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GIUSTIZIALISMO

Le inchieste "ad orologeria" non stanno spostando i voti

Tempesta giudiziaria si abbatte in Lombardia, Calabria e Umbria. C'è chi parla di "inchieste ad orologeria", sotto la data delle prossime elezioni europee e amministrative. Ma l'effetto sull'elettorato è quasi nullo, stando agli ultimi sondaggi. Forse perché gli italiani si sono vaccinati al giustizialismo (e non è una buona notizia per i 5 Stelle)

Politica 10_05_2019
Lombardia, la protesta dei centri sociali dopo gli arresti

Di fronte alla tempesta giudiziaria che è tornata ad abbattersi sul nostro Paese, le spiegazioni si sprecano. C’è chi prende la palla al balzo per rilanciare l’emergenza corruzione, usando un linguaggio giustizialista e forcaiolo e chi, per converso, torna ad agitare lo spettro della giustizia ad orologeria, che anche questa volta si è scatenata a ridosso di una prova elettorale come quella del 26 maggio (elezioni europee, ma anche amministrative in alcune importanti città).

Nessuno ha la sfera di cristallo per capire come evolveranno le inchieste scoppiate in Lombardia, Calabria e Umbria, che vedono coinvolti esponenti del centrodestra e del Pd e che in alcuni casi adombrano il sospetto di legami tra criminalità organizzata e ceto politico.

Quello che però è certo è che queste azioni giudiziarie non stanno influenzando il consenso politico. L’ultimo sondaggio diffuso ieri a due settimane dal voto parla di una Lega di gran lunga primo partito, con il 32% dei consensi, e di un Movimento Cinque Stelle attestato attorno al 21% e insidiato da un Pd in ripresa, che sfiora anch’esso i 21 punti percentuali. Quand’anche quindi si trattasse di giustizia a orologeria, essa non avrebbe finora ottenuto il risultato sperato, perché i consensi ai pentastellati continuano ad essere in calo vertiginoso (oltre 12 punti in meno delle politiche di un anno fa).

Probabilmente la gente ha compreso che chi vuole attribuire patenti di onestà non ha le carte in regola per farlo e che prima di una sentenza definitiva che faccia chiarezza e giustizia occorre usare prudenza. Altrimenti diventano le Procure a fare selezione politica, non i cittadini o i partiti.

I Cinque Stelle si sono presentati agli elettori con un programma fortemente incentrato sulla moralità e l’onestà dei politici, ma sono stati presi più volte “con le mani nella marmellata”. Il padre del vicepremier, Luigi Di Maio ha ricevuto un avviso di garanzia, il padre di Alessandro Di Battista, che tuona ogni giorno contro i “corrotti”, non paga i dipendenti ed è finito anch’egli nell’occhio del ciclone, la Raggi è stata processata per abuso d’ufficio e falso e quando ricevette l’avviso di garanzia avrebbe dovuto dimettersi, secondo i metri di valutazione grillini, e invece è rimasta al suo posto. Anzi, una volta assolta, ha attaccato la stampa considerandola tutta ostile e pregiudizialmente contraria ai Cinque Stelle. Non meno gravi le accuse per le quali il sindaco di Torino, Chiara Appendino, è finita a processo. La si accusa di disastro colposo, omicidio, lesioni e falso ideologico. E anche il sindaco di Livorno, Filippo Nogarin è indagato per omicidio colposo.

Dunque, in molti enti locali nei quali amministrano, i Cinque Stelle non hanno brillato neppure per onestà, a tacer d’altro. E quando gli avversari politici hanno invocato le loro dimissioni, loro non si sono dimessi e hanno parlato di reati meno gravi, in base alle convenienze.

Oggi che l’inchiesta lombarda vede coinvolti esponenti di Forza Italia e lambisce anche il governatore leghista della Lombardia, Attilio Fontana, indagato per abuso d’ufficio, i giustizialisti a Cinque Stelle tornano a strillare. I fatti contestati al Presidente lombardo sono tutti da chiarire e l’inserimento della sua figura nel fascicolo riguardante tangenti e malaffari è già un chiaro segnale: probabilmente l’obiettivo è lui. Azzoppare la sua giunta e magari provocarne la caduta potrebbe riaprire i giochi a livello nazionale e ridefinire il quadro delle alleanze politiche. Il Pirellone è saldamente nelle mani del centrodestra e scardinarne il sistema di potere potrebbe essere il vero disegno sottostante alcune inchieste.

Un tempo, però, le inchieste risparmiavano il Pd e la sinistra e colpivano scientificamente l’altra parte politica. Oggi sembra di assistere all’accerchiamento del mondo leghista, al quale le imminenti urne potrebbero consegnare la golden share degli equilibri politici prossimi venturi. Un Carroccio con un consenso sopra il 30% potrebbe rivendicare un rimpasto di governo o addirittura far saltare il banco e ricostruire da una posizione di forza l’assetto tradizionale di centro-destra, già collaudato in molte importanti regioni italiane.

Nell’attesa di capire nelle prossime ore se le inchieste andranno avanti e in quali direzioni, torna a suonare il campanello d’allarme di una magistratura che invade il campo della politica per determinarne gli equilibri, attraverso inchieste basate su intercettazioni e sospetti tutti da verificare. Per come vengono presentati i fatti dai media sembra che tutti siano colpevoli, ma sarebbe sbagliato tirare conclusioni affrettate e processare mediaticamente chi ha ricevuto solo un avviso di garanzia o un provvedimento cautelare. La storia ci ha insegnato che molte inchieste si risolvono in nulla, dopo aver massacrato gratuitamente esponenti politici nazionali e locali.