso le stime di crescita – ha chiarito Dombrovkis - e bisogna dire che anche in precedenza avevamo detto che la traiettoria di bilancio scelta non aiutava fiducia, stabilità finanziaria. Essa ha portato all'aumento dei tassi, al calo di indicatori sulla fiducia e a crescita rallentata. Il Governo ha corretto questa traiettoria in modo considerevole, ma i danni erano già stati fatti».

Infine Dombrovskis è intervenuto anche sul dossier Bankitalia: «E' importante preservare l'indipendenza della banca centrale e delle istituzioni dei mercati finanziari. L'indipendenza di queste istituzioni è parte importante dei pesi e contrappesi istituzionali negli Stati membri e anche uno dei principi su cui si basa il sistema delle banche centrali nella zona euro. Da questo punto di vista è importante salvaguardare l'indipendenza di queste istituzioni». E a proposito di pesi e contrappesi l’atteggiamento del governo gialloverde rimane quello di alimentare contrapposizioni radicali con i suoi oppositori (oltre all’Ue vanno menzionati la Francia e altri Stati, le autorità indipendenti, gli industriali, i sindacati e tante altre componenti essenziali della vita pubblica), al fine di occupare tutti gli spazi di potere e di scardinare l’attuale assetto istituzionale basato proprio sulla dialettica democratica tra maggioranza e opposizione e sul bilanciamento tra poteri. Ma un’eventuale tempesta finanziaria travolgerebbe un disegno del genere.